societa

Il fascino della Francigena

Antonio Polito
Pubblicato il 09-09-2021

Da tempo si aspetta il riconoscimento Unesco

Teoricamente sarebbe proibito fare in treno la tappa di un cammino. Ma se il cammino è partito da Canterbury il 16 giugno, è lungo 3.200 chilometri, è diviso in 148 tratti, attraversa cinque Paesi, 637 comuni, e si conclude il 18 ottobre a Santa Maria di Leuca, è consentito. Così i partecipanti al progetto Road to Rome, organizzato dall'Associazione delle Vie Francigene, una maxi-staffetta per festeggiare il ventennale della riscoperta di questo storico itinerario dei pellegrini di tutt' Europa, nella tappa numero 68 da Siena a Buonconvento hanno avuto un passaggio su un treno storico, messo a disposizione dalla Fondazione Ferrovie; uno di quei trenini di un tempo con gli scompartimenti, i divanetti in velluto rosso, il tavolino estraibile, il finestrino regolabile e la leva manuale «caldo-freddo» per climatizzare la carrozza. E così hanno fatto un giro in paradiso, che nell'occasione (di paradisi ce ne sono molti in Italia) è la traversata della Val d'Orcia, in mezzo alla Crete Senesi, un paesaggio degno della pittura di Ambrogio Lorenzetti: il panorama italiano per eccellenza, querce e cipressi, calanchi e biancane, e il suo caratteristico color d'argilla. Con passaggio davanti alla stazione ferroviaria più piccola d'Italia (Trequanda) e arrivo in quella di Torrenieri-Montalcino. Sul treno anche molti imbucati, me compreso; ma tutti giustificati. 

A partire dal ministro del Turismo Massimo Garavaglia. La Francigena si sta infatti giocando la partita più importante: è candidata a diventare patrimonio mondiale dell'umanità per l'Unesco. Da tempo si aspetta il riconoscimento di un fatto che a molti sfugge: non si tratta di uno dei tanti cammini italiani, ma di un percorso internazionale, una vera e propria dorsale Nord-Sud, che attraversa sedici regioni e cinque diverse nazioni, lungo il quale dal X secolo ha camminato la cultura cristiana e si è formata una coscienza europea e che, secondo lo storico Le Goff, è un ponte ancora oggi indispensabile per unire il Continente. La superstrada dei cammini, la si potrebbe chiamare. Però un'autostrada con pochi motel e autogrill e scarsi distributori di benzina non potrebbe durare a lungo. E in definitiva di qualcosa di analogo ha bisogno la Francigena, per confrontarsi con il successo del Cammino di Santiago: strutture e servizi. L'intervento pubblico deve creare le condizioni e gli stimoli privati per investimenti in accoglienza, ostelli, case-vacanze, punti di ristoro, restauro di chiese e borghi. Stiamo mescolando il sacro del pellegrinaggio e il profano degli affari? Sì, e ce ne scusiamo. Però c'è uno studio della Regione Toscana secondo il quale nei paesi collocati tra gli uno e i dieci chilometri di distanza dalla Francigena, almeno fino alla pandemia c'è stato un incremento spettacolare e continuo di visitatori. E per i nostri comunelli, sempre sull'orlo di soccombere alla crisi demografica e alla desertificazione dei servizi, questo può fare la differenza tra la vita e la morte. 

D'altra parte, se è vero che tutti i pellegrini sono camminatori, è anche vero che non tutti i camminatori sono pellegrini. Ognuno su queste vie cerca qualcosa di suo, che spesso ha a che fare, ma non sempre, con lo spirito; ha in ogni caso bisogno di dormire e rifocillarsi (bene possibilmente). Per cui sarebbe sbagliato disdegnare il nesso evidente che c'è tra il camminare e l'enogastronomia, per esempio. Oppure non vedere che oggi sui cammini ci si va anche in bici, magari elettrica (questo è uno dei grandi business turistici in Germania, e l'Italia è troppo indietro), oppure a cavallo, oppure infine alternando il cammino con un tratto delle ferrovie storiche locali, che un po' alla volta stanno riaprendo in tutto il Paese. Un «andamento lento», per dirla con la canzone, grazie al quale l'Italia potrebbe accelerare la sua ripresa nel settore del turismo. I soldi però non basta investirli, bisogna anche spenderli. Nel 2016 il Cipe, su impulso dell'allora (e tuttora) ministro della Cultura Franceschini, stanziò sessanta milioni per i cammini, venti dei quali destinati alla Francigena. Cinque anni dopo, dice il presidente delle Vie Francigene Massimo Tedeschi, «i nostri comuni non hanno ancora visto i finanziamenti». Soliti problemi di burocrazia. E sì che se si usasse la Francigena come asse internazionale che attraversa tutta l'Italia, visto che ormai non si ferma più a Roma ma prosegue fino a Santa Maria di Leuca lungo le vie dei pellegrini diretti in Terrasanta, anche l'immenso reticolo regionale dei cammini locali potrebbe giovarsi di un afflusso internazionale, facendo dell'Italia ciò che in definitiva è: «il Paese dei sentieri». (Corriere della Sera)

 

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