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Fratelli tutti, guida a lettura: 'Chi incontra Francesco incontra la Fraternità'

Padre Enzo Fortunato
Pubblicato il 03-11-2020

di padre Enzo Fortunato

Parto da un'immagine. Eravamo abituati alle foto di rito in cui il Papa che siglava l'Enciclica su un tavolo di legno con accanto il cerimoniale della Santa Sede. Questa volta ci siamo trovati con il Papa che guarda san Francesco e firma la sua terza Enciclica su un “tavolo” di roccia, facendo diventare Assisi “altare e cattedra di pace”, come la definì Giovanni Paolo II.

Una notizia che era nell’aria ma giunge inaspettata alla nostra Comunità, riempiendola di gioia. Una comunicazione della Prefettura Pontificia ci annuncia che il 3 ottobre Papa Francesco sarebbe giunto ad Assisi per firmare l’ultima enciclica proprio sulla tomba del Santo, preceduta dalla Celebrazione Eucaristica. Subito la macchina organizzativa si mette in moto; anche se si tratta di una visita strettamente privata. La Sala Stampa della Santa Sede ci informa che l’evento è in mondovisione.

Le notizie che giungono dal Vaticano riguardano la volontà del Pontefice di dare una profonda intensità spirituale a questo momento, per andare al cuore del Vangelo e, mi permetto di aggiungere, a quell’incrocio di sguardo tra il Papa argentino e il Santo assisiate.  Insieme all’organizzazione si muove, inevitabilmente, la stampa: il tam tam mediatico rimbalza da un capo all’altro del mondo, dall’Asia agli Stati Uniti, dall’Europa e dall’Africa. Tutti chiedono di partecipare e raccontare questo gesto nuovo, forte e concreto del successore di Pietro.

La nostra Comunità francescana dal giorno dell’annuncio accompagna con la preghiera orante sulla Tomba di san Francesco questo cammino e i frutti che la Chiesa spera germoglino alla luce di questa Enciclica, bussola per il mare in tempesta del dopo il Covid, tra riassetto politico, economico, sociale ed ecclesiale.

Ma riavvolgiamo il nastro. Ricordo come fosse ieri la conferenza stampa in cui Jorge Mario Bergoglio, da poco eletto pontefice, spiegò davanti a oltre 6mila giornalisti il motivo che lo aveva portato a scegliere il nome di Francesco. Ne esplicitò il percorso e partì proprio dal saluto da parte del cardinale Claudio Hummes: «E lui mi abbracciò, mi baciò e mi disse: “Non dimenticarti dei poveri!”. E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi. Poi, ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. E Francesco è l’uomo della pace. E così, è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco d’Assisi».

Con queste parole, che ancora oggi ci emozionano, Bergoglio è stato in grado di riassumere con semplicità ed efficacia l'essenza più vera del Santo di Assisi - «l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato» - e, al tempo stesso, ha posto le basi programmatiche del proprio pontificato. Fino a un'esclamazione che è passata alla storia: «Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!».

La copertina, la scelta dell'immagine che ripropone il dono del mantello da parte di Francesco a un cavaliere, affrescata da Giotto in quello che è il primo film a colori nella Basilica Superiore, dà le tonalità giuste per comprendere l'essenza del titolo dell'Enciclica: Fratelli tutti, sulla fraternità e l'amicizia sociale. È un gesto, e la fraternità si nutre di gesti, più che di parole.

La tappa storica per comprendere il pontificato di Papa Bergoglio.

Quello che è accaduto ad Assisi il 3 ottobre alle ore 15 sulla tomba di Francesco, dopo la celebrazione eucaristica presieduta dal Papa, ci dona la possibilità di comprendere l'architettura intellettuale del pontificato. Pace, rispetto del Creato, fratellanza che diventa solidarietà per i più poveri, perché nessuno rimanga indietro, perché nessuno rimanga solo. Con questa terza Enciclica, l'uomo di Buenos Aires puntella il proprio pontificato e, di fatto, va a completare attraverso quest'ultimo pilastro, l'impalcatura di una Chiesa rinnovata.

