opinioni

Toscani: il perdono lenisce il male che si è subito

Redazione Hermes Mereghetti
Pubblicato il 31-07-2019

Ogni anno, il 2 agosto, ad Assisi si celebra la festa del Perdono, un’indulgenza plenaria concessa nel 1216 da papa Onorio III a tutti i fedeli su richiesta di san Francesco. Abbiamo chiesto al fotografo e opinionista Oliviero Toscani di spiegarci qual è il suo concetto di perdono.

“Chi perdona ha subito qualcosa di doloroso e di ingiusto. È la reazione a un torto che ci hanno causato. Se oltre a subire un’ingiustizia abbiamo anche il problema di castigare, non si fa altro che aumentare il dolore. Anche egoisticamente il perdono lenisce il male che si è subito”.

Lei perdonerebbe anche un assassino?

Non è che castigandolo migliorerai la situazione. Abbiamo questa strana mentalità che ci porta a pensare che siamo sempre le vittime. Proviamo a pensare di essere noi gli assassini. Se sei un assassino – e questo è l’esempio più estremo – sei stato sfortunato. L’educazione, dove sei nato, la madre, il padre, la scuola la mancanza d’affetto. C’è tutta una serie di situazioni che fanno sì che tu sia un assassino. La mancanza d’amore è un castigo incredibile per un essere umano. Un assassino non ha avuto affetto, è già un povero disgraziato che ha subito ben più della prigione: è stato castigato dalla nascita.

Porgi l’altra guancia. È d’accordo?

Non so se bisogna porgere l’altra guancia. Non bisogna aiutare l’altro a picchiarci ancora di più. Già una era sufficiente… Porgere l’altra guancia è una forma di vittimismo. Non bisogna essere né vittima né aggressore, né eroi né vigliacchi. Porgendo l’altra guancia si dà la possibilità al violento di essere ancora più violento

Lei perdona i limiti che ha? È indulgente con se stesso?

Per sentirmi libero devo liberarmi dai miei complessi. Per esempio, quando faccio un lavoro mi incateno al lavoro, così mi tolgo il problema di essere pigro, poco intelligente, non tanto bravo… Solo allora sono libero. La libertà è accettare i propri complessi e i propri limiti. Non so se è perdono, ma di sicuro è l’accettazione dei propri limiti: perdonarsi di essere limitato. A volte mi dicono che sono un rompiscatole. Rispondo che va bene, che non devo fare il presuntuoso e cercare di apparire più bravo di quello che sono: sono quello che sono. Anche senza il cervello di Einstein, senza volare come un aeroplano, senza essere bello come un adone.

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