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Il misterioso eremo francescano dove molti beati vissero e compirono miracoli

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Pubblicato il 16-02-2020

Racconti tramandano di una presenza di San Francesco, a cui è intitolata la grotta principale

Val Tiberina, provincia di Terni. Nel comune di Guardea ci sono i resti dell'Eremo Francescano di Santa Illuminata, fondato probabilmente da san Romualdo nell’XI secolo e retto dai camaldolesi fino a quando, circa due secoli dopo, passò ai francescani.

 

San Romualdo lo volle dedicare a Santa Illuminata sua illustre concittadina che fu martirizzata al tempo di Diocleziano nella zona di Todi, dove si era rifugiata per sfuggire alla persecuzione.

 

 

LA GROTTA DI SAN FRANCESCO

In questo luogo si respira, per diversi motivi, un'atmosfera di pace e misticismo. Accanto all’antico romitorio qui esistente è visibile la grotta che, si tramanda ospitò san Francesco. In essa, nel XII secolo, fu incisa sulla pietra la scritta: LECTULUS B. FRANCISCI (giaciglio del beato Francesco).

 

 

LO STESSO LOCULO

La cosa che distingue questo eremo francescano da tutti gli altri è che al suo interno molti Beati tra cui il Beato Giovanni d’Avellino, il B. Giovanni d’Alviano ed il Beato Giovanni Tientalbene, così chiamato perché era solito dire a chi incontrava “Tienti al bene”. Quest’ultimo compì molti miracoli: si racconta che diede la vista ad un cieco, guarito un paralitico ed una donna inferma.

 

Quando morirono, questi Beati furono sepolti nello stesso loculo chiuso da una grata e da uno sportellone di legno sul quale furono effigiati vestiti con gli abiti dei conventuali.

 

IL CORPO TRAFUGATO

Il più famoso e più venerato di questi beati, come racconta I luoghi del silenzio, fu, e lo è tuttora, il B. Pascuccio della nobile famiglia degli Atti di Todi. Il corpo del Beato Pascuccio fu trafugato ad opera degli abitanti di Acquasparta, la sua cittadina d'origine, i quali furono costretti a restituirlo grazie all’intervento di Papa Pio VII e delle autorità civili onde evitare una guerra tra Todi e Acquasparta.

 

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SOPPRESSO E PROFANATO

Il complesso fu restaurato dai francescani nel 1635, ma nel 1652 papa Innocenzo X ne decise la soppressione perché il convento contava meno di sei frati.

Tutti i beni furono concessi alla parrocchia di Santa Maria dell’Olmo di Amelia che li affidò a un eremita, mentre le messe fino al 1830 vi venivano celebrate una volta al mese dai cappuccini di Lugnano.

 

Malgrado ciò, esso andò verso la desolazione e il degrado. Anche la chiesa divenne pericolante e la grotta di san Francesco fu profanata, utilizzata come ricovero per il bestiame.

 

L'ULTIMO EREMITA

Solo dal 1963, per sollecitudine dell’arciprete don Aldo Cinti si è provveduto a ripulire la grotta, sistemandone il pavimento e chiudendola con un cancelletto.

Dell’antico monastero non rimane che l’impianto della chiesa romanica con lo spaccato del fronte dell’arco trionfale.

La presenza dell’ultimo eremita è attestata ai primi anni del 1800.

 

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