religione

Santi Medici

Mario Scelzo
Pubblicato il 01-11-2020

Mancano pochi giorni alla Solennità di Ognissanti, festa nella quale la Chiesa Cattolica celebra la gloria e l’onore di tutti i Santi. Le prime tracce storiche della celebrazione di una ricorrenza legata ai martiri e successivamente ai santi si trovano nelle Omelie di Giovanni Crisostomo (407), ma dobbiamo a Papa Gregorio III (731-741) la scelta del 1 Novembre come data dell'anniversario della consacrazione di una cappella a San Pietro alle reliquie "dei santi apostoli e di tutti i santi, martiri e confessori, e di tutti i giusti resi perfetti che riposano in pace in tutto il mondo".

Da sempre il popolo dei credenti affida angosce e preoccupazioni (leggiamo nel Il Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 2683), ai “testimoni che ci hanno preceduto nel Regno, specialmente coloro che la Chiesa riconosce come santi, partecipano alla tradizione vivente della preghiera, mediante l’esempio della loro vita, la trasmissione dei loro scritti e la loro preghiera oggi”. I Santi, aggiunge la Lumen Gentium “non cessano di intercedere per noi presso il Padre, offrendo i meriti acquistati in terra mediante Gesù Cristo, unico Mediatore tra Dio e gli uomini. La nostra debolezza è quindi molto aiutata dalla loro fraterna sollecitudine”.

Viviamo come è noto il tempo della pandemia da Covid-19, ho scelto allora di focalizzare la mia attenzione su alcune figure di Santi medici e/o intercessori per la guarigione, a cui affidarci con maggiore attenzione in questo periodo. Uno dei “santi della guarigione” lo conosciamo bene, come non ricordare la guarigione del lebbroso ad opera di San Francesco? Leggiamo brevemente dai Fioretti, (Capitolo XXV; FF 1857):  “Allora santo Francesco, conoscendo per rivelazione che questo lebbroso era posseduto da maligno spirito, andò e posesi in orazione e pregò Iddio divotamente per lui. E fatta l’orazione, ritorna a lui e dice così: «Figliuolo, io ti voglio servire io, da poi che tu non ti contenti degli altri». «Piacemi, dice lo’nfermo; ma che mi potrai tu fare più che gli altri?». Risponde santo Francesco: «Ciò che tu vorrai, io farò». Dice il lebbroso: «Io voglio che tu mi lavi tutto quanto, imperò ch’io puto sì fortemente, ch’io medesimo non mi posso patire». Allora santo Francesco di subito fece iscaldare dell’acqua con molte erbe odorifere, poi sì spoglia costui e comincia a lavarlo colle sue mani, e un altro frate metteva su l’acqua. E per divino miracolo, dove santo Francesco toccava con le sue sante mani, si partiva la lebbra e rimaneva la carne perfettamente sanata.

Interessanti da approfondire sono le figure dei SS.Martiri Cosma e Damiano. Il principale biografo dei SS. Cosma e Damiano fu il dotto vescovo Teodoreto, che resse dall'anno 440 al 458 la città episcopale di Ciro, importante centro commerciale della Siria. Qui fu eretta a questi due Santi la prima chiesa votiva.

I SS. Cosma e Damiano, originari dell'Arabia, erano fratelli (gemelli, secondo alcune fonti). Nacquero nella seconda metà del III secolo da genitori cristiani. Dalla città natale per ragioni di studio furono inviati in Siria, dove appresero le scienze, specializzandosi nella medicina. Esercitarono con valentia questa professione a Egea e poi a Ciro, città dell'Asia Minore. Le "fonti" sottolineano la scrupolosa preparazione professionale dei SS. Cosma e Damiano. Si distinguevano per la solerte e benefica operosità verso i malati, con predilezione per i più poveri e gli abbandonati. La tradizione riferisce anche che curavano i malati senza mai chiedere retribuzione. Ciò valse loro l'appellativo di "Santi Anargiri", con cui sono passati alla storia. La loro fama di uomini coraggiosi, di insigni benefattori, si sparse rapidamente in tutta la regione. L'attività di questi Santi non si ridusse alla sola cura dei corpi. Nel loro esercizio professionale miravano anche al bene delle anime con l'esempio e con la parola. Riuscirono a convertire al cristianesimo molti pagani. 

In esecuzione dell'editto di Diocleziano del 23 febbraio 303, i due furono arrestati con l'accusa di perturbare l'ordine pubblico e di professare una fede religiosa vietata. 

Minacciati di torture e di condanna alla pena capitale, si tentò in tutte le maniere di farli apostatare. I SS. Cosma e Damiano, invece, risposero così ai loro persecutori: "Noi adoriamo il solo vero Dio e seguiamo il nostro unico Maestro, Gesù Cristo". Condannati a morte, secondo alcune leggende si salvarono più volte in maniera miracolosa, per finire i loro giorni terreni col martirio nell'anno 303.

Merita di essere approfondita la figura di San Camillo de Lellis, patrono degli infermieri, degli ammalati e degli ospedali (porta il suo nome una delle più grandi strutture ospedaliere della Capitale). Nato a Bucchianico, nei pressi di Chieti, il 25 maggio 1550, da un ufficiale di nobile famiglia al servizio dell'imperatore Carlo V, e da una madre già avanti nell'età (era sessantenne quando lo diede alla luce) Camillo fu un fanciullo vivace e irrequieto. Nel 1568 Camillo si arruolò, al seguito del papà, militare di carriera, nell'esercito della repubblica di Venezia in lotta contro i turchi, ma ben presto rimase orfano anche di padre. Privo di risorse, fu costretto a causa di un'ulcera varicosa al piede, a cercare, come infermiere, delle cure gratuite all'ospedale di San Giacomo degli Incurabili a Roma. Vita movimentata la sua, prima mercenario dell’esercito spagnolo, poi nullatenente a causa di debiti da gioco, infine la conversione. Il 2 febbraio 1575 Camillo decise di abbracciare la vita cappuccina e di consacrarsi come infermiere al servizio dei malati sotto la direziono di S. Filippo Neri (+1595), l'apostolo di Roma. Negli anni si convinse della necessità di creare una famiglia religiosa indipendente, votata alla cura dei malati, fondò quindi l'Ordine dei chierici regolari ministri degli infermi, noti con un nome indissolubilmente legato al suo: Camilliani. Morì il 14 luglio 1614.

In conclusione, di fronte alla emergenza che stiamo vivendo, come non rivolgere la nostra attenzione (e le nostre preghiere) a colei che viene definita la Santa delle Cause Impossibili? Santa Rita da Cascia nasce presumibilmente nell’anno 1381 a Roccaporena, frazione di Cascia in provincia di Perugia con il nome di Margherita Lotti. All’età di circa 13 anni i genitori la promettono in sposa a Ferdinando Mancini, giovane ufficiale comandante della guarnigione di Collegiacone, con il quale si sposa a circa 17-18 anni. Nonostante la nascita due gemelli maschi, il marito violento la sottopone a ogni tipo di maltrattamento che lei sopporta con pazienza. Perseverando con la sua dolcezza, Rita riesce nel tempo a calmarne le intemperanze.

Il marito muore assassinato in un agguato teso presso il castello di Collegiacone, a metà strada tra Cascia e Roccaporena. Nonostante Rita perdoni gli assassini, i figli meditano la vendetta. Si narra che Rita preghi Dio di farli morire piuttosto che permettere questo peccato, e così avviene. Muoiono prematuramente, forse di peste, a meno di un anno dalla morte del marito.

Ormai libra da vincoli familiari, Rita chiede di essere accolta nel monastero delle monache agostiniane di Santa Maria Maddalena in Cascia, dove vivrà per 40 anni in preghiera e in penitenza, sino a ricevere sulla fronte una dolorosa "spina" della corona di Gesù che porterà per quindici anni (da qui ha origine  la devozione dei quindici giovedì di santa Rita). Muore il 22 maggio 1447.

Rita è dichiarata beata nel 1626 da papa Urbano VIII e successivamente santa il 24 maggio nel 1900 (a oltre 600 anni dalla sua morte) da Leone XIII.

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