religione

I simboli della Passione

SALVATORE CERNUZIO
Pubblicato il 31-03-2021

Grazie a Elena, madre di Costantino, queste preziose testimonianze sono arrivate fino a noi

Due uomini pregano a capo chino, di prima mattina, seduti alle panche in legno della cosiddetta “Cappella delle reliquie”, l’angolo marmoreo all’interno della Basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme in cui sono esposti i simboli della Passione di Cristo. Tre frammenti di legno della croce, uno dei chiodi della crocifissione, il Titulus, l’iscrizione apposta sopra la croce, che recita “I. Nazarinvs Rex Ivdaeorvm”. I due, un sacerdote e un impiegato solito «fare un salto» in Basilica prima di entrare in ufficio, sono una piccola rappresentanza dei numerosi devoti che ogni giorno si dirigono in questo luogo conosciuto a Roma e nel mondo. Prima che in Italia piombasse la pandemia di Coronavirus con divieti e restrizioni, ogni mese vi si affacciavano centinaia o anche migliaia di turisti che seguivano l’itinerario delle Chiese di Roma. «Ora vengono perlopiù i parrocchiani e i cittadini romani più fedeli – spiegano in Basilica –. Ci sono tempi morti, ma non manca mai qualcuno che fa visita alla Cappella».

Per arrivare in questo spazio appositamente costruito nel 1930 dall’architetto Florestano di Fausto, bisogna salire per una gradinata in marmo bianco e nero, seguendo un itinerario che, con un’intuizione architettonica, simboleggia il cammino di Cristo verso il Golgota. Iconografie in bronzo della Via Crucis circoscrivono i muri del corridoio, dove, lateralmente, una serie di cartelli narra la storia di ogni reliquia. Ovvero la loro scoperta a Gerusalemme e la traslazione a Roma, grazie a Sant’Elena, madre di Costantino.

All’epoca quasi ottantenne, Elena “senz’esitare s’imbarcò per Gerusalemme”, scrive Eusebio di Cesarea. Prima di morire la donna voleva pregare infatti in quei luoghi dove Gesù era nato, vissuto, morto, risorto. A Lui aveva offerto la vita da quando era divenuta cristiana. L’odio anticristiano aveva fatto scempio di quella terra ed Elena arrivando a Gerusalemme vide i templi pagani eretti sopra il Santo Sepolcro e sopra la buca dove era stata piantata la Croce.  Diverse fonti, anche greche, affermano che fu lei l’autrice del ritrovamento dei frammenti della Croce e dei chiodi utilizzati nella Crocifissione, sotterrati perché oggetto di scandalo per il loro uso infausto. Lo afferma l’imperatore Giustiniano in una delle Novallae (IV secolo): “È stata la madre di Costantino a ritrovare il santo legno dei cristiani”. Tradizione vuole che Elena portò a Roma le reliquie e fece erigere un tempio per la loro venerazione lì dove sorgeva il Sessorium, il palazzo scelto come residenza esclusiva al centro di una grande villa imperiale del III secolo. 

Quanto al Titulus, sembra che esso pure sia stato ritrovato a Gerusalemme nel IV secolo, ma nessuno dei documenti antichi asserisce che sia stata Elena a portarlo a Roma. Nel 510 la tavoletta con l’iscrizione posta sulla croce era ancora a Gerusalemme. Il Titolo sembra essere giunto nell’Urbe durante il pontificato di Gregorio Magno. Inizialmente le reliquie erano custodite nella cappella creata dalla stessa Elena. Nel 1570, per preservarle dall’umidità, fu costruita una nuova cappella sopra la cordonata di destra della Basilica, ma per accedervi bisognava passare attraverso l’attiguo monastero cistercense. Nel 1931 le reliquie trovarono definitiva collocazione nell’attuale Cappella. Entrandovi oggi, un gioco di luci e prospettive cattura subito l’attenzione verso la teca di cristallo in cui le memorie gerosolmitane sono esposte. I reliquiari, risalenti quasi tutti al 1800, sono vere e proprie opere d’arte in cui l’oro ridisegna il legno e si intreccia con l’argento. Nella stessa raccolta sono presenti i frammenti della Grotta della Natività e del Santo Sepolcro, la falange del dito di san Tommaso, il patibolo del Buon Ladrone e due spine provenienti dalla Corona di Gesù.  In una stanza adiacente, è esposta una copia della Sindone. Fuori, diversi cartelli impongono il silenzio. In effetti, quali parole pronunciare di fronte ad un simbolo così potente della morte del Figlio di Dio.

 

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