rassegna

TOSCANAOGGI - QUANDO «GERA» DIPINSE LA MADONNA DI MONTENERO

Redazione
Pubblicato il 30-11--0001

Avvolta da uno sciame di stelle su uno sfondo dorato, il manto azzurro come il cielo, la tunica rossa come il Sangue del Suo amatissimo Figlio, l'attenzione rivolta al Bambino che ne afferra l´orlo del collo alla ricerca del seno materno: una simbologia fortissima in cui la "Madonna Odighitria" di Montenero (oppure Odigitria, dal greco od?géin, "condurre, guidare", molto cara alla tradizione orientale) rappresenta la Chiesa che si rivolge a Dio per indirizzare l'Umanità verso la Salvezza. L'attribuzione dell'opera è stata a lungo dibattuta finché lo storico dell'arte Mario Salmi non vi scorse la mano del pittore pisano Jacopo di Michele. Il XIV secolo è una vera e propria "età dell'oro" per la pittura pisana, in cui maestranze toscane (e non solo) si trasferiscono nella città d'Arno ottenendo commissioni importanti, e stimolando idee e fermenti culturali che influenzano notevolmente gli autori locali: e così troviamo artisti come Giotto (pala con "San Francesco riceve le stimmate" per la chiesa dedicata al Santo di Assisi) e Cimabue (decorazione dell'abside del Duomo), Simone Martini (Polittico di S. Caterina) e i suoi collaboratori, Bonamico Buffalmacco, che lavora in Camposanto per il noto ciclo di affreschi del "Trionfo della Morte", e Taddeo Gaddi con le sue "Storie di Giobbe". E ancora, almeno dalla metà del secolo, Agnolo Gaddi, Spinello Aretino, Taddeo di Bartolo e Francesco di Neri da Volterra: a lui fa capo un gruppo di artisti, tra cui, probabilmente, anche il nostro Jacopo di Michele detto Gera, attivo tra il 1361 ed il 1395, e abitante in Pisa nella parrocchia di S. Nicola. Gera è menzionato nel 1368 come membro di un collegio peritale per la stima dei dipinti proprio di Francesco di Neri presenti in S. Pietro in Vinculis a Pisa; nel 1388 dipinge una tavola per l'ospedale di Ponsacco; oltre a queste e a molte altre opere, si ricorda la colorazione del Crocifisso in marmo sulla porta orientale del Camposanto, portata poi in S. Michele in Borgo; muore sicuramente nel 1402. Nell'opera di Montenero, forse creata inizialmente per altra destinazione, si scorge quindi una chiara influenza di scuola senese dalla piccola tunica indossata dal Bambino e dal cuscino sul quale è seduta la Vergine; troviamo inoltre legato ad una corda non eccessivamente stretta, e tenuta da Gesù nella mano sinistra, un cardellino, forse un'ipotetica rappresentazione dell'Uomo che, avendo il libero arbitrio, può decidere se rimanervi legato o fuggire: secondo Giorgio Mandalis, invece, "il cardellino (carduelis), derivando il proprio nome dalla predilezione a nutrirsi di semi di cardo (cardus) è pure simbolo della Passione" (La Madonna di Montenero, pagg. 2224). Attorno all'aureola si può leggere AVE M(ARIA) MATER CHRISTI. Alla luce dei più recenti studi, quindi, l'opera sarebbe da collocarsi nella seconda metà del '300 e non al 1345, anno in cui la "leggenda" ne colloca il ritrovamento. Oggi questa meravigliosa icona dell'arte medievale è incastonata nella Gloria modellata dal carrarese Giovanni Baratta e dal nipote di questi Giovanni Cybei, all'interno della chiesa del Santuario di Montenero, dietro l'altare maggiore. PER APPROFONDIRE: Mario Salmi, La Madonna di Montenero, in Liburni Civitas 1, 1928, pp. 83-87; Mario Salmi, Il pittore della Madonna di Montenero, in AA. VV. Mostra iconografica della Madonna di Montenero. Catalogo e note, Livorno, Stella del Mare, maggiodicembre 1967 Nicola R.Vasaturo, Santuario di Montenero - frammenti di Storia, Livorno, Comunità Monastica di Montenero Giorgio Mandalis, La Madonna di Montenero dalla leggenda alla storia, Fucecchio (FI), Edizioni dell'Erba, 2012

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