religione

Cantalamessa: “Gli scandali? La Chiesa più pura oggi che in passato”

Salvatore Cernuzio La Stampa
Pubblicato il 31-10-2020

Intervista a La Stampa: “Le denunce interne grande progresso”

Seduto col suo saio, domenica scorsa padre Raniero Cantalamessa seguiva come tanti altri fedeli del mondo l’Angelus in tv, quando ha sentito Papa Francesco pronunciare il suo nome tra i 13 nuovi cardinali del Concistoro del 28 novembre. «Avrei pensato che si trattasse di qualcun altro se non portassi un cognome così inconfondibile», racconta a Vatican Insider il famosissimo cappuccino, 86 anni, da quaranta predicatore della Casa pontificia. Teologo, accademico, autore di libri e della celebre rubrica Rai “Le ragioni della speranza” (indimenticabile il saluto «Pace e Bene»), Cantalamessa oggi riscuote successo pure sui social network dove migliaia di followers rilanciano le sue catechesi. Quasi una web star, se non fosse che vive quasi da eremita. Cosa che continuerà a fare anche con lo zucchetto rosso. La sua nomina è stata applaudita da tutti: «Un uomo di Dio», è il parere unanime. Ma non mancano le critiche: «Non mi sgomentano», dice il neo cardinale. Neanche gli scandali nella Chiesa lo turbano più di tanto: «Non ci rendiamo conto di quanto la Chiesa sia più pura oggi rispetto al passato», afferma con giudizio da storico.

Padre Raniero, anzi, Eminenza, qual è stato il primo pensiero nel sentire il suo nome nella lista dei nuovi cardinali?

«Superato lo stupore iniziale, ho pensato che il mio servizio alla Chiesa è consistito quasi esclusivamente nel proclamare alla Casa Pontificia e in altre parti del mondo la Parola di Dio. Dunque, più che un riconoscimento della mia persona, la nomina è un riconoscimento che il Papa vuol fare dell’importanza di tenere alta la Parola di Dio nella Chiesa». 

Un servizio, il suo, che va avanti da quarant’anni sotto tre Papi. Si sarebbe mai aspettato che si sarebbe concluso con la porpora?

«Io no, ma so che qualche mio confratello cappuccino, in anni passati, coltivava questo pensiero. Ho sempre condiviso la convinzione del grande predicatore francescano San Bernardino da Siena. Quando si vociferava che sarebbe diventato vescovo e la gente lo richiedeva a gran voce, una volta salì sul pulpito e cominciò a parlare tenendo con le dita metà bocca chiusa e parlando quindi a mozziconi. Dopo un po’ domandò: “Capite quello che sto dicendo?”. Tutti risposero: “No!”. Concluse: “Così vi avrei dovuto parlare se mi aveste fatto vescovo, a mezza bocca”. Io, a essere sincero, non ho corso questo pericolo perché i tre sommi Pontefici davanti ai quali ho avuto il privilegio di predicare mi hanno lasciato sempre libero, senza suggerirmi mai il tema della predicazione o chiedere di leggere il testo prima di pronunciarlo. Neppure per la predica del Venerdì Santo in San Pietro che è quella che ha più risonanza nei media».

Conduce uno stile di vita monastico, come concilierà questo con il servizio al quale sarà chiamato?

«Appartenendo alla categoria dei cardinali ultraottantenni, non sono previsti incarichi e compiti particolari. Quindi non dovrò cambiare molto il mio stile di vita. Continuerò a vivere nell’eremo dell’Amore Misericordioso di Cittaducale con alcune monache clarisse cappuccine alle quali faccio, in un certo senso, da cappellano. Continuerò, per volontà del Santo Padre, ad essere il predicatore della Casa Pontificia. Infatti devo già pensare alle prossime prediche di Avvento».

