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Comencini: Il ricatto subìto dalle donne

Cristina Comencini Pixabay
Pubblicato il 27-07-2020

Maternità e lavoro

Va bene, ora le donne andranno a passare qualche giorno di vacanza, se possono. Con i bambini, o i genitori anziani se ci sono ancora, dopo aver passato mesi di confinamento a lavorare a casa, con i figli da fare studiare e intrattenere, o dopo aver perso il lavoro o aver capito che se era difficile trovarlo prima, ora lo sarà anche molto di più.

Tengono duro perché sono abituate a farlo. Leggono sui giornali che loro simili vengono uccise quasi quotidianamente dai compagni, che figli non se ne fanno più e l’Italia è il posto più vecchio d’Europa, che gli asili nido poi non li ha mai costruiti nessuno, e che la scuola non ha mai riaperto quando negli altri Paesi i bambini e gli studenti hanno ripreso a andarci. Nessuno in Germania o in Francia pensa che le donne possano farsi carico dei bambini da sole, nessuno pensa che si possano lasciare ragazzini disagiati senza l’aula scolastica, senza i libri di testo, senza i maestri, nessuno pensa che il lavoro delle donne sia facoltativo e non un diritto assoluto e una grande ricchezza di una società moderna.

Le donne hanno letto che è stato trovato un accordo per investire sulla rinascita dell’Europa e dell’Italia. Hanno anche visto due donne alla guida di tutta l’operazione e si sono dette: non sarà che c’entra? Hanno anche letto di un piano italiano per la parità nella famiglia, sempre progettato da una donna, e si chiedono: quando verrà realizzato? Di un altro piano, in cui c’erano decisioni importanti che le interessavano, anche se le donne venivano messe accanto ai disabili e alle persone deboli della società. Ma non siamo noi la metà della popolazione, si sono chieste?

Ci deve essere stata una confusione. E si sono anche domandate: non sarà che se ce ne fossero un po’ di più qua e là, di donne, si capirebbe quello che per loro è pane quotidiano, storia, vocabolario di ogni giorno, sentimento fondamentale della vita: se loro non si dessero da fare, lavorando fuori e dentro casa, l’Italia tutta crollerebbe. Lo hanno dimostrato durante il confinamento, lo sanno che è così ma dovrebbero lasciare andare in malora le cose per dimostrarlo, non vogliono.

Lo sanno che è un ricatto ma non trovano la strada per farlo capire e imporlo fino in fondo ai loro compagni e agli uomini al potere. Però hanno trovato un sistema efficace: le più giovani semplicemente si sono messe in sciopero, non fanno più figli. Sognano certe volte di averli, non vi credete: magari si sono innamorate, cercano una casa e ogni tanto nei sogni compare questo bambino e questa bambina, ma poi cacciano via il sogno.

Come si fa in Italia ad avere un figlio? Che se ne fa l’Italia di un bambino, che valore ha qui farlo nascere, accudirlo, passare le nottate e magari dover stare a casa qualche mese e farsi superare da altri o altre. E se non hanno i nonni? Come si fa a farlo capire anche ai meravigliosi compagni di cui sono innamorate, che il bambino va accudito in due e che non lavorano solo loro. No, su questo non le fregano più: figli non ne faranno, almeno per ora, poi si vedrà. Possono dire quello che vogliono, chiamarlo sapientemente calo demografico, invecchiamento della popolazione, invocare l’assenza dei giovani.

Non sono neanche capaci di vedere che dietro la scelta di fare un bambino o non farlo, conquistata dalle generazioni precedenti, ci sono loro, giovani donne che si rifiutano di procreare. Questo è il sistema che hanno trovato per non cedere al ricatto, per non farsi buttare fuori dal lavoro, per non rinunciare alla carriera, per guadagnare. Perché le donne sono bravissime e adorano lavorare.

E se questa decisione cambia la faccia del loro Paese, se lo fa diventare un posto in cui la voce di un bambino è rara, meglio così, almeno non dovranno renderlo infelice col loro risentimento. Che l’Italia se la veda da sola. Auguri e figli maschi, come si diceva. Li faranno loro. In fondo già succede. (Repubblica)

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