religione

L'otto dicembre, la tradizionale data dell'allestimento del Presepe

Antonio Tarallo wikipedia.org
Pubblicato il 09-12-2019

La storia del Presepe napoletano, tra il '600 e il '700

“Il mirabile segno del presepe, così caro al popolo cristiano, suscita sempre stupore e meraviglia”. Comincia così la lettera apostolica "Admirabile signum" di Papa Francesco, che ha suscitato entusiasmo e - diciamolo pure - un certo "scalpore" nei giorni scorsi. Un segno, un simbolo, dunque. La bellezza del Presepe, questa sublime rievocazione della nascita di Gesù Bambino che tanto lega la terra di Greccio, il Santo di Assisi e - per tradizione - il giorno che abbiamo festeggiato ieri, quello dedicato alla solennità dell'Immacolata.

La giornata dell'otto dicembre è certamente - e prima di tutto - il giorno che vede "protagonista" La Vergine Maria, ma è anche una data che segna - per molti cristiani - la realizzazione in ogni casa del Presepe, proprio di quel "admirabile signum" ricordato e celebrato da Papa Francesco.

E' storia antica, quella del Presepe. Lo sappiamo bene. La memoria corre a San Francesco e alla sua "regia" del famoso "allestimento sacro" di Greccio. Ma, l'anima e la mente, corrono anche ad altro luogo, ricco di storia, di tradizioni, di colori e profumi. E' Napoli, con le sue statuette sacre del '600 e del '700. Un popolo di terracotta, folto di volti arabi (che sanno tanto della "moda orientale" diffusa nel '600 in tutta Europa), e di candide immagini di donne popolane del napoletano. Una fusione mirabile tra Oriente e Occidente, un incrocio di culture, che si anima in una delle espressioni più belle, e più antiche: quella, appunto, del Presepe.

E' verso la fine del Seicento che nacque la teatralità del presepio napoletano, arricchita dalla tendenza a mescolare il sacro con il profano, a rappresentare in ogni arte la quotidianità che animava piazzette, vie e vicoli. Apparvero nel presepio statue di personaggi del popolo come i nani, le donne con il gozzo, i pezzenti, i tavernari, gli osti, i ciabattini, ovvero la rappresentazione degli umili e dei derelitti: le persone tra le quali Gesù nasce. Particolarmente significativa fu l'aggiunta dei resti di templi greci e romani per sottolineare il trionfo del cristianesimo sorto sulle rovine del paganesimo, secondo un'iconografia già ben radicata in pittura.

Fu, però, nel Settecento, che il Presepio napoletano visse la sua stagione d'oro. Le statuette che fino adesso avevano animato soprattutto le chiese della città, cominciarono a fare il loro ingresso nelle case dorate dei nobili e ricchi borghesi napoletani. La scena presepiale, se prima era soprattutto composta da statuette religiose che ben esprimevano la devozione popolare, con l'artista napoletano Sanmartino si amplia e va ad interessare – più laicamente – anche gruppi di pastori, di venditori ambulanti, le figure dei re Magi, e gli animali.

Fra i personaggi, ricordiamo: Benino o Benito, figura che rappresenta simbolicamente i “pastori dormienti” dell’annuncio; il vinaio, in “rappresentanza” del vino e del pane eucaristico; il pescatore, alias il pescatore di anime; i due compari, zi' Vicienzo e zi' Pascale, personificazione del Carnevale e della Morte; Stefania, una giovane vergine che, nato il Redentore, si incammina verso la Natività per adorare Gesù Bambino; la meretrice, simbolo erotico per eccellenza, contrapposto alla purezza della Vergine.

In sintesi, questa, la storia di una "scenografia" (che non è solo bellezza artistica, ma espressione di devozione popolare) che rivive, da ieri, otto dicembre, in molte case, nei focolari domestici. Un modo per ritornare bambini che - in fondo - è uno dei "segreti" più importanti per vivere il Natale.

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