societa

Arti, scienze, storia = ambiente

Paolo Conti Fai
Pubblicato il 01-04-2021

Carandini (Fai): Trascurata la cultura della natura

«Il Fai concepisce l' ambiente come un tutto, e crede che a questo tutto ciascuna forza della società debba apportare il proprio contributo di competenza e saper fare. Vedo il Fai adatto e votato a riequilibrare la storia e la natura, a promuovere la coscienza di luogo tramite racconti e altre concrete azioni riguardo a educazione e pianificazione nei beni e nei più problematici circondari. C' è una formazione da incrementare per integrare la cultura della natura e quella del paesaggio, della storia e dell' arte, avvalendosi soprattutto di presenze dirette e sul web nei luoghi del patrimonio materiale e immateriale, cioè le manifestazioni, della Fondazione». Il «ripensamento» del Fai sulla propria identità e sulla propria missione è in questa affermazione del presidente Andrea Carandini. Si parte dal nome, si torna a Fondo «per» l' Ambiente Italiano. Significa sottolineare come e perché l' associazione voluta nel 1975 dalla fondatrice Giulia Maria Crespi (con Renato Bazzoni, Alberto Predieri e Franco Russoli) rivaluterà quella intuizione iniziale nel nostro 2021. Spiega così Carandini: «Serve oggi un riequilibrio che riguarda la cultura della natura, troppo tralasciata dalla cultura storica per un vecchio pregiudizio idealistico».

Il XXV Convegno nazionale dei delegati e dei volontari Fai, il primo in edizione interamente digitale, ha ieri messo a fuoco la nuova visione per la missione del Fondo: l' ambiente come indissolubile intreccio tra natura e storia, e la concezione della cultura come sintesi tra scienze umane e naturali. Cioè la «coscienza di luogo» indicata da Carandini. L' intervento del ministro della Cultura, Dario Franceschini, è apparso in piena sintonia: «Ringrazio il Fai perché ha indicato in anticipo la strada su tantissimi temi, primo tra tutti un concetto più ampio di ambiente, molte cose che abbiamo fatto non sarebbero state possibili senza il Fondo. Proprio in questi giorni, nel Recovery fund , stiamo ottenendo nuove e ingenti risorse.  Un miliardo di euro per il recupero e il rilancio dei borghi, che potranno ritrovare nuova vita con lo smart working, 650 milioni per il recupero dell' edilizia rurale che rischia di sparire, altri fondi per parchi e giardini». Telmo Pievani, professore di Filosofia delle Science biologiche a Padova, ha ricordato che l' Italia è non solo il Paese con la più alta biodiversità in Europa ma anche, nel mondo, «uno dei Paesi con la più alta diversità bioculturale, ovvero diversità biologica unita a diversità culturale». E così il filosofo Salvatore Veca ha elogiato il Fondo per l' intenzione di ricollegare insieme storia, arte e natura; e Guido Tonelli, senior scientist al Cern: «Non è possibile tornare a una natura vergine, la natura siamo noi. La categoria giusta per inquadrare quanto sta accadendo non è castigo o colpa, ma responsabilità».

Il vicepresidente esecutivo Marco Magnifico (memoria storica del Fai, entrò nel 1985 su invito-ordine di Giulia Maria Crespi) ha insistito sulle radici: «Renato Bazzoni nel 1987 scriveva: "Nel nostro Paese ogni pietra e ogni albero concorrono a creare un ambiente che del monumento vero e proprio è felice complemento. Infatti antichi castelli, ville, monasteri, chiese e ambienti son frutto della felice unione tra uomo e natura". I fondatori del Fai davano già dunque negli Anni 80 alla parola "ambiente" quel significato di contesto dove in una natura adattata con millenni di lavoro alle sue esigenze visse e vive l' uomo, che vi ha costruito le sue case, le sue attività e dunque la sua storia». Magnifico ha proposto un esempio: «Al visitatore cha arriva al castello di Masino raccontiamo tutto dei Valperga di Masino da re Arduino all' ultimo discendente ma nulla, da quel balcone privilegiato sul paesaggio e sulle comunità che lo vivono, di quella millenaria storia delle glaciazioni successive che hanno formato l' ambiente canavesano dominato dalla immensa morena della Serra, una delle più imponenti del mondo».

Nella scelta del Fai (titolare di 68 beni sparsi nella Penisola, l' ultimo censimento «I luoghi del cuore» ha totalizzato nel febbraio scorso 2.353.932 voti provenienti dall' 82,3 per cento dei comuni italiani) certamente pesa il crescente bisogno che ha l' Europa di prestare massima attenzione ai problemi ambientali. Come ha ricordato Sneka Quaedvlieg-Mihailovic, Segretaria generale di «Europa Nostra», «anche il mondo dei beni culturali deve pienamente impegnarsi per la battaglia contro il riscaldamento globale». Lo ha certificato l' intervento di Daniela Bruno, vicedirettrice generale del Fai per gli Affari culturali (che nasce archeologa come il grande archeologo Carandini): «Abbiamo un programma per la transizione ecologica, che segue gli obiettivi dell' agenda Onu. Non è facile efficientare i beni storici, con tutti i loro vincoli, ma la sostenibilità è una priorità nei nostri restauri, nella manutenzione e nella gestione quotidiana». Per esempio «ottimizzare il ciclo dei rifiuti riducendo gli scarti nei cantieri o valorizzandoli in agricoltura, produrre energia da fonti rinnovabili, allevare le api e coltivare la biodiversità nei nostri giardini».

Daniela Bruno ha anche indicato alcuni stupefacenti dati di un sondaggio commissionato, tra i giovani inglesi, dal National Trust: «Il 90 per cento dei giovani intervistati non ha mai visto l' alba, l' 83 per cento non ha mai annusato un fiore di campo, il 77 per cento non ha mai ascoltato un uccello cantare nel bosco; solo il 21 e 23 per cento dichiara di essersi sdraiato su un prato a osservare le nuvole nel cielo o le stelle in una notte d' estate». Materia per i nuovi progetti del Fai destinati ai giovani e alle nuove generazioni, una «alfabetizzazione della natura» da proporre nei beni della fondazione . (Corriere della Sera)

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