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I Francescani dal "Signor Papa"

Francesco Giorgino
Pubblicato il 30-11--0001



Benedetto XVI lo ha detto con chiarezza ai frati francescani riuniti a Castel Gandolfo per il Capitolo Internazionale delle Stuoie: proseguite nella vostra azione. Ha utilizzato le parole che Gesù consegnò ai cuori e alle intelligenze dei propri discepoli: “andate e continuate a riparare la casa del Signore Gesù Cristo, la sua Chiesa”.
Quello di papa Ratzinger, pastore lungimirante e teologo raffi nato, è stato un discorso importante per almeno tre motivi. Il primo: ha sgombrato il campo dalle strumentalizzazioni interpretative che in passato hanno accompagnato qualsiasi tentativo di analisi del rapporto fra Francesco, la famiglia francescana da un lato e l'istituzione ecclesiastica dall'altro. E infatti la prima parte del suo discorso, tenuto davanti ad una folla entusiasta e calorosa che egli saluta con l'espressione “cari amici”, è stata interamente dedicata alla ricostruzione della natura del legame fra il Poverello d'Assisi, il Vescovo Guido e, per suo tramite e quello del cardinale Giovanni di San Paolo, il “Signor Papa”.
Si tratta di Innocenzo III che incanalò l'intuizione francescana all'interno della Chiesa, superando le resistenze di quanti, all'epoca con troppa facilità, rubricavano dentro i movimenti ereticali e pauperisti del tempo ciò che appariva (ma non sempre era) in contrasto con la tradizione. Benedetto XVI ricorda a tal proposito che Francesco avrebbe potuto non andare da Innocenzo III per farsi approvare la Protoregola e che il Papa avrebbe potuto non approvare il suo progetto di vita e il suo disegno di testimonianza di Cristo. Effi cace il passaggio in cui Ratzinger sottolinea che «il piccolo noi che aveva iniziato con i suoi frati, Francesco lo concepì fi n dall'inizio all'interno del grande noi della Chiesa una e universale». Il secondo motivo: Benedetto XVI riporta al centro dell'attenzione la fonte di ogni modello comportamentale, di ogni dottrina, di ogni strategia: il vangelo che qui è considerato come sorgente di un insieme di norme morali e valoriali che rappresentano il fondamento principale dell'adesione convinta ad una grande famiglia umana prima ancora che ad un ordine religioso. Non può passare inosservata, in tal senso, la sfi da a considerare l'opportunità, specie per le giovani generazioni, di vivere il vangelo in modo radicale.
Il terzo e ultimo motivo è rintracciabile nella peculiarità del cristianesimo, religione che si sviluppa per attrazione e non per proselitismo. Il vangelo come regola di vita signifi ca anche questo: considerare la centralità del carisma che nel caso di Francesco passa attraverso l'esperienza della conversione. Sono tre buoni e grandi motivi per guardare con rinnovata fi ducia all'azione che gli appartenenti alla comunità francescana svolgono da ottocento anni.

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