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Io, tu, noi

Eugenio Borgna deaplanetalibri.it
Pubblicato il 14-04-2020

L'esistenza, per Vittorio Lingiardi, non può essere chiusa

La tesi di questo bellissimo libro è quella che non si possa vivere reclusi nei confini del nostro io, della nostra soggettività, delle nostre emozioni, e dei nostri pensieri, ma solo intrecciando la nostra vita a quella degli altri in una continua relazione dialogica con un tu, e con un noi. Nello svolgere questo tema di radicale importanza anche etica Vittorio Lingiardi ( Io, tu, noi. Vivere con se stessi, l' altro, gli altri , Utet) si richiama alle sue esperienze psicoanalitiche e cliniche, e alle sue conoscenze filosofiche e neuroscientifiche, letterarie e cinematografiche, rimodulate e ricreate alla luce delle sue intuizioni, e del suo insegnamento universitario, che gli consente una straordinaria chiarezza nella esposizione degli argomenti.

Le sue considerazioni sono espressione di una grande originalità ermeneutica, di una cultura mai astratta, e sempre incarnata nella storia della sua vita, e nella sua intelligenza critica che, nella interpretazione e nella articolazione della conoscenza di sé e della cura, tiene costantemente presenti le interconnessioni fra l' io, il tu e il noi, che scandiscono le tematiche del libro, e le rendono affascinanti.

Nello svolgimento di tematiche complesse, come queste, è alto il rischio di sconfinare in considerazioni feconde di aggiornamenti culturali e dottrinari, ma lontane da conseguenze pratiche, e concrete. Cosa che non avviene in alcuna delle tre parti del libro sull' io, sul tu, e sul noi, che direi fluide e liquide, nel senso che senza fine le une si intrecciano alle altre. Leggendole, lo vorrei dire subito, si è aiutati alla ricostruzione della nostra vita interiore, alla rievocazione delle esperienze che abbiamo fatto nella nostra adolescenza, e nella nostra giovinezza, e, cosa non meno importante, a una migliore conoscenza di quello che oggi avviene in noi, e nelle relazioni che abbiamo con gli altri.

Nella prima delle tre dimensioni, in cui è in questo libro disarticolata la vita psichica, si parla del convivere con noi stessi, del dialogo con quelle che ne sono le parti costitutive: cosa indispensabile, se si vuole vivere bene con l' altro, e con gli altri: il non sapere vivere bene con gli altri ha infelici conseguenze sulla nostra vita interiore. I problemi, con cui il libro poi si confronta, sono quelli della identità, della identità sessuale in particolare, e della dissociazione, che altera la coscienza, l' identità, la memoria, e la percezione dell' ambiente, giungendo a causare un disturbo di personalità multipla, nel quale, immersi in una angoscia divorante, ci si sente disintegrati in più personalità.

Ci sono stati romanzi e film che ne hanno dato splendide testimonianze: Vittorio Lingiardi ne parla in pagine affascinanti. La seconda parte muove da una diversa concezione della psicoanalisi, non più egemonizzata dal mondo intrapsichico, ma contrassegnata da una sensibilità interpersonale e relazionale.

Ne sono illustrate le molteplici forme del vivere con l' altro, di entrare in relazione con l' altro, e a questo riguardo è drasticamente sottolineata la importanza delle conoscenze, alle quali sono giunte le neuroscienze con la scoperta dei neuroni specchio, presenti nell' uomo e nei primati, e implicati nella empatia e nell' apprendimento, consentendoci di sentire dentro di noi quello che l' altro sta sentendo, e di riconoscere, guardandone gli occhi, quello che l' altro sta rivivendo. In questa seconda parte Lingiardi si occupa poi ampiamente dell' altro dal punto di vista della capacità di amare, e dell' imparare ad amare, di quello che egli chiama il non facile apprendistato amoroso, al fine di tollerare le frustrazioni, e di evitare nell' investimento emotivo quelli che sono gli scogli narcisistici.

La terza, e ultima, parte del libro si confronta con il noi, con l' io e il tu che confluiscono nel noi, estendendo il noi ai gruppi, alle comunità, e giungendo a tematizzare quella che è chiamata una convivenza civile. L' io si svuota senza il tu, il tu si inaridisce senza il noi, e la vita, se non si apre al noi, non può non rinchiudersi in sé stessa, come in un castello kafkiano, non rendendo più possibili quelle che sono fragili emozioni come la gentilezza e la tenerezza, l' entusiasmo e la passione politica.

Sì, è giusto chiedere alla psicoanalisi di interessarsi al mondo, e di assumersi responsabilità politiche: questa è la tesi coraggiosa del libro; e allora non si può non dire che dai territori della psiche il cammino dell' io e del tu porta a quelli della politica, se la politica è intesa nel senso alto della parola: come un noi che sia una comunità aperta al mondo umano e sociale con i suoi infiniti problemi (anche) ambientali.

Non siamo, non dovremmo mai essere, monadi dalle porte chiuse nel nostro io, e nel nostro tu, e invece monadi dalle porte aperte a un noi che non sia solo psichico. Nelle sue conclusioni, che non potrei non fare mie, Vittorio Lingiardi dice di avere voluto raccontare una intersoggettività ideale: immaginata come una forma di vita, che abbia a sgorgare dall' intrecciarsi dell' io, del tu e del noi, e dal dialogo della mente e del cuore con l' altro, e con il mondo.

Ma egli dice anche di augurarsi che ogni lettore abbia a sentire «sulla propria pelle e sotto la propria pelle» i tre cerchi, che sono in contatto nella copertina del libro, riconoscendoli non come figure teoriche, ma come esperienze possibili a ciascuno di noi: «il cerchio flessibile e insaturo dell' identità che tocca quello della relazione, tiepido o incandescente, che tocca quello inclusivo e politico della comunità. Che a sua volta tocca quello flessibile e insaturo dell' identità...».

Si esce dalla lettura di questo libro con una più profonda conoscenza di quello che noi siamo, e di quello che noi dovremmo essere, e nella febbrile coscienza etica che io, tu e noi, identità, relazione e comunità, formano un cerchio dinamico essenziale alla nostra vita. Un libro che testimonia di una straordinaria ricchezza culturale e umana che non considera la cura, intesa nel suo senso più ampio, se non come ascolto e come dialogo: nel solco di fluide alleanze fra psicoanalisi e psichiatria, letteratura e filosofia, sociologia e neuroscienze. (Corriere della Sera)

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