Le visite dei pontefici
Benedetto XVI lo ha detto con chiarezza
ai frati francescani riuniti a Castel
Gandolfo per il Capitolo Internazionale
delle Stuoie: proseguite nella vostra
azione. Ha utilizzato le parole che Gesù
consegnò ai cuori e alle intelligenze dei
propri discepoli: “andate e continuate a
riparare la casa del Signore Gesù Cristo, la
sua Chiesa”.
Quello di papa Ratzinger,
pastore lungimirante e teologo raffi nato,
è stato un discorso importante per almeno
tre motivi. Il primo: ha sgombrato il
campo dalle strumentalizzazioni interpretative
che in passato hanno accompagnato
qualsiasi tentativo di analisi del
rapporto fra Francesco, la famiglia francescana
da un lato e l'istituzione ecclesiastica
dall'altro. E infatti la prima parte
del suo discorso, tenuto davanti ad una
folla entusiasta e calorosa che egli saluta
con l'espressione “cari amici”, è stata
interamente dedicata alla ricostruzione
della natura del legame fra il Poverello
d'Assisi, il Vescovo Guido e, per suo
tramite e quello del cardinale Giovanni
di San Paolo, il “Signor Papa”.
Si tratta di
Innocenzo III che incanalò l'intuizione
francescana all'interno della Chiesa, superando
le resistenze di quanti, all'epoca
con troppa facilità, rubricavano dentro
i movimenti ereticali e pauperisti del
tempo ciò che appariva (ma non sempre
era) in contrasto con la tradizione. Benedetto
XVI ricorda a tal proposito che
Francesco avrebbe potuto non andare
da Innocenzo III per farsi approvare la
Protoregola e che il Papa avrebbe potuto
non approvare il suo progetto di vita e il
suo disegno di testimonianza di Cristo.
Effi cace il passaggio in cui Ratzinger sottolinea
che «il piccolo noi che aveva iniziato
con i suoi frati, Francesco lo concepì fi n dall'inizio
all'interno del grande noi della Chiesa
una e universale». Il secondo motivo:
Benedetto XVI riporta al centro dell'attenzione
la fonte di ogni modello comportamentale,
di ogni dottrina, di ogni
strategia: il vangelo che qui è considerato come sorgente di un insieme di norme
morali e valoriali che rappresentano
il fondamento principale dell'adesione
convinta ad una grande famiglia umana
prima ancora che ad un ordine religioso.
Non può passare inosservata, in tal senso,
la sfi da a considerare l'opportunità,
specie per le giovani generazioni, di vivere
il vangelo in modo radicale.
Il terzo
e ultimo motivo è rintracciabile nella
peculiarità del cristianesimo, religione
che si sviluppa per attrazione e non per
proselitismo. Il vangelo come regola di
vita signifi ca anche questo: considerare
la centralità del carisma che nel caso di
Francesco passa attraverso l'esperienza
della conversione. Sono tre buoni e
grandi motivi per guardare con rinnovata
fi ducia all'azione che gli appartenenti
alla comunità francescana svolgono da
ottocento anni.
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