religione

Omelia Monsignor Piero Coccia

Redazione
Pubblicato il 03-10-2020

A nome di tutti i Vescovi delle Marche rivolgo un cordiale saluto a tutti i fedeli oggi qui  convenuti, come anche a quelli che ci seguono da casa su Rai Tv, in occasione della  celebrazione della solennità di San Francesco patrono d'Italia.   Saluto e ringrazio per la loro significativa presenza tutte le autorità civili, militari e  religiose.  Ringrazio tutti coloro che, a vario titolo, si sono adoperati per la riuscita di questi due  giorni assisiani carichi di intensa spiritualità e che hanno visto la partecipazione di  numerosi fedeli, nonostante il coronavirus. 

Le Marche sono liete per essere state chiamate ad offrire l'olio che alimenta per tutto  l'anno la lampada votiva sulla tomba di San Francesco. Un gesto questo che va al di là del  dato materiale. Esso riveste un preciso significato simbolico: sta ad indicare la volontà di  attingere dalla figura e dall'opera di San Francesco quella luce di cui tutti abbiamo  bisogno.  La nostra Regione giunge a questo appuntamento fortemente provata da due pesanti  esperienze: quella del terremoto del 2016 che l'ha colpita materialmente e spiritualmente  con oltre 50 vittime e quella del coronavirus che ha fatto registrare quasi mille decessi. 





Siamo una Regione provata ed affaticata ma non piegata! La grande fede nel Signore ha  sostenuto e sta sostenendo la nostra gente la quale ancora una volta sta dando prova di  adattabilità, laboriosità ma anche di forte insofferenza, dovuta soprattutto ai mancati  interventi, da paite delle competenti autorità, in merito al sisma.   Noi come pastori condividiamo la vita reale, le sofferenze, i bisogni e le speranze della  nostra gente, perciò ci sentiamo di farci portavoce per chiedere alla politica ed alle  istituzioni un supplemento di impegno e di responsabilità.  

Nel contempo avvertiamo la necessità di confermare nella fede una comunità che, sulla  scia della testimonianza di S. Francesco, come la odierna liturgia della parola ci  suggerisce, è chiamata a ricostruire, a rinnovare e a responsabilizzare. Esperienze queste  che coinvolgono non solo le comunità delle Marche, ma anche quelle dell'Italia intera.   Nella prima lettura (Is 5, 1-7) abbiamo ascoltato la parola di Isaia che suona come forte  rimprovero alla casa d'Israele per non aver curato la vigna del Signore. Per  contrapposizione il profeta chiede un cambio di rotta che equivale ad un preciso impegno:  quello della ricostruzione.  

Nel nostro cuore risplende la figura di San Francesco come colui che ricostruisce la vigna  del Signore. Vigna che include non solo la chiesa, ma anche quella parte di umanità  segnata dalla discordia, dalla sfiducia, dalla sofferenza e dalla disperazione.  Spesso ci troviamo a fare i conti con una società sfiduciata e a tratti anche rabbiosa. Anche  noi nelle Marche ne sappiamo qualcosa. Urge un'opera di ricostruzione non solo sociale  ed economica (nelle Marche pure materiale), ma soprattutto spirituale nel segno della  speranza.   La comunità cristiana celebrando e vivendo il mistero del Cristo, non può non assolvere a  questa missione che la vede protagonista nel testimoniare la forza di quella "speranza che  non delude perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori", come dice San Paolo  nella lettera ai Romani (5,5).   Nessuno si senta escluso dall'impegno di una evangelizzazione che l'attuale e particolare  situazione dell'Italia richiede.  

Vado oltre. La lettera di San Paolo ai Filippesi ( 4, 6-9) nella parte finale invita la comunità  alla preghiera di ringraziamento, ma contiene anche un invito a volare alto custodendo:  "quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, ciò che è virtù e merita lode,  questo sia oggetto dei vostri pensieri ... il Dio della pace sarà con voi".   Come non sottolineare che la vita di San Francesco è stata un inno alla bontà, alla verità,  alla fraternità, alla solidarietà ed alla pace!  

Senza essere pessimisti ma semplicemente realisti, avvertiamo che l'Italia necessita di un  cambio di cultura. Quella dominante sta generando varie forme di violenza, di ingiustizia,  di mancato rispetto della vita, della natura, e deprecabili strumentalizzazioni. Abbiamo  bisogno di una cultura diversa, segnata da fraternità e da solidarietà.   La comunità cristiana si renda conto di questa necessità e si senta protagonista di quella  vera rivoluzione spirituale e culturale, iniziata da Gesù, testimoniata da San Francesco ed  insegnataci dalla Chiesa. 

 

Passo all'ultima riflessione: quella della responsabilizzazione.   Il testo del vangelo di Matteo (21, 33-43) ci riferisce una parabola di Gesù che ci richiama  alla responsabilità e alla fedeltà. E' la parabola dei vignaioli infedeli a cui viene tolta la  vigna.  S. Francesco è stato un vignaiolo fedele e ha reso il terreno a lui affidato, fecondo e produttivo di frutti evangelici.   Anche a noi il Signore ha affidato una parte della sua vigna, perché potessimo curarla con  fedeltà e responsabilità e farla fruttificare. Abbiamo di fronte un segmento di umanità che  va amata, curata e rigenerata. Volgiamo lo sguardo su tante sofferenze, ingiustizie e  manipolazioni. Come credenti tutto ciò che è umano ci riguarda e deve vederci operai  laboriosi, per realizzare la tanto desiderata ecologia integrale.  

Francesco d'Assisi, esempio di vera umanità in cui tutta la Nazione si riconosce, ci aiuti  ad abitare il presente e a costruire il futuro nel segno della fraternità e della solidarietà.  Elementi questi che paitono dal cuore di chi fa l'esperienza del Mistero di Cristo e che  generano una vita nuova ed una società nuova. Papa Francesco ce lo ha ricordato firmando  ieri l'enciclica "Fratelli tutti".  La Vergine Santissima, in cui fu ed è ogni pienezza di grazia e ogni bene, definita da San  Francesco genitrice di Dio, ci conceda di generare, anche attraverso il nostro impegno  un 'Italia sempre più equa, solidale e fraterna.  

Sia lodato Gesù Cristo  

 

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