Gerusalemme. Medici israeliani e palestinesi uniti contro il Covid

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Pubblicato il 06-05-2020

Il ruolo della Chiesa e dei cristiani nel rilasciare il confronto e il dialogo

“Ho un nipote che lavora come oncologo nel più grande ospedale di Gerusalemme e mi racconta di medici israeliani e palestinesi che lavorano fianco a fianco, non ci sono discriminazioni in questa emergenza”. Bernard Sabella, rappresentante di Fatah e segretario esecutivo del servizio ai rifugiati palestinesi del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente, testimonia un clima di solidarietà in risposta alla pandemia di nuovo coronavirus. Come successo in altri Paesi fra cristiani e musulmani, dall’Egitto all’Iraq, anche in una delle aree più contese e controverse del pianeta si cerca di unire le forze contro il nemico comune. “Vi è un impegno comune - sottolinea il professore ad AsiaNews - di tutte le parti in causa, di ebrei, arabi, anche di quelli che vengono dalla Cisgiordania”.

In questo periodo di quarantena e isolamento forzato disposto dalle autorità israeliane e palestinesi, molte persone “hanno seguito alla lettera le istruzioni e sono rimaste a casa”. “A volte - racconta Sabella - si vede qualcuno nei supermarket della parte araba di Gerusalemme che non indossa le mascherine, che non mantiene comportamenti corretti ma, in generale, le persone a rischio sono disciplinate”. Soprattutto quelli che hanno più di 65 anni “stanno lontano dai loro contatti; si segue la disposizione del distanziamento e della separazione. Vi è poi la cooperazione fra autorità ministeriali dei due fronti”.

Fra i medici - prosegue il leader cristiano - vi è un impegno comune per salvare le persone e questo è un segno di speranza. L’auspicio è che i politici possano imparare dai medici”. Quando si parla di coronavirus “siamo tutti sulla stessa barca, il punto è l’acqua che è diversa a seconda delle aree del mondo. Il Covid-19 insegna che, a dispetto delle differenze, possiamo risolvere i problemi in modo ragionevole e lontani da un’ottica di scontro, di divisioni, di guerra”.

Per il prof. Sabella la pandemia è occasione “per ripensare il modo di vivere, di come andare in chiesa, alla moschea o in sinagoga. La malattia ha molto da insegnare a noi e alle future generazioni. Partendo dal ruolo di internet, la sua importanza nel mantenere vivi i legami: sono negli occhi di tutti le immagini della Settimana Santa, con la piazza san Pietro vuota. Ci siamo identificati tutti con Papa Francesco solo... ora la domanda è come pensare il futuro”.

“Il mio timore da sempre - confessa - è che Israele e Palestina potessero essere colpite da un devastante terremoto. Ecco, il nuovo coronavirus è stato un sisma devastante per la vita, la società, l’economia e la fede in tutto il mondo. Ora la speranza è che si possa ripartire secondo un criterio di maggiore condivisione, iniziando proprio dalle risorse della terra, invece di chiudersi in uno spazio stretto e angusto. In questo senso la Chiesa, con il suo carisma e la sua leadership, anche qui a livello locale, potrà giocare un ruolo nel dopo pandemia. Come cristiani abbiamo il compito e la responsabilità di andare a bussare a tutte le porte, cercare il confronto e il dialogo con tutti”.

In queste ore da Israele giunge una notizia positiva nel campo della ricerca contro il Covid-19, sebbene molta strada resti da fare per trovare un farmaco (e un vaccino) che siano davvero efficaci nella lotta alla pandemia. L’Istituto per le ricerche biologiche israeliano (Israeli Institue for Biological Research, IIBR) avrebbe selezionato un anticorpo mono-clonale attivo ed efficace nella lotta contro il coronavirus