religione

Domenica delle palme, in tempo di coronavirus. Andare dietro a Cristo

Antonio Tarallo
Pubblicato il 05-04-2020

Inizia la Settimana Santa

La domenica delle palme, ossia il racconto dell’ingresso di Cristo a Gerusalemme. L’episodio è presente in tutti e quattro i Vangeli, ma con alcune varianti: quelli di Matteo e Marco raccontano che la gente sventolava rami di alberi, o fronde prese dai campi, Luca non ne fa menzione. Solo l’evangelista Giovanni parla di palme.

Se prendiamo, ad esempio, il Vangelo di Matteo, al capitolo 21, troviamo: “La maggior parte della folla stese i mantelli sulla via; altri tagliavano dei rami dagli alberi e li stendevano sulla via. Le folle che precedevano e quelle che seguivano, gridavano: «Osanna al Figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nei luoghi altissimi!»”. Certo, non nascondiamocelo, in questo tempo di corona virus, fa un certo effetto leggere un’espressione come “la maggior parte della folla”. Le immagini di ognuno di noi si rincorrono, la “cinepresa” della nostra memoria proietta nei cuori i fotogrammi delle domeniche delle palme passate, quelle degli anni addietro. Noi, dietro al sacerdote celebrante, festanti con i rami di ulivo nelle mani, a fare memoria dell’ingresso trionfante di Gesù. Quest’anno, nulla di tutto questo. Nessuna funzione religiosa, nessun “ingresso festante”.

Se dovessimo, poi, andare a “scovare” l’origine ebraica di questo famoso episodio dell’ingresso di Gesù, ci troveremmo - di nuovo - davanti a una festa (la cosiddetta “Festa delle Capanne”) in cui la collettività ricopre un “ruolo” di non poco conto. Infatti, in occasione della “Festa delle Capanne”, i fedeli arrivavano - in massa - in pellegrinaggio a Gerusalemme, salendo al tempio in processione. Ognuno portava in mano e sventolava il lulav, un piccolo mazzetto composto dai rami di tre alberi: la palma, simbolo della fede; il mirto, simbolo della preghiera che s’innalza verso il cielo; e il salice, la cui forma delle foglie rimandava alla bocca chiusa dei fedeli, in silenzio di fronte a Dio. E, anche in questa occasione, stiamo parlando di un “rito collettivo”: la processione della folla al tempio.

Folle, comunità, processione, collettività, tutti termini che in questi giorni ci appaiono lontani, quasi come fotografie ingiallite dal tempo. E’ una domenica delle palme, diversa, sicuramente. E il simbolo per eccellenza, la palma, ci mancherà. Dobbiamo nascondercelo? Credo di no. Ma c’è - allo stesso tempo - un pensiero che sorge, donato proprio da questa “mancanza”, da questa naturale nostalgia che tutti proviamo. E questo pensiero potrebbe partire dal simbolo stesso: la palma. Quante volte abbiamo tenuto in mano questo simbolo, senza ricordarci veramente del suo significato intrinseco? E quante volte abbiamo partecipato alla processione in chiesa, senza avere bene in mente, l’importanza di quel gesto, di quel “passo dopo passo”?

Ed è allora che dovrebbe tornare in mente il “canto” che seguiva la processione, con i rami di ulivo, sventolati ben in alto, in clima di festa: “Osanna al Figlio di Davide. Benedetto colui che viene nel nome del Signore: è il Re d'Israele. Osanna nell'alto dei cieli”. Dovrebbe venire alla nostra memoria quel procedere dietro a Cristo: ma questa volta sarebbe il caso di fare un “passo” ancora maggiore, poco “coreografico”, ma alquanto imponente. Quest’anno, ci viene data l’occasione - visto l’impossibilità “motoria”, definiamola così - di metterci realmente col cuore in processione con Gesù, e così seguirlo nel suo insegnamento d’amore. Siamo sicuri, tra l’altro, che - in questo caso - nessuno ci chiederà il modulo per l’autocertificazione.

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA