Le visite dei pontefici
18 marzo
Chiede di pregare per i medici, gli infermieri e tutti quanti si prendono cura dei malati che stanno male. Il respiro del Papa è il respiro di ognuno di noi. Nella cronaca della liturgia della Parola da Casa Santa Marta anche il respiro pesante di Francesco al microfono è il respiro di tutti quanti stanno soffrendo.
I Lettura Dt 4,1.5-9
Osserverete le leggi e le metterete in pratica.
Vangelo Mt 5,17-19
Chi insegnerà e osserverà i precetti, sarà considerato grande nel regno dei cieli.
Nella Liturgia il Santo Padre parla della legge. Ma come sempre rassicura. Perché “la legge che Dio consegna al suo popolo, che il Signore ha voluto darci e che Gesù ha voluto portare alla massima perfezione è la legge della vicinanza. Il nostro Dio è vicino a noi”.
Riprende il passo:” Quale grande nazione ha gli dei così vicino al suo popolo così come il nostro Dio è vicino quando lo invochiamo”.
Sgrana gli occhi e assicura Francesco che non si tratta di “prescrizioni da lontano o l’atteggiamento di un dittatore. No il nostro Signore è la vicinanza paterna che accompagna il suo popolo. Dio è vicino e cammina con il suo popolo. L’immagine del deserto durante l’Esodo con al nube, la colonna di fuoco che protegge il suo popolo.
Dio è vicino con la Legge scritta sulla pietra e assegnata a Mosè. Dio non assegna dogmi e dice, vai avanti. Cammina con noi”.
La prima risposta dell’uomo è allontanarsi. “Dio si fa vicino e noi che ci allontaniamo da Lui”.
Viene descritto nelle pagine della Liturgia: “Adamo con la moglie, hanno vergogna per il peccato commesso, ma il Signore non vuole una teologia pensata dal giudice. Mentre il secondo atteggiamento è uccidere il fratello. Quando non sono custode del mio fratello. Due atteggiamento che cancellano la vicinanza a di Dio - prosegue il Santo Padre -. L’uomo vuole essere padrone dei rapporti mentre la vicinanza porta sempre alla debolezza. Dio che si fa uomo è uno di noi si fa debole e porta la debolezza fino alla morte. La morte in croce, la morte degli assassini”.
Papa Francesco ripete:
“La vicinanza umilia Dio.
Il nostro Dio è vicino e ci parla di umiltà.
È il Dio vicino, da casa”.
L’esempio del Papa e come Gesù è stato vicino ai discepoli di Emmaus, spaventati come tutti noi in questo tempo.
“Dio è vicino e chiede a noi di essere vicino l’uno all’altro in questo momento di crisi per la pandemia. Lui vuole che stiamo vicini e questa vicinanza ci chiede di farla vedere di più . Non possiamo avvicinarci fisicamente per il contagio ma risvegliare il sentimento di vicinanza l’uno all’altro perché il nostro Dio è della prossimità.
Per questo noi possiamo anche essere isolati ma dobbiamo essere prossimi. Perché l’ eredità che abbiamo ricevuto dal Signore è la prossimità”.
Papa Francesco avvicina le mani, unisce e intreccia le dita fra loro, come per formare un cesto che porta i frutti della vicinanza. “Non dobbiamo lavarcene le mani come ha fatto Caino che ha ammazzato il fratello”. E dopo una pausa, rinnova e ricorda: “Quale grande nazione ha degli Dei così vicino a noi come il nostro Dio è vicino quando lo invochiamo.
19 marzo
Papa Francesco ricorda e prega per i carcerati. “Stiamo loro vicini oggi che soffrono tanto per l’incertezza di quello che accadrà dentro il carcere ma anche per le loro famiglie se stanno bene o manca qualcosa. Preghiamo per tutti loro”
I Lettura 2Sam 7,4-5.12-14.16
Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre
Vangelo Mt 1,16.18-21.24
Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.
Nella solennità della festa di San Giuseppe il Santo Padre delinea a spiega la completezza di questa figura.
“Il Vangelo ci dice che Giuseppe era giusto cioè un uomo di fede che viveva la fede.. Giù esse era giusto perché credeva e viveva questa fede. È stato eletto per educare un uomo che era uomo vero ma era anche Dio. Ci voleva un uomo di Dio per educarlo ma non c’era e allora Dio ha scelto un uomo di fede. Un uomo - aggiunge - che pur non capendo è entrato nel mistero di Dio”.
Sottolinea l’umanità di Giuseppe che viveva la sua professione di uomo ma capace di “parlare” con il mistero di Dio. “Giuseppe non era un sognatore. Portava avanti il suo mestiere. Sapeva di aggiustare in modo millimetrico l’angolo di un mobile, ridurre a millimetri un pezzo di legno. Era giusto, preciso ma anche capace di entrare nel mistero che non poteva controllare. Questa è la santità di Giuseppe. Portare avanti la sua vita con Giuseppe e professionalità ed entrare nel Mistero”.
Il paragone poi con la Chiesa
“Penso ai nostri fedeli nella solennità di San Giuseppe, i nostri vescovi, sacerdoti, consacrati e consacrate. I Papi. Sono capaci di entrare nel mistero? Quando la Chiesa perde la capacità di entrare nel mistero - dice il Pontefice - perché la capacità di adorare.
Chiediamo al Signore la grazia che la Chiesa possa vivere nella concretezza della vita quotidiana e anche nella concretezza (usa proprio il termine “tra virgolette” ) nel mistero. Se non può farlo la Chiesa sarà una associazione pia portata avanti da prescrizioni ma senza il senso dell’adorazione. Entrare nel Mistero non è sognare - assicura - ma precisamente questo: adorare. Fare oggi quello che faremo nel futuro quando arriveremo alla presenza di Dio. Adorare. Che il Signore dia alla Chiesa questa Grazia”.
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