Ha vissuto da vicino tre pontificati: come descriverebbe questo lungo tempo e i tre Pontefici che si sono succeduti? Me lo dica magari con una delle metafore che caratterizzano la sua predicazione…

«Anzitutto vorrei ribadire che nel mio caso i ruoli sono, in certo senso, invertiti: sono i Papi che fanno la predica a me e al resto della Chiesa. Nonostante la mole schiacciante di lavoro che li attende durante il giorno, essi trovano il tempo (san Giovanni Paolo II per ben 25 anni) di iniziare la giornata, ogni venerdì in Avvento e in Quaresima, recandosi ad ascoltare la meditazione di un semplice sacerdote della Chiesa Cattolica! Chi si stupisce di più sono diversi amici protestanti ed evangelici, dal momento che presso di loro a tenere il sermone è la persona più importante in una funzione religiosa. Ciò ha fatto cambiare a qualcuno l’idea che aveva del Papa.  Mi chiede poi di dire con una metafora come caratterizzerei i tre Pontefici. Provo a farlo, senza scadere in semplificazioni che rischiano sempre di essere pericolose: San Giovanni Paolo II, una personalità gigantesca che ha vissuto tutta la vita al cospetto del mondo e al cospetto di Dio; Benedetto XVI, una mente eccelsa e al contempo profondamente umile, combinazione rarissima almeno nel grado che si è visto in lui; Francesco, un uomo dello Spirito che non fa cose nuove, ma fa nuove le cose. Il cosmopolita, il teologo, il pastore, se si può racchiudere una vita in una parola».

Qualcuno suggerisce che lei ha cambiato “dottrina” negli ultimi anni. Cosa risponde?

«So perfettamente a cosa si riferisce. Le rispondo subito che la mia dottrina è sempre la stessa perché basata sul Vangelo e su Gesù Cristo e così sarà sino alla fine della mia vita. Le polemiche non mi sgomentano perché un predicatore non ha la pretesa che le sue parole siano accolte e gradite da tutti, l’importante è che quello che dico sia in linea con il mio sentire nella piena libertà, senza condizionamenti». 

Saprà anche che alcune sue predicazioni sono state oggetto di critiche…

«Immagino che si riferisca in particolare alle critiche circa una mia predica alla Casa Pontificia quando parlai della Vergine. Lo chiarisco subito: non era minimamente mia intenzione sminuire la figura della Madonna e criticare i cattolici che la venerano, dal momento che io sono tra quelli. Volevo solo mettere in evidenza che insieme a Maria ci deve essere anche Gesù e tutta la Trinità, cosa che invece tanti cattolici dimenticano. I fratelli delle altre Chiese cristiane potrebbero dirle quanto io mi adoperi perché anche loro scoprano Maria in tutto il suo splendore».

Viviamo un tempo di scandali finanziari e c’è chi lamenta una confusione nella Chiesa. Cosa ne pensa? Cosa direbbe ai credenti che si sentono disorientati?

«Sono stato per anni docente di Storia delle origini cristiane all’Università Cattolica e anche in seguito mi sono occupato di Storia della Chiesa. Questo fa sì che non mi sorprenda più di tanto degli scandali attuali. Guardando le cose nell’arco limitatissimo della propria vita e del proprio secolo, non ci rendiamo conto per quanti versi la Chiesa di oggi è immensamente più “pura” dei secoli passati: più libera di potere, di fasto, di ricchezza, di nepotismo, di intrallazzi politici e quello che più conta non è meno ricca di santi del passato. Il fatto che gli scandali oggi siano portati a galla e denunciati (e sempre più spesso per iniziativa della stessa istituzione) è già di per sé un grande progresso. Ricordo di aver letto in un romanzo dello scozzese Bruce Marshall questo pensiero: “Gesú Cristo ha raccolto i pezzi di legno più bitorzoluti e scalcinati che ha trovato in giro per il mondo e, da buon falegname quale era diventato alla scuola di suo padre Giuseppe, ha costruito con essi una barca che, guarda caso, tiene il mare da venti secoli!”». 

Nell’ultima predica del Venerdì Santo, si è soffermato sul coronavirus che attanaglia l’umanità. Come si può affrontare questo tempo della pandemia?

«Siamo tutti smarriti da questa calamità che in poco tempo ha cambiato il mondo e ci ha fatto ripiombare nel clima dell’ultima guerra. Papa Francesco sta facendo ogni sforzo e approfittando di ogni occasione per far sì che la pandemia sia occasione per progettare un mondo più giusto e più fraterno. Nelle mie prossime prediche di Avvento, nel mio piccolo, vorrei cercare anch’io di riflettere sulla pandemia, ma soltanto come occasione per rimettere in circolazioni alcune verità e realtà sottaciute: la morte, la vita eterna, la presenza di Cristo, grazie all’incarnazione, nella barca di questo nostro mondo in tempesta. Tutte cose che non è il caso di proclamare indiscriminatamente a un mondo già così stremato e perplesso, ma che sarebbe grave tacere tra credenti». (La Stampa)

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