religione

San Francesco e l’arcangelo Michele

Antonio Tarallo web
Pubblicato il 29-09-2022

Gli arcangeli, chi sono?

“Vorrei aver avuto pennello angelico, o forme di Paradiso per formare l'Arcangelo, o vederlo in Cielo, ma io non ho potuto salir tant'alto, ed invano l'ho cercato in terra. Sicchè ho riguardato in quella forma che nell'idea mi sono stabilita e dovetti dipingerlo secondo la mia fantasia. Il demone invece l’ho incontrato parecchie volte, l’ho guardato attentamente e ho fissato i suoi tratti proprio come li ho visti”. Furono queste le parole usate dall’artista Guido Reni per descrivere uno dei suoi capolavori più famosi: Il San Michele Arcangelo, custodito, a Roma, nella Chiesa francescana di Santa Maria della Concezione dei Cappuccini.

Il San Michele Arcangelo dipinto dal Reni è raffigurato in chiave barocca: agile e giovane, combattente con la spada sollevata in alto, calpesta sotto i suoi piedi il diavolo; è l’eterna lotta tra il bene e il male; è la vittoria del bene sul male. Pochi giorni separano la festa degli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele con quella del Padre Serafico San Francesco: gli arcangeli, messaggeri di Dio; e, allora, ci piace immaginarli recanti l’annuncio della festa di Francesco; ali d’oro che portano il messaggio del San Francesco in Paradiso, accanto a Dio.


Ma chi sono gli Arcangeli e che funzione hanno nella nostra vita? Michele avversario di satana; Gabriele, l’annunciatore, e Raffaele, il soccorritore. Prima della riforma conciliare del 1969, si ricordava in questo giorno solamente san Michele arcangelo, in memoria della consacrazione del celebre santuario sul monte Gargano a lui dedicato. Lo stesso santuario a cui andrà Francesco d’Assisi, come pellegrino. Necessario, inserire l’episodio della visita del Padre Serafico, nella cultura del tempo: infatti, durante tutto il Medioevo, il Monte Gargano (vicino Foggia), divenne un punto centrale della devozione a San Michele, attirando pellegrini provenienti perfino dalle isole britanniche.

E proprio a questa grotta così speciale, volle far visita - come pellegrino nel 1216 o nel 1222 (alcuni studiosi parlano di due visite) - il nostro San Francesco d’Assisi. Sappiamo bene il legame profondo del Poverello con gli spiriti celesti e in particolare con san Michele arcangelo. Basterebbe citare la famosa biografia del Celano per comprendere quanto i tre arcangeli fossero presenti nella sua spiritualità: “Venerava amorosamente gli angeli, i quali combattono con noi, e con noi camminano fra le ombre di morte. Diceva che essi devono essere venerati dovunque come compagni e non meno invocati come custodi. Insegnava non doversi offendere il loro sguardo e non osare davanti ad essi fare ciò che non si farebbe davanti agli uomini. Poiché nel coro si canta in cospetto degli angeli, voleva che quanti potevano, andassero in coro, e vi salmeggiassero devotamente”. E in questa venerazione particolare spicca lui, San Michele: “Ripeteva spesso che si deve onorare in modo più solenne il beato Michele, perché ha il compito di presentare le anime a Dio”.

Secondo una leggenda, Francesco non volle entrare nella sacra grotta perché si sentiva indegno e si fermò a pregare vicino all’ingresso. Prima di andar via, però, volle incidere sulla parete rocciosa il segno del suo passaggio. Sulla roccia del santuario angelico non volle scrivere il suo nome, ma il segno del Tau. Oggi, nella basilica dell’arcangelo, l’antica pietra sulla quale Francesco lasciò il suo segno non c’è più. Infatti, in un saccheggio del 1799 - ad opera dei soldati francesi napoleonici - la pietra fu sottratta da questo luogo così carico di storia e di spiritualità. Oggi, al posto della pietra originaria, ve n'è un’altra con lo stesso simbolo.

Ma facciamo un salto indietro nella storia, per comprendere l’origine del culto all’angelo prediletto da Dio e da Maria. Il culto si diffuse prima solo in Oriente, mentre in Europa iniziò alla fine del V secolo, dopo l’apparizione dell’arcangelo proprio sul monte Gargano. Michele è citato nella Bibbia nel libro di Daniele come primo dei principi e custodi del popolo d’Israele. È definito arcangelo nella lettera di Giuda e nel libro dell’Apocalisse. Michele è colui che conduce gli altri angeli alla battaglia contro il drago, cioè il demonio, e lo sconfigge. Michele significa “Chi è come Dio?”. È l’arcangelo che insorge contro satana, difensore degli amici di Dio e protettore del suo popolo.

E, poi, ci sono gli altri arcangeli, ognuno con la propria “specifica” missione. Gabriele è la “Forza di Dio”. La diffusione del suo culto è più tarda rispetto a quella di San Michele: si attesta, infatti, attorno all’anno mille. Gabriele è l’angelo inviato da Dio, e nell’Antico Testamento è mandato al profeta Daniele per aiutarlo a interpretare il senso di una visione e per predirgli la venuta del Messia. Nel Nuovo Testamento è presente all’annuncio della nascita del Battista a Zaccaria, e nell’Annuncio a Maria, messaggero della Incarnazione del Figlio di Dio. In ultimo, Raffaele: “Dio ha guarito”, infatti, è venerato come guaritore. È uno dei sette angeli che viene citato nel libro di Tobia. Raffaele è l’inviato di Dio che accompagna il giovane Tobi a riscuotere un credito nella Media e lo riporta sano e salvo in Assiria, assieme a Sara, sua sposa, che ha guarito dal male, così come guarirà il padre Tobia dalla sua cecità.

Una curiosità: nel 2018, Papa Francesco, ha invitato i fedeli a concludere la recita del Rosario con un’antica invocazione a San Michele Arcangelo, dopo quella del “Sub Tuum Praesidium”. Si tratta della famosa preghiera scritta da Leone XIII nel 1884, recitata fino al 1964, quando, con la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, venne poi soppressa:
“San Michele Arcangelo, difendici nella lotta, sii nostro presidio contro le malvagità e le insidie del demonio. Capo supremo delle milizie celesti, fa’ sprofondare nell’inferno, con la forza di Dio, Satana e gli altri spiriti maligni che vagano per il mondo per la perdizione delle anime. Amen”.

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