religione

La pratica del digiuno: dal Vecchio Testamento al Nuovo.

Antonio Tarallo Avvenire
Pubblicato il 21-03-2019

La Quaresima ci invita al digiuno. La parola “digiuno” è, senza dubbio, una delle “chiavi” – assieme a quelle di “elemosina” e “preghiera” – che ci permette di entrare in questo particolare momento liturgico. Sono loro a segnare il nostro cammino verso la Pasqua. Ma non sempre viene sottolineata la sua “origine” che parte da molto lontano. “Digiuno”, termine antico, non sempre legato solo al periodo quaresimale, bensì trae origini addirittura dall’Antico Testamento.

E’ opinione comune legare questo termine alle settimane che precedono la domenica della Pasqua di Resurrezione, ma – attingendo alla Sacra Scrittura – ci accorgiamo subito che il “digiuno” era una pratica presente nel popolo ebraico, già prima della nascita di Gesù.

Rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti senza mangiare pane e senza bere acqua”. E’ l’Esodo, al capitolo 34. Mosè per disporsi corpo e anima a ricevere la Legge di Dio dei comandamenti, vive per quaranta giorni il digiuno. Una purificazione per poter ricevere le Tavole della Legge. Sempre presso il popolo ebraico – per legge – era previsto il cosiddetto “grande digiuno”, che avveniva nel giorno dell’Espiazione (lo “iom kippur”) che veniva celebrato verso l’equinozio di autunno.

Durava, come anche l’assoluto riposo, tutto il giorno e per i trasgressori era prevista addirittura la pena capitale. “Laggiù presso il fiume Aava, proclamai un digiuno per umiliarci davanti al nostro Dio, per chiedergli un buon viaggio per noi, per i nostri bambini e per tutto quello che ci apparteneva. Infatti mi vergognavo di chiedere al re una scorta armata e dei cavalieri per difenderci lungo il cammino dal nemico, poiché avevamo detto al re: La mano del nostro Dio assiste tutti quelli che lo cercano; ma la sua potenza e la sua ira sono contro tutti quelli che l'abbandonano. Così digiunammo e invocammo il nostro Dio a questo scopo, ed egli ci esaudì”.

La citazione è tratta dal Libro di Esdra, al capitolo ottavo. Siamo, ovviamente, sempre nell’Antico Testamento. Ma chi era Esdra? Era l'uomo scelto da Dio per dirigere il ritorno del popolo d'Israele da Babilonia verso la propria città di Gerusalemme. In questo caso, il digiuno era stato di aiuto per il popolo, per essere esaudito nella sua preghiera. Quando fu decretato lo sterminio del popolo d'Israele, Ester decise di intraprendere un digiuno, perché era in pericolo la vita del suo popolo.

Va', raduna tutti i Giudei che si trovano a Susa e digiunate per me, state senza mangiare e senza bere per tre giorni, notte e giorno. Anch'io con le mie ancelle digiunerò allo stesso modo; e dopo entrerò dal re, sebbene ciò sia contro la legge; e se io debbo perire, che io perisca!”. E’ il libro di Ester, 4;16. E, ora qualche riferimento al Nuovo Testamento. Troviamo degli episodi che ci parlano di questo “argomento”. Ad esempio, in Luca (Capitolo 2, 37), possiamo leggere: “Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere”.

E’ Anna, che compare al momento della presentazione di Gesù al Tempio. E poi, abbiamo l’esempio più “famoso”, diciamo pure così. E’ quello del deserto di Gesù. Dura – come quello di Mosè – ben quaranta giorni. E’ l’evangelista Matteo a parlarcene, nel quarto capitolo: “In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame”.

Come abbiamo potuto esplorare grazie a questi esempi, il “digiuno” ha radice antichissime. La Chiesa ne eredita la “forza” purificatrice presente in essa, e la fa propria. Attinge sia dal Vecchio che dal Nuovo Testamento, per indurci e accompagnarci nel periodo che stiamo vivendo ora, la Quaresima. Dall’ Antico Testamento, prende il suo carattere di “espiazione”, di “ravvedimento”.

Dal Nuovo, invece, quello di “preparazione”. Quaresima, tempo di rifioritura spirituale, di preparazione a una nuova primavera, la Pasqua.

Antonio Tarallo

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