religione

Dal mondo all'Italia: le strade di Francesco

Massimo Milone Ansa
Pubblicato il 15-03-2021

Per sanare quattro fratture: sanitaria, sociale, nuove povertà ed educativa

È più che mai fitta l’agenda di papa Francesco. Visione e temi planetari ma anche la costante attenzione all’Italia e alla sua Chiesa, per la quale, ancora una volta, il Papa chiede un Sinodo. Aveva lanciato la proposta, cinque anni fa, al convegno CEI di Firenze. Strada impervia. Diocesi e comunità avrebbero dovuto affrontare una riflessione profonda, rivoluzionaria, sul come rispondere, da un lato, al distacco sempre più evidente tra fede enunciata e fede testimoniata e, dall’altro, agli scenari nuovi del mondo, delle relazioni, delle priorità umane, oggi drammaticamente impellenti per la pandemia.

Il Papa usa, ora, il verbo “dovere”. E chiede una Chiesa sempre più vicina agli ultimi. Quella “Chiesa in uscita” timbro del suo Pontificato. Indica l’autostrada: il Concilio Vaticano II. “Non va negoziato”, dice in sintesi. “O stai con la Chiesa e segui il Concilio o, se non segui il Concilio, non stai con la Chiesa.” Parole lapidarie. La sua è una catechesi che sì, accompagna e accarezza, ma contemporaneamente è una rigorosa sferzata per avviare un processo sinodale. Sarà possibile in tempi brevi?

Chiarissimo è stato il presidente della CEI, il Cardinale Gualtiero Bassetti: “Occorre riscoprire la vera cultura di comunione”, che “postula alcuni valori umani, quali l’attitudine al pensare insieme, alla condivisione dell’impegno, all’elaborazione comunitaria dei progetti pastorali, alla formulazione corretta di giudizi comuni sulla realtà dell’ambiente, all’adozione di forma di intervento in cui si esprima l’anima cristiana di tutta la comunità interessata”. Per fare cosa come Chiesa? Sanare quattro fratture: sanitaria, sociale, delle nuove povertà e frattura educativa. Non è certo poco. In un’Italia alle prese con la più sconvolgente crisi dopo la seconda Guerra Mondiale e l’evidente fragilità di politici e classe dirigente. Vedremo nei prossimi mesi. Nel frattempo, Papa Francesco, dopo aver partecipato, in streaming, alla prima Giornata sulla Fratellanza Umana, nel segno del documento di Abu Dhabi, vola in Iraq, viaggio storico, per riaffermare con forza che “come esseri umani, siamo tutti fratelli e sorelle… Questa è la grande politica umana e cristiana del mondo. Dobbiamo abituarci a vedere negli uomini non dgli antagonisti, non dei nemici, non dei rivali, non dei concorrenti, dei fratelli”.

È proprio da Assisi, con una forza iniziativa dei Francescani (forum, dibattiti e testimonianze di altissimo livello), la conferma che la strada da intraprendere per parlare di pace e dialogo è quella della fratellanza universale. Anche qui non è poco e ci vorranno i tempi giusti per metabolizzare un invito rivoluzionario e globale, come è quello dell’Enciclica “Fratelli tutti”. Infine, nella fitta agenda di Papa Francesco, anche il tempo per inchiodare a una forte responsabilità il mondo del giornalismo e della comunicazione. “Venire e vedere”, esorta Papa Francesco. Computer, la Rete, le agenzie, i social, sono preziosi ma l’informazione rischia di non uscire più per strada. Senza più “consumare le suole delle scarpe”, senza incontrare persone – il monito del Papa – per cercare storie o verificare de visu certe situazioni. Per poter raccontare in sintesi la verità della vita che si fa storia. Insomma, colleghi, alziamoci, incontriamo, camminiamo, raccontiamo. Vale per tutti. Piccoli e grandi media, giovani giornalisti e firme affermate. Il giornalismo è, da sempre, una strada scomoda.

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