Con la Lumen Fidei, la prima Enciclica che porta la sua firma, il Papa rispondeva all'esigenza che la fede fosse foriera di pace. Perché il nome della fede in Dio è Pace: «Proprio grazie alla sua connessione con l’amore, la luce della fede si pone al servizio concreto della giustizia, del diritto e della pace. (…) La luce della fede è in grado di valorizzare la ricchezza delle relazioni umane, la loro capacità di mantenersi, di essere affidabili, di arricchire la vita comune. La fede non allontana dal mondo e non risulta estranea all’impegno concreto dei nostri contemporanei. Senza un amore affidabile nulla potrebbe tenere veramente uniti gli uomini» (Lumen Fidei, Cap. IV, 51).

Nella seconda enciclica, Laudato Si', Bergoglio ha fissato il secondo motivo della scelta del proprio nome: dicendoci che Francesco è «un esempio bello e motivante (…) un mistico e un pellegrino che viveva con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso. In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore» (Laudato Si', Introduzione, 10). Una critica netta al sistema del capitalismo avvelenato e la proposta di un nuovo modello economico fondato sul concetto di ecologia integrale. Nella Laudato Si' è infatti presente un orientamento, un motto che è un coraggioso atto sì spirituale, ma anche e soprattutto politico: «Niente di questo mondo ci risulta indifferente» (Laudato Si', Introduzione, 2-3).

Con la terza enciclica, papa Francesco completa il trittico: ecco l'uomo della solidarietà. Un testo francescano tout court: Fratelli tutti. Il riferimento è alla sesta delle Ammonizioni degli Scritti di san Francesco: «Guardiamo con attenzione, fratelli tutti, il buon pastore, che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce». Bergoglio, con il documento firmato nella casa che custodisce le spoglie del santo, ci indica la fraternità, attraverso la strada dell'imitazione del Signore, della bontà e della compassione. Tre spezie che ci aiutano a dare densità esistenziale, francescana e sociale all'inchiostro versato sull'altare, a quella firma minuta e robusta.

La densità della parola fratello, resa sia maschile che femminile. 

Proviamo a soffermarci un attimo su quello che è il filo rosso e la nuova percezione che l'Enciclica vuole donare agli uomini e alle donne di buona volontà: la parola “fratello”. Un termine che deriva dal latino frater. Ma non solo: troviamo tracce anche nel sanscrito, bhrathar, la cui radice è bhar e significa “sostenere, nutrire”. Una bella suggestione che ci dice come fratello è colui a cui siamo legati non solo da un rapporto familiare di sangue, ma anche da una relazione reciproca di crescita e sostentamento. Rinsaldare questa relazione tra l'umanità è stata la rivoluzione del Francesco di ieri ed è la vera sfida del Francesco di oggi.

A livello ecclesiale ricordiamo come proprio san Pietro, la roccia su cui Gesù ha edificato la sua Chiesa (Mt 16,18), nella sua Prima Lettera parli della comunità dei battezzati utilizzando proprio il termine fraternità (adelphotēta): «Onorate tutti, amate la fraternità, temete Dio» (1Pt 2,17). In effetti, come ricorda Joseph Ratzinger, l’eucaristia che è al cuore della Chiesa è proprio il «sacramento della fraternità» (J. Ratzinger, Idee fondamentali del rinnovamento eucaristico del XX secolo, in Idem, Opera Omnia, VII/1, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2016, 27).

A livello francescano, l'Assisiate irrobustisce il concetto di fraternità. Immagine, terminologia e significato prendono così vita con la forza dell'esempio. Diceva infatti a ogni frate e a chi l'incontrava di amare e sostenersi a vicenda: «E con fiducia l’uno manifesti all’altro la propria necessità, perché l’altro gli trovi le cose che gli sono necessarie e gliele dia. E ciascuno ami e nutra il suo fratello, come la madre ama e nutre il proprio figlio, in quelle cose in cui Dio gli darà grazia» (Regola non bollata, IX, FF 32). Qui la parola fratello è resa sia maschile che femminile.

È talmente vera questa espressione, fonte di amore, sostegno e nutrimento, che notiamo come negli scritti di san Francesco, il nome del Signore ricorre 426 volte, immediatamente seguito dalla parola fratello, riportata ben 264 volte (cfr. G. Boccali, Concordantiae verbales opusculorum S. Francisci et Clarae Assisiensium, Assisi 1976, p. 921). Un dato statistico che fa comprendere l'importanza della fraternità, a indicare che la fede nel Signore trova uno specchio sostanziale nel rapporto con l'altro.

Otto secoli dopo, ecco che un Papa chiamato Francesco arriva ad Assisi. Non solo è il primo papa che celebra sulla tomba di san Francesco, ma addirittura il pontefice che firma la prima Enciclica fuori dalle mura vaticane. Donando al mondo intero, attraverso questo gesto, un messaggio di un Francesco che porta nel cuore l'altro Francesco.

Nell'Enciclica ben tre volte ricorre il nome dell'Assisiate. Un numero che ha un simbolismo molto forte. Non so se l'occasione sia voluta o sia frutto di una semplice coincidenza, fatto sta che il numero “tre” ci ricorda la comunione, che vive nel cuore stesso di Dio, che è Padre, che è Figlio, che è Spirito Santo. E se il Padre è tale perché guarda il Figlio e viceversa, così il Fratello è tale quando guarda il proprio simile come fratello e, insieme, guardano a Dio come Padre.

L’incontro con San Francesco è l’incontro con la fraternità.

Grazie all'enciclica Fratelli tutti, Bergoglio fa un ulteriore passo verso il Poverello e, allo stesso tempo, permette a tutti noi di incontrare l'Assisiate. Incontrare Francesco è incontrare la Fraternità. Ecco allora che ne vorrei far emergere il canto, che Maria ha vissuto con i discepoli di Gesù e che Francesco ha espresso con i primi compagni. La sua eredità si concentra soprattutto nei suoi Scritti, che rappresentano la radice di un albero gigantesco che si è disteso nei cieli dell'Europa e del mondo, incarnando un cristianesimo che ha saputo coniugare legge e carisma, profezia e obbedienza, contemplazione e azione, cielo e terra, fede e cultura. Fino ad arrivare, dopo 800 anni, alla soglia petrina, al cuore della cristianità. Potremmo dire che alla verticalità del rapporto con Cristo si è intrecciata una limpida attenzione all'orizzontalità dell'amore fraterno. 

L'incontro fatto cultura, per usare le parole che Papa Francesco utilizza nell'Enciclica Fratelli tutti: «Armiamo i nostri figli con le armi del dialogo! Insegniamo loro la buona battaglia dell'incontro! Questo implica la capacità abituale di riconoscere all'altro il diritto di essere sé stesso e di essere diverso. A partire da tale riconoscimento fattosi cultura, si rende possibile dar vita ad un patto sociale». Ecco dunque il gusto di riconoscere l'altro (Fratelli Tutti, VI, 217-218). 

E l'uomo non è più un disperato ma un redento. Ecco perché il Colle dell'Inferno dove l'uomo veniva condannato nella più atroce solitudine, scelto da Francesco per la sua sepoltura, è chiamato Colle del Paradiso. L'ultima parola, non detta, di Francesco è una protesta mite verso quel populismo che relegava gli ultimi su una collina lontana da Assisi, creando un confine e un muro che solo la sua scelta ha di fatto abbattuto, facendo diventare quella collina un ponte verso la città.

La solitudine dell'uomo si trasforma in canto di Fraternità. Un canto che è idealmente intonato dai compagni che riposano accanto a Francesco, nel ricordo di piccoli episodi, di gesti e di vita. Bergoglio sceglie di firmare davanti a Francesco e accanto ai suoi primi compagni.

Fra Masseo, l'uomo delle domande impertinenti, menzionato nel passaggio raccontato nel testo dei Fioretti  in cui domandò al Poverello: “Dico, perché a te tutto il mondo ti viene dirieto?”, sentendosi rispondere che ciò era “confusione del mondo e grazia di Dio; perché io sono il più vile del mondo”; o ancora, sempre fra Masseo, che chiede quale fosse, per Francesco, il frate migliore. Nella risposta, che troviamo nello Specchio di Perfezione, sta la grandezza dell'Assisiate. Infatti, per descrivere quello che per lui sarebbe il frate perfetto, Francesco prende il meglio di ciascuno dei suoi compagni. Così, sommando i caratteri dei singoli, arriva al succo della vocazione francescana: dalla purezza di Leone, alla fede di Bernardo, dal buon senso di Masseo, alla cortesia di Angelo... Fratelli tutti.

Frate Leone, amico e confessore di san Francesco. Protagonista con lui di una delle pagine più belle del francescanesimo delle origini, il “Dialogo della vera e perfetta letizia”. Il canto di Fraternità è benedire l'altro, come Francesco fa con frate Leone: «Il Signore ti benedica e ti custodisca; mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Rivolga il suo volto verso di te e ti dia pace» (Benedizione a fra Leone, FF 262).

Frate Rufino, cugino di santa Chiara e santa Agnese. Grazie a lui scopriamo come fraternità è toccare, carezzare le ferite dell'altro. Rufino infatti tocca con le proprie mani la sacra ferita del costato dell'Assisiate (Tommaso da Celano, Vita Prima, FF 486).

Infine fra Angelo Tancredi, reatino, che ricoprì il delicato incarico di ‘guardiano’ di Francesco nei suoi ultimi anni di vita e che ci mostra come la fraternità significa stare al fianco dell'altro, fino alla fine. Così, frate Angelo e frate Leone, cantano al capezzale di Francesco il Cantico di frate Sole, accompagnandolo le braccia di Sorella Morte (Compilazione di Assisi, FF 1547).

È un discorso che non tocca solo ad intra la vita religiosa, ma anche ad extra le relazioni fraterne. Pensiamo ai tanti passaggi che emergono dalle Fonti Francescane nel vivere il rapporto con l'altro e che ci mostrano come i nemici possano diventare amici. Fratello è il lupo, che ci ricorda le persone aggressive. Francesco riesce a comprendere la sua rabbia: l'animale spaventava le genti perché non aveva di che mangiare. Ecco che l'Assisiate gli dà ristoro e ne guadagna la fiducia (Fioretti, FF 1852). Fratelli sono i ladroni, invitati a pranzo da san Francesco, che dà ai propri compagni una lezione di perdono, anche verso chi perpetra sistemi d'iniquità, guadagnandoli alla fraternità (Compilazione di Assisi, FF 1669). Fratello è poi l'estraneo, il diverso. È il caso del sultano: attraverso il dialogo, il rispetto e la stima reciproca, Francesco abbatte la barriera della minaccia e della rivendicazione (Leggenda maggiore di san Bonaventura, IX, FF 1173). Infine, Francesco, “servitore dei lebbrosi”, bacia le piaghe e ridà la salute ai malati (Leggenda maggiore di san Bonaventura, II, FF 1046). Fratelli sono gli scartati di ieri e di oggi.

La chiave di questa relazione con l'altro la indica proprio Papa Francesco che, nel testo firmato ad Assisi, ci mostra il valore e il significato di un'altra parola chiave, il perdono: «Non si tratta di proporre un perdono rinunciando ai propri diritti davanti a un potente corrotto, a un criminale o a qualcuno che degrada la nostra dignità. Siamo chiamati ad amare tutti, senza eccezioni, però amare un oppressore non significa consentire che continui ad essere tale (…) Perdonare non vuol dire permettere che continuino a calpestare la dignità propria e altrui, o lasciare che un criminale continui a delinquere. Chi patisce ingiustizia deve difendere con forza i diritti suoi e della sua famiglia, proprio perché deve custodire la dignità che gli è stata data, una dignità che Dio ama» (Fratelli tutti, VII, 241).

La fraternità, insomma, ci aiuta a preservare la vita dell'uomo, come direbbe il Cardinal Ravasi, dall'inflazione, dalla volgarità, dal vaniloquio, dall'insulto, dalla calunnia, dalla perversione, dalla violenza. È la fraternità il vero antibiotico ai virus che insidiano l'esistenza umana e disinquina la Chiesa, la società e la politica. In fondo, il cuore dell'uomo.

In ultima istanza, la fraternità di Francesco ci dice che la persona umana viene prima. Prima dell'orientamento sessuale, prima dei caratteri e della storia che le relazioni hanno inciso sulla nostra pelle. Prima delle condizioni economiche e sociali, povero o ricco, malato o sano, ignorante o colto, giovane o anziano. Prima delle condizioni etniche. Prima viene l'uomo, nella sua dignità. Sì, prima c'è la persona umana. Il segreto dell'essere fratelli tutti.

 

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