fede

Temi e prospettive, uno sguardo al Sinodo dei Vescovi sui giovani

Antonio Tarallo Ansa - Giuseppe Lami
Pubblicato il 04-04-2018

Il punto della situazione dopo la riunione presinodale del 19 marzo scorso

Da poco è finita la Pasqua, che in ebraico – come sappiamo – ha significato di passaggio. E prendendo proprio spunto da questo ultimo termine, è difficile non pensare al delicato momento che la Chiesa sta vivendo. In questa particolare Epoca, densa di cambiamenti e di nuove prospettive, è doveroso – forse – un attimo soffermarsi al cambiamento che i giovani stanno avvertendo e di cui la Chiesa sta prendendo atto, tanto da aver indetto un Sinodo su tale argomento. E speriamo che possa essere un momento, appunto, di Resurrezione, di nuove visioni che possano far fronte “ai sepolcri” di tanti giovani!

Il futuro nelle, delle nuove generazioni. In sintesi, questo il dibattito che animerà il prossimo Sinodo dei Vescovi indetto per ottobre prossimo.  «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale». La Chiesa si interroga. “Su come accompagnare i giovani a riconoscere e accogliere la chiamata all’amore e alla vita in pienezza, e anche di chiedere ai giovani stessi di aiutarla a identificare le modalità oggi più efficaci per annunciare la Buona Notizia”. E’ importante che la Chiesa, una Chiesa attenta all’Oggi (in fondo è dal Concilio vaticano II che è proiettata in questo) si interroghi sul cammino delle nuove generazioni che, in un’Epoca così travagliata, sta cercando essa stessa di capire “dove andare”. Ma, soprattutto, prima di questo, “cosa essere”. Da qui il titolo di questo Focus, “Che cercate?”.

E fervono i preparativi. Un momento da poco vissuto è stato quello della riunione presinodale, svoltosi dal 19 al 24 marzo passato, che ha visto impegnati 300 giovani, di diverse culture e di diverse fedi, proprio per dare al cammino sinodale della Chiesa una più ampia visione del mondo dei giovani.

Non ci rimane altro, allora, che vedere in sintesi i nodi cruciali del Documento Preparatorio che è alla base della discussione. Il testo parte da una panoramica sul mondo di Oggi, sottolineando il “contesto di fluidità e incertezza mai sperimentato in precedenza”. A fronte di “pochi privilegiati”, molti vivono “in situazione di vulnerabilità e di insicurezza, il che ha impatto sui loro itinerari di vita e sulle loro scelte”.

In un contesto assai diversificato, il tema più importante è quello della multiculturalità. La radiografia fatta mette in evidenza che non pochi sono i giovani che “desiderano essere parte attiva dei processi di cambiamento del presente”. Sul versante opposto il fenomeno dei “Neet”, cioè giovani non impegnati in un’attività di studio né di lavoro né di formazione professionale. Quest’ultimo è uno scenario che si sta facendo preoccupante e sempre più vasto.  Il testo poi prende in esame un dato oggettivo: “L’appartenenza confessionale e la pratica religiosa diventano sempre più tratti di una minoranza e i giovani non si pongono ‘contro’, ma stanno imparando a vivere ‘senza’ il Dio presentato dal Vangelo e ‘senza’ la Chiesa, salvo affidarsi a forme di religiosità e spiritualità alternative e poco istituzionalizzate o rifugiarsi in sette o esperienze religiose a forte matrice identitaria”. E, in questo contesto, non poteva certo mancare una riflessione sulle tecnologie che stanno creando non pochi problemi di carattere sociale: ci troviamo davanti a una realtà sempre più iperconnessa

Per questo motivo è diventato necessario “mettere a fuoco come l’esperienza di relazioni tecnologicamente mediate strutturi la concezione del mondo, della realtà e dei rapporti interpersonali e con questo è chiamata a misurarsi l’azione pastorale, che ha bisogno di sviluppare una cultura adeguata”.

“Riconoscere, interpretare, scegliere”. Ecco la sfida della Chiesa, ecco le tre parole chiave. “Il percorso della vita impone di decidere, perché non si può rimanere all’infinito nell’indeterminatezza”. Di qui l’importanza dell’accompagnamento personale, che non è “teoria del discernimento” ma capacità di “favorire la relazione tra la persona e il Signore, collaborando a rimuovere ciò che la ostacola”. È “la differenza tra l’accompagnamento al discernimento e il sostegno psicologico”.

“Uscire, vedere, chiamare”. Sono i tre verbi dell’Evangelii Gaudium al centro della terza e ultima parte del documento, in cui si risponde alla domanda centrale del testo: “Che cosa significa per la Chiesa accompagnare i giovani ad accogliere la chiamata alla gioia del Vangelo, soprattutto in un tempo segnato dall’incertezza, dalla precarietà, dall’insicurezza?”. La ricetta suggerita è “l’inclusione reciproca tra pastorale giovanile e pastorale vocazionale, pur nella consapevolezza delle differenze”. Uscire è abbandonare gli schemi che incasellano le persone, vedere è “passare del tempo” con i giovani per “ascoltare le loro storie”, chiamare è “ridestare il desiderio, smuovere le persone da ciò che le tiene bloccate, porre domande a cui non ci sono risposte preconfezionate”. Sfida ardua, ma possibile, per il futuro della Chiesa. Per il futuro dei giovani.


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