religione

Elisabetta d'Ungheria, la santità regale

Antonio Tarallo Pubblico Dominio
Pubblicato il 17-11-2020

È patrona del Terz’Ordine Francescano

Figura immensa, splendida e così umile che davanti ad Elisabetta d’Ungheria ci si smarrisce quasi. Profondità religiosa sposata a una charitas per i poveri che rende la santa una donna dalle mille sfaccettature. L’importanza per l’Ordine Francescano di tale figura di santità è sorprendente e - a distanza di secoli - ancora ci affascina per la sua attualità. In un mondo dove il divario tra ricchi e poveri diviene ancora sempre più costante, aumentando di giorno in giorno - complice anche la pandemia che stiamo vivendo - ripercorrere la vita della patrona del Terz’Ordine Secolare Francescano è un viaggio a cui tutti siamo chiamati, per riscoprire il senso del servizio, il senso della vita francescana.

Figlia di Andrea, re d'Ungheria e di Gertrude, nobildonna di Merano, Elisabetta nacque nel nel 1207, e fu promessa in moglie a Ludovico, figlio ed erede del sovrano di Turingia. Di lui, divenne sposa assai presto, giovanissima: a quattordici anni. Un anno solo dopo, già madre. Vedova a vent’anni. Elisabetta, madre di tre figli. Dopo il primogenito Ermanno vennero al mondo due bambine: Sofia e Gertrude, quest'ultima data alla luce già orfana di padre. Alla morte del marito, Elisabetta si ritirò a Eisenach, poi nel castello di Pottenstein per scegliere infine come dimora una modesta casa di Marburgo. Qui, in questa località, fece edificare - a proprie spese - addirittura un ospedale, riducendosi in povertà. Da questo momento in poi, vivrà con singolare amore, attenzione, la sua vocazione francescana.  Ed è in questo contesto che si inserisce il suo apporto fondamentale al terz'ordine francescano: a questo, offrì tutta se stessa agli ultimi, al Cristo sofferente che vedeva in ogni ammalato. La sua scelta di povertà scatenò la rabbia dei cognati che arrivarono a privarla dei figli. Morì a Marburgo, in Germania il 17 novembre 1231. Venne canonizzata da papa Gregorio IX nel 1235.

Il miracolo del pane in rose

Elisabetta praticava assiduamente le opere di misericordia: dava da bere e da mangiare a chi bussava alla sua porta, procurava vestiti, pagava i debiti, si prendeva cura degli infermi e seppelliva i morti. Scendendo dal suo castello, si recava spesso con le sue ancelle nelle case dei poveri, portando pane, carne, farina e altri alimenti. Consegnava i cibi personalmente e controllava con attenzione gli abiti e i giacigli dei poveri. (...) In questo contesto si colloca il miracolo del pane trasformato in rose: mentre Elisabetta andava per la strada con il suo grembiule pieno di pane per i poveri, incontrò il marito che le chiese cosa stesse portando. Lei aprì il grembiule e, invece del pane, comparvero magnifiche rose. Questo simbolo di carità è presente molte volte nelle raffigurazioni di santa Elisabetta”. A raccontarci questo straordinario episodio è un testimone d’eccellenza: Papa Benedetto XVI in un’udienza del 20 ottobre 2010.

L’incontro con il Francescanesimo

L’incontro con il Francescanesimo, per Elisabetta passa per il matrimonio. Una storia davvero interessante. Fa riflettere - soprattutto oggi che l’istituzione familiare è messa in pericolo - come l’incontro con Cristo per la santa regale sia passato attraverso il suo matrimonio.               La giovane coppia - Elisabetta e Ludovico - trovò appoggio spirituale nei Frati Minori, che, dal 1222, si diffusero in Turingia. Elisabetta scelse frate Ruggero (Rüdiger) come direttore spirituale. Quando questo “sconosciuto” frate le raccontò la vicenda della conversione del giovane e ricco mercante Francesco d’Assisi, Elisabetta rimase come folgorata dal Poverello: seguire Cristo, essere vicino ai sofferenti diverrà - da quel momento in poi - la sua unica meta di vita. Aiutò inoltre i Frati Minori a costruire ad Halberstadt un convento, di cui frate Ruggero divenne il superiore. 

Dopo la morte del marito, Elisabetta sposò con ancor più fervore la vita spesa per gli ultimi. E’ interessante a riguardo soffermarsi su questo passaggio tratto dalla “Epistula magistri Conradi” che potrebbe considerarsi una sorta di biografia della santa ungherese: 

Il venerdì santo del 1228, poste le mani sull’altare nella cappella della sua città Eisenach, dove aveva accolto i Frati Minori, alla presenza di alcuni frati e familiari, Elisabetta rinunziò alla propria volontà e a tutte le vanità del mondo. Ella voleva rinunziare anche a tutti i possedimenti, ma io la dissuasi per amore dei poveri. Poco dopo costruì un ospedale, raccolse malati e invalidi e servì alla propria mensa i più miserabili e i più derelitti. Avendola io rimproverata su queste cose, Elisabetta rispose che dai poveri riceveva una speciale grazia ed umiltà”. Il cammino di San Francesco d’Assisi continuava in questa donna, sposa, madre e principessa. 

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