religione

Giornata mondiale della vita consacrata, la gioia di servire Dio e i fratelli

Antonio Tarallo Web
Pubblicato il 02-02-2020

La vita di preghiera, l’incontro personale con Gesù Cristo, il discernimento comunitario

Ogni due febbraio, festa della Candelora (più esattamente, la festa liturgica della Presentazione di Gesù al Tempio), la Chiesa universalmente celebra la “Giornata Mondiale della Vita Consacrata”. Questa, del 2020, è la XXIV edizione. Papa Francesco, nell’omelia del 2 Febbraio 2015, definì così le donne e gli uomini che hanno consacrato la propria vita a Dio: “uomini e donne che illuminano il futuro” dell’umanità. (...) Animati dalla carità che lo Spirito Santo infonde nei cuori (Rm 5,5), i Consacrati e le Consacrate abbracciano perciò l'universo e diventano memoria dell’amore trinitario, mediatori di comunione e di unità, sentinelle oranti sul crinale della storia, solidali con l’umanità nei suoi affanni e nella ricerca silenziosa dello Spirito”.

Nel pontificato di Papa Francesco non sono mancati momenti in cui la Vita Consacrata è stata oggetto di riflessioni e meditazioni. Tutte con un unico “denominatore”: la parola gioia che più volte è ricorsa durante i suoi messaggi appunto ai consacrati: “Questa è la bellezza della consacrazione: è la gioia, la gioia… Nel chiamarvi Dio vi dice: Tu sei importante per me, ti voglio bene, conto su di te. Gesù, a ciascuno di noi, dice questo! Di là nasce la gioia! La gioia del momento in cui Gesù mi ha guardato. Capire e sentire questo è il segreto della nostra gioia. Sentirsi amati da Dio, sentire che per lui noi siamo non numeri, ma persone; e sentire che è lui che ci chiama”.

Una delle definizioni che Papa Francesco ha coniato per questa “speciale” vita, è contenuta proprio nel messaggio che riservò ai consacrati, l’anno scorso: “Ecco la vita consacrata: lode che dà gioia al popolo di Dio, visione profetica che rivela quello che conta. Quand’è così fiorisce e diventa richiamo per tutti contro la mediocrità: contro i cali di quota nella vita spirituale, contro la tentazione di giocare al ribasso con Dio, contro l’adattamento a una vita comoda e mondana, contro il lamento – le lamentele! –, l’insoddisfazione e il piangersi addosso, contro l’abitudine al “si fa quel che si può” e al “si è sempre fatto così”: queste non sono frasi secondo Dio. La vita consacrata non è sopravvivenza, non è prepararsi all’ “ars bene moriendi”: questa è la tentazione di oggi davanti al calo delle vocazioni. No, non è sopravvivenza, è vita nuova. “Ma… siamo poche…” – è vita nuova. È incontro vivo col Signore nel suo popolo. È chiamata all’obbedienza fedele di ogni giorno e alle sorprese inedite dello Spirito. È visione di quel che conta abbracciare per avere la gioia: Gesù”.

Ma cosa vuol dire vita consacrata? Partiamo, allora, dalle basi, se così si può dire. Nella Chiesa cattolica, per vita consacrata si intende quella forma di vita con cui i fedeli (chierici o laici, uomini e donne) si consacrano in modo speciale a Dio attraverso la professione - mediante voto pubblico - dei consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza. Solitamente la professione dei consigli evangelici avviene all'interno di un istituto di vita consacrata. Questi istituti - sia che i membri pratichino vita comunitaria o no - si distinguono in religiosi e secolari. Importante precisare che i consacrati non devono essere confusi con i membri del clero.

Essere consacrati è condizione indipendente dallo stato di vita, quindi si può essere - appunto - consacrati sia se si appartiene allo stato secolare (i cosiddetti diocesani), sia se si appartiene a quello regolare (per l'appunto i religiosi e i consacrati).

Certamente, il nostro Tempo sta offrendo diversi spunti di riflessione su questa condizione di vita. Il cammino dell’umanità, con quello della Chiesa (in un tutt’uno) sta interrogando la Chiesa stessa sul “da farsi”, sulle future sfide che la vita consacrata dovrà affrontare. Ed è ancora Papa Francesco a parlarci di questo: “I tempi sono cambiati e le nostre risposte devono essere diverse. Vi incoraggio a dare risposta, tanto a situazioni strutturali che richiedono nuove forme di organizzazione, quanto al bisogno di uscire e cercare nuove presenze per essere fedeli al Vangelo e canali dell’amore di Dio. La vita di preghiera, l’incontro personale con Gesù Cristo, il discernimento comunitario, il dialogo con il vescovo devono essere prioritari al momento di prendere decisioni. Dobbiamo vivere con umile audacia guardando al futuro e in atteggiamento di ascolto dello Spirito; con lui possiamo essere profeti di speranza”.

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