religione

L'ascesa al cielo della carne: Origene e la divinità di Gesù

Redazione Unsplash
Pubblicato il 24-02-2021

Pubblicate le Omelie sui Salmi scoperte nel 2012  

Grazie alla casa editrice Città Nuova e alla curatela di Lorenzo Perrone, vedono finalmente la luce le 29 inedite Omelie sui Salmi di Origene scoperte nel 2012 dalla studiosa Marina Molin Pradel nel Codice Greco 413 della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco di Baviera. Straordinaria scoperta che aggiunge un nuovo e importante capitolo ai commenti sul Salterio , considerato, fin dagli inizi del cristianesimo, come il testo che racchiudeva le profezie sul Cristo-Messia, e in particolare alla già corposa meditazione sui Salmi del teologo alessandrino.

Con Paolo e Isaia, Origene ci ricorda che noi uomini non possiamo conoscere né le cose ultime né le prime, anche se la nostra impazienza vorrebbe spingerci proprio a quello: a valicare l' imperscrutabilità di Dio. E però, in questo mare della vita che ci sommerge con le sue distrazioni e le sue tenebre, scorgiamo una luce, vediamo un cammino, una strada che può condurci in quel punto luminoso che sembra lontano e invece può risultare vicino: il Figlio di Dio incarnato, il Salvatore, come si manifesta nei suoi molteplici aspetti a cominciare dalle Scritture, che altro non sono se non la Parola del Logos divino.

Questo è il leitmotiv dei testi ritrovati a Monaco: il riconoscimento dell' amore di Dio per la creazione e per l' uomo che culmina, appunto, nella sua venuta nel mondo. «In tal modo», osserva Perrone, «la visuale cristologica si salda strettamente con la concezione di Dio, in quanto è l' epifania più alta e decisiva della bontà divina. È proprio nell' evento del Figlio incarnato, fino alla sua morte e resurrezione, che si decide il destino di salvezza a cui l' uomo è chiamato da Dio. Essa disegna con chiarezza il modello del Cristo inseparabilmente Dio e uomo, rifiutando espressamente una dualità di soggetti, divino e umano, nell' Incarnato e ribadendo invece l' unione dell' uomo con Dio».

Sbagliano - dice Origene nella seconda Omelia sul Salmo 15 - quelli che negano questa unione in Cristo, vale a dire quella della divinità e della carne, e pensano che abbia assunto un corpo simile alla sostanza del Logos, perché così sopprimono la sua bontà, il suo dolore, l' immensità del sacrificio. E, insieme, la possibilità che ogni uomo, col suo corpo, possa ascendere al cielo. «Gesù», afferma Origene, «è il primo a salire in cielo con il suo corpo, ancora segnato dalle ferite della Passione, cosa che non è avvenuta in senso stretto né per Elia né per Enoc».

Centrale è il versetto 9: «La mia carne riposerà nella speranza, tu non abbandonerai la mia anima nell' Ade e non permetterai che il tuo fedele veda la corruzione». Si scandalizzino pure delle mie parole (nelle quali, peraltro, sta l' essenza dirimente della fede cristiana), dice Origene, ma io con convinzione confermo che Cristo è stato crocifisso, il terzo giorno è risorto, è stato assunto in cielo, ed è asceso dalla Terra portando con sé «un corpo terreno, al punto che le potenze celesti si sono stupite non avendo mai visto uno spettacolo siffatto: una carne che ascende in cielo». Lo stesso avverrà per l' uomo. Come questo accadrà non lo sappiamo. È un mistero.

Commentando questa strepitosa immagine delle potenze celesti che si stupiscono nel vedere la carne che sale in cielo, Origene riflette sul fatto che Cristo, prima di salire, è sceso dal cielo, «e come in questa vita si è trasfigurato dinanzi a coloro che erano saliti con lui sul monte ed è apparso in forma più gloriosa, così si è trasfigurato nel discendere dal Padre. Come per me si è fatto uomo, così per altri ancora si è fatto angelo. Per ognuno il Signore diventa qualcosa, diventa ciò che ognuno è capace di ricevere». Anche sulla Terra. Ognuno lo vede a suo modo: se sei ferito lo vedi ferito, se sei debole lo vedi debole, se sei immacolato lo vedi immacolato, se sei peccatore lo vedi peccatore, se sei disperato e solo lo vedi disperato e solo. Dunque tanto più determinante è l' idea che le potenze celesti, stupite, abbiano «visto la carne»: il corpo che ci appartiene. (Corriere della Sera)

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