religione

Timothy Radcliffe: il silenzio ci permette di sentire gli altri

Timothy Radcliffe famigliacristiana.it
Pubblicato il 13-04-2020

Questa situazione richiede due cose: l'isolamento e la comunione

Timothy Radcliffe, Op (Ordine dei frati predicatori), è un teologo domenicano, frate della Provincia d'Inghilterra. Dal 1992 al 2001 è stato Maestro generale dell'Ordine domenicano. Ha predicato in tutto il mondo.

Qual è il messaggio che vuole trasmettere oggi di fronte a questa pandemia?
«Questa situazione richiede due cose che sembrano contraddirsi: l'isolamento e la comunione approfondita. La mia comunità ora è completamente chiusa ed è un atto d'amore perché non vogliamo infettare altre persone. Questo è però anche un momento di intensa comunicazione. Dobbiamo affrontare questa crisi come una comunità globale: deve esserci una ricerca del bene comune dell'umanità. C'è una rete internazionale di scienziati che cerca un vaccino. Giusto, questo non è il momento della competizione».

La fede è un antidoto di fronte a questa catastrofe?
«Un effetto della pandemia è la paura. Dalla paura si può scivolare nel panico e il panico spinge le persone a comportarsi in modo egoista. Spero che la mia fede mi permetta di affrontare la sofferenza e la morte senza paura e quindi continuo a guardare alle altre persone, indipendentemente dalla loro fede o mancanza di fede, come miei fratelli e sorelle. Una delle ragioni per cui la Roma pagana si convertì al cristianesimo fu che durante i periodi di pestilenza i cristiani si prendevano cura dei malati, indipendentemente dal fatto che fossero cristiani o meno. Non dobbiamo aver paura della morte. Ma questo non significa volerla. Il modo migliore per prepararsi alla vita eterna è vivere il più pienamente possibile, con la massima generosità e pure con divertimento».

Qual è stata la sua impressione di fronte alla preghiera del Papa da solo a San Pietro?
«Un potente simbolo di una conseguenza della pandemia, l'isolamento. L'isolamento ci priva del contatto, che è il nutrimento necessario dell'umanità. Nella cappella Sistina, Michelangelo ritrae Dio che tocca Adamo e gli dà la vita. Dobbiamo vedere i volti di coloro che amiamo. Skype e Zoom sono meravigliosi ma non bastano. Come cristiano, credo che sulla croce Gesù abbia sperimentato tutta la solitudine che ogni essere umano potrà mai conoscere. Quindi ogni volta che ci sentiamo soli non lo siamo perché Cristo è con noi. Ora che miliardi di persone sono isolate, dobbiamo inventare modi per toccarci. Tutti siamo stati toccati dalla vista degli italiani che cantavano sui balconi. Che dono al mondo di una nazione così crudelmente afflitta!».

Ha un messaggio per i malati e per i loro familiari?
«Ieri stavo parlando con qualcuno che mi è venuto vicino e mi ha detto, a pochi centimetri dalla faccia, "Ho la febbre. Penso di avere il virus". Devo confessare che la mia prima reazione, che ho nascosto, è stata di rabbia.

Non si è reso conto che poteva contagiarmi?
Alla mia età, e come diabetico, ho molte probabilità di morire. Poi ho realizzato, con un po' di vergogna, che questa non era la migliore reazione. Nella nostra comunità globale, in cui siamo tutti in contatto, non ha senso cercare qualcuno da incolpare. Questa è una crisi, ma ogni crisi può essere fruttuosa se la viviamo nella speranza. Al centro della nostra fede c'è la grande crisi della morte di Gesù, che nel momento più oscuro fece un gesto di radiosa speranza. Quando la comunità si stava sciogliendo, si diede, dicendo "Questo è il mio corpo dato per voi. Questo è il mio sangue, la nuova alleanza". Il mio messaggio è che non dovremmo lasciarci sopraffare dal risentimento e incolpare gli altri. Facciamo in modo che questa terribile crisi possa essere fruttuosa per un rinnovamento della comunità umana».

Questa crisi è una reazione al modo in cui l'umanità ha trattato la Terra?
«Solo la scienza può rispondere ma non ne sarei sorpreso. Non c'è dubbio che abbiamo maltrattato e violentato la Terra. Abbiamo ceduto a ciò che Papa Francesco chiama "il paradigma tecnocratico", che vede tutto in termini di utilizzo».

Ha paura delle conseguenze economiche della pandemia?
«Temo per i lavoratori. Ma vedo anche segnali positivi. Sono stato colpito dalla decisione del governo britannico di pagare l'80% dei salari dei dipendenti che perdono il lavoro. Chi avrebbe mai immaginato una simile mossa anche solo un mese fa? È possibile che questa crisi abbia conseguenze permanenti sul modo in cui comprendiamo la società».

Teme che possa portare alla tentazione di instaurare regimi dittatoriali anche nei Paesi democratici?
«In tanti Paesi vediamo l'ascesa di uomini forti che sono visti come salvatori nazionali. Questo è successo in Russia, Cina, India, Ungheria, Turchia. Ma questi uomini forti (e al momento sembrano tutti uomini) falliranno sempre. Non sono un esperto di politica ed economia, ma penso che saremo in grado di rispondere efficacemente solo attraverso il rafforzamento delle istituzioni globali da un lato e della democrazia locale dall'altro»… (Traduzione di Carla Reschia – La Stampa)

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