religione

Il Papa a Zimpeto, il racconto di un volontario

Mario Scelzo ©tinoveneziano
Pubblicato il 08-09-2019

ecco il racconto di Tino Veneziano

Tino Veneziano è un volontario della Comunità di Sant’Egidio, che all’impegno romano con i senza fissa dimora ha aggiunto, da alcuni anni, un lavoro a supporto delle attività di Dream, programma per la cura e la prevenzione dell’Aids in Africa. Per far capire ai lettori il suo legame con l’Africa, Tino è stato uno dei primi volontari a raggiungere Beira dopo il tremendo passaggio del ciclone Idai, che nei mesi scorsi ha causato vittime e distruzioni nella seconda città del Mozambico (magari, in un altro articolo, vi racconterò della ricostruzione di Beira). Proprio per questo, Tino non poteva non essere presente alla visita di Papa Francesco presso il Centro Dream di Zimpeto, uno dei quartieri più poveri di Maputo. Per nostra fortuna, Tino è anche un bravissimo fotografo (sue sono le foto a corredo di questo articolo/testimonianza), quindi, senza aggiungere altro, vi lascio al suo emozionante racconto della visita del Papa a Zimpeto.

La sveglia è alle 4 del mattino, due ore prima dell'alba, l'attesa per la visita di Papa Francesco al Centro Dream della Comunità di Sant'Egidio a Zimpeto è palpabile nell'aria che man mano diviene più frizzante ed eccitata. Sappiamo che pioverà, sappiamo che le attese 5.000 persone saranno di meno per la pioggia. Qui la pioggia è una catastrofe, le strade di gonfiano d'acqua, gli acquitrini dilagano ed il fango impedisce la circolazione, mettersi in cammino significa arrivare zuppi di pioggia e sporchi, molto sporchi. Alle 5 del mattino arriviamo al Centro, c'è già gente che entra nei settori assegnati dietro le transenne, bambini, anziani, adulti e malati. Fa freddo, sento freddo io che mi vesto leggero anche intorno ai 18 gradi, ma qui, 18 gradi significa congelamento, gli africani non sopportano queste temperature per loro rigide. La gente arriva alla spicciolata, arrivano a piedi o con degli chapa, una sorta di pulmini omologati per nove persone ma ne scendono almeno il doppio.


 Cosa porta tutta questa gente qui? Certo, il Papa, Papa Francesco, e chissà quando tornerà il Papa qui in questo paese complesso, povero e martoriato (è la seconda visita di un Pontefice nel paese, dopo quella di Giovanni Paolo II nel 1988). Ma questa gente è gente particolare, è gente malata, gente che convive con il virus subdolo e mortale dell'Aids. Ognuno di loro potrebbe essere giustificato e magari seguire la visita dalla televisione, vista l’ampia copertura che i media locali stanno dando a questa storica visita. No, invece no, il Papa viene esclusivamente per loro, devono esserci, devono vederlo, ascoltarlo e possibilmente salutarlo personalmente. In questa ottica tutto cambia, cambia lo spessore della visita, dell'incontro, c'è sete e fame di parole che sanno che saranno per loro.

Questo album di foto sono solo alcune immagini del prima del suo arrivo, tanto è stato scritto sulla visita e sicuramente ci sono foto migliori, ma essere testimone diretto e coinvolto è altra cosa. La visita del Papa a livello fotografico è sempre molto difficoltosa, il protocollo e la sicurezza sono estremamente rigidi, impossibile a volte il solo inarcare il sopracciglio. Ho avuto la fortuna di essere affianco a Francesco Sforza, il fotografo del Papa, senza di lui sicuramente certe immagini non le avrei catturate, e nonostante questo certe situazioni mi è stato impossibile documentare. Come per esempio, la visita del Papa negli ambulatori con i malati, Francesco non ha voluto nessuno a documentare, non ha voluto privare i malati della loro privacy. Chi c'era ha testimoniato la commozione del Papa per queste persone, il suo sincero interesse, un incontro di una umanità che sempre sorprende e coinvolge, e in ogni caso, lo scrivo sorridendo, i malati si sono voluti fare un selfie con il Papa che ovviamente non si è sottratto ed era divertito.

 In quel luogo chiuso, ci sono stati abbracci, baci ai bambini, benedizioni, storie sintetizzate al massimo ma il Papa ha capito bene cosa vuol dire quel Centro, ha capito che le persone lì dentro e quelle fuori nonostante avessero un aspetto più che dignitoso, erano persone strappate alla morte certa, ha capito che erano persone risorte, curate, amate, non abbandonate facenti parte integralmente della grande famiglia di Sant'Egidio. Una giornata impossibile da dimenticare, e questo era solo il prima. Grazie Papa Francesco che non ti dimentichi dei poveri che non dimentichi l'essenza del vangelo.


Ama e fa ciò che vuoi diceva Sant'Agostino, e quel bicchiere d'acqua evocato da Gesù qui prende forma concreta nonostante quel che ognuno possa essere. Dream, sogno, aria pura in un mondo che ha dimenticato come si respira e come si ama, qui, in quei volti, in quelle mani, in quelle piaghe, in quei occhi vedo la parte migliore di me, di noi che non ci sarà mai tolta.


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