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La naturalezza della saggezza francescana: la morte è nostra sorella

Domenico De Masi
Pubblicato il 02-11-2017

Tutta l’umana esistenza non è altro che una lotta con la natura per vincere la sfida della fame, del dolore, della fatica, della solitudine, della bruttezza, della noia, delle malattie. E della morte.

Tutta l’umana esistenza non è altro che una lotta con la natura per vincere la sfida della fame, del dolore, della fatica, della solitudine, della bruttezza, della noia, delle malattie. E della morte.

In questa lotta l’uomo si aggrappa alla scienza, alla tecnologia, all’arte. E si distrae inseguendo la soddisfazione di bisogni alienati come la ricchezza e il potere o di bisogni radicali come la meditazione, l’amicizia, l’amore, il gioco, la bellezza e la convivialità.

Con la tecnologia, l’uomo ha alleviato la fatica e la solitudine, e ha ridotto la fame. Con la scienza ha mitigato il dolore, le malattie e la bruttezza del suo corpo. E’ riuscito anche ad allontanare la morte, ma non a debellarla.

In media i nostri trisavoli vivevano 350.000 ore e ne dedicavano 150.000 al lavoro. Noi viviamo 700.000 ore e ne dedichiamo 80.000 al lavoro.

Nel 2030 potremo vivere fino a 790.000 ore e ne dedicheremo al lavoro non più di 60.000. Vivranno più a lungo le persone più scolarizzate e con relazioni sociali più intense. Gli anziani con più di 65 anni saranno 910 milioni rispetto agli attuali 420 milioni.

La maggioranza delle persone diventa vecchia soltanto negli ultimi due anni della propria esistenza, durante i quali le spese farmaceutiche sono pari alla cifra impiegata per comprare medicine in tutti gli anni precedenti della vita.
  

Questi successi della scienza hanno incoraggiato il mito dell’eterna giovinezza e centinaia di miliardari si sono fatti ibernare con l’illusione di essere poi scongelati in epoche future, quando ormai la morte dovrebbe essere superata e l’uomo dovrebbe ormai godere di una definitiva immortalità.

In questo orizzonte di allucinate onnipotenze, la morte continua il suo lavoro e ogni giorno ci saluta dai teleschermi ricordandoci la sua perennità attraverso il volto sfigurato dei morti ammazzati, attraverso i migranti che terminano nel mare la loro fuga disperata verso la vita, attraverso il turbinio consumista con cui la pubblicità offre i suoi surrogati di vita a chi si illude di esorcizzare la morte con l’opulenza. Ognuno di questi fotogrammi non fa che sottolineare, per contrasto, l’umile saggezza francescana: “Laudato si' mi' Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare”.

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