religione

Tommaso d'Aquino, tra libri, teologia ed Eucaristia

Antonio Tarallo Pubblico dominio
Pubblicato il 28-01-2021

La vita del santo, produzione teologica, inni al Santissimo Sacramento

Studio, e scrittura. Teologia e approfondimento del Divino, e - facendo così - rivelazione dell’Uomo all’Uomo. Questa, in sintesi, la vita di San Tommaso d’Aquino. Lo sfondo? I libri, i suoi libri sullo studio di Dio. Ma non solo. Soprattutto il suo amore per il Santissimo Sacramento, tanto da dedicarci ben cinque inni di lode. E’ davvero affascinante la vita del santo, nato nella piccola cittadina di Roccasecca (nel Lazio, vicino Frosinone). San Tommaso d'Aquino rappresenta una delle colonne del pensiero filosofico occidentale, e offre l'esempio di un ricercatore che ha saputo vivere intensamente ciò che stava al centro dei suoi studi, il Messaggio di Cristo

Tommaso nacque nel 1225 circa nel castello di Roccasecca (Frosinone) nel basso Lazio (faceva parte del feudo dei conti d’Aquino). Il padre, Landolfo, era di origine longobarda e vedovo con tre figli. Si era sposato in seconde nozze con Teodora, donna di origine normanna. Dalla loro unione, nacquero nove figli: quattro maschi e cinque femmine. Tommaso era l’ultimo dei maschi. Tommaso fu mandato come “oblato” nell’Abbazia di Montecassino. Successivamente, Tommaso, fu mandato a studiare presso l’Università di Napoli, allora sotto la giurisdizione dell’imperatore. Nella città partenopea frequentò il corso delle Arti liberali ed ebbe l’opportunità di conoscere alcuni scritti di Aristotele, allora proibiti nelle Facoltà ecclesiastiche. Aveva quasi 20 anni, quando decise di entrare - nel 1244 - nell’Ordine Domenicano. Fu proprio in questo ordine religioso che i suoi superiori intuirono, fin da subito, il suo talento. Decisero, così, di mandarlo a Parigi per approfondire gli studi. Ma nella città francese Tommaso arrivò ben più tardi, e in altra veste.

I genitori cercarono di fermare il suo cammino, riportandolo a Roccasecca. Solo dopo il suo proficuo lavoro di studio con San Alberto Magno a Colonia, raggiunse l’illustre meta universitaria parigina: Tommaso aveva appena 27 anni, quando si ritrovò ad insegnare a Parigi, sotto il Maestro Elia Brunet, preparandosi nel contempo al dottorato in Teologia. All’Università di Parigi, Tommaso rimase per tre anni. Nel 1259 fu richiamato in Italia: prima a Napoli, poi ad Anagni (dove si trovava la curia pontificia, dal 1259 al 1261) e infine a Orvieto (dal 1261 al 1265), dove il papa Urbano IV fissò la sua residenza. Ritornò successivamente a Parigi. Fu proprio in questo periodo che scrisse la maggior parte delle opere che ancora oggi rappresentano un “monumento teologico” nella Storia della Chiesa. Dalla città parigina, rientrò in Italia, invitato da Gregorio X al Concilio di Lione. Ma nel viaggio morì a Fossanova, il 7 marzo 1274.

E’ infinita l’opera teologica di San Tommaso d’Aquino. Ha segnato l’intera sua vita di professore, di accademico, di studioso: due vastissime “Summae”, commenti a quasi tutte le opere aristoteliche, opere di esegesi biblica, commentari a Pietro Lombardo, a Boezio e a Dionigi l’Areopagita , 510 “Questiones disputatae”, 12 “Quodlibera”, oltre 40 opuscoli. Una proliferazione di pagine e pagine che hanno segnato - in maniera indelebile - la Teologia di tutti i tempi.

Siccome di Dio non possiamo sapere che cosa è, ma piuttosto che cosa non è, non possiamo indagare come Egli sia, ma piuttosto come non sia”. Così il prologo della sua più famosa opera, la “Summa theologiae”. L’incipit già è espressivo dell’intera opera: la ragione umana in piena umiltà davanti alla grandezza, immensità di Dio. Tommaso si propose perciò di adottare un metodo scientifico, basato sugli stessi criteri utilizzati da Aristotele, estendendo alla teologia il procedimento deduttivo proprio delle scienze razionali e della metafisica, assumendo però come dati di partenza, a differenza di queste, non delle verità empiriche, bensì degli articoli di fede. Questa, l'immensa novità del pensiero filosofico dell’epoca. 

Ma la sua biografia non sarebbe “completa” se non si facesse riferimento ai suoi “inni eucaristici”, formulario di preghiera che lo contraddistingue da secoli. Sono ben  cinque inni che fanno parte dell'ufficio della festa del “Corpus Domini” e si differenziano da tutti gli inni scritti prima di lui.  L'inno per i primi e secondi vespri della famosa festa che vede il Santissimo Sacramento come “protagonista” è il “Pange lingua”, che si canta nelle processioni del giovedì santo e termina con il notissimo “Tantum ergo”, da secoli il canto che accompagna la benedizione nelle chiese col Santissimo Sacramento. Tutti noi abbiamo ben in mente quelle parole, quelle note: “Tantum ergo sacramentum / veneremur cernui / et antiquum documentum / novo cedat ritui. / Praestet fides supplementum / sensuum defectui. Genitori genitoque / laus et jubilatio / salus, honor, virtus quoque / sit et benedictio. / Procedenti ab utroque / compar sit laudatio. / Amen”. 

Nel mattutino della festa, invece, viene recitato il “Sacris Solemniis”, molto simile agli antichi inni ambrosiani. Dopo questo, abbiamo il “Panis angelicus”, entrato - da diverso tempo - nel repertorio concertistico moderno. Invece,  l'inno per le lodi, è il “Verbum supernum prodiens” che presenta molte analogie con un canto della liturgia cistercense. In fine, troviamo un altro distico che veniva cantato un tempo durante la benedizione: stiamo parlando del “O salutaris hostia”. Tommaso d’Aquino, il santo teologo, il santo poeta, il santo che con la sua vita ha segnato in maniera indelebile la storia della filosofia e della teologia di ogni tempo.  

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