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C'è più gioia nel dare che nel ricevere

Enzo Fortunato
Pubblicato il 30-11--0001


“Il Cristianesimo non è una dottrina, non è una teoria di ciò che è stato o ciò che sarà nell'animo umano, ma è la descrizione di un evento reale nella vita dell'uomo”. È un'affermazione tratta dal diario di Ludwig Wittgenstein, che coglie il cuore di tutta l'esperienza religiosa, in modo particolare del cristianesimo. Ci chiediamo allora che cosa signifi ca un “evento reale” nella vita dell'uomo: il proprio cuore si apre all'esperienza dell'altro, del prossimo.
Lo stesso Gesù ci ricorda “qualunque cosa avete fatto ad uno di questi più piccoli, l'avete fatto a me”. Ecco allora che ci vogliamo accingere a vivere questo mese pensando a gesti concreti che ci conducono ad aiutare l'altro. Siamo alla settima edizione de Nel nome del Cuore, un'iniziativa che dopo la festa di San Francesco è tra le più importanti per la nostra comunità.
Nel nome di Francesco chiederemo aiuto attraverso il mezzo televisivo per essere vicini alle popolazioni dello Zimbabwe e del Kenya. In questi anni abbiamo chiesto diverse volte alla Segreteria di Stato Vaticano di indicarci la nazione più povera, perché “lassù” hanno la mappatura reale dei drammi del mondo, e per la settima volta, ancora una volta l'Africa. È il grido più cocente dell'umanità sofferente che bussa alle porte di un mondo troppo sazio. È l'ingiustizia di un sistema che vogliamo sommessamente denunciare, e lo facciamo in maniera propositiva, facendo rifl ettere, facendo festa, facendo gesti concreti.
E in questo Francesco di Assisi è stato esemplare: “Spoglia l'altare della Vergine e vendine i vari arredi se non potrai soddisfare diversamente le esigenze di chi ha bisogno” – è la risposta del Santo a fra Pietro Cattani che gli annotava che “le elemosine non erano così abbondanti da bastare alle necessità dei poveri”.
Il Celano ci racconta che Francesco, quand'era ancora giovane, si occupava dei poveri, “li soccorreva generosamente nella loro indigenza e aveva affetto di compassione per tutti gli afflitti” (1, Cel. 349). E ancora, scrive sempre il Celano, “mentre Francesco ritornava da Siena, si imbatté in un povero. Il Santo disse ad un compagno: Fratello dobbiamo restituire il mantello a questo poveretto, perché è suo. Noi l'abbiamo avuto in prestito fi no a quando non ci capitasse di incontrare uno più povero”.
Oggi stiamo per incontrare persone più povere di noi. A noi e a voi diciamo che “c'è più gioia nel dare che nel ricevere”.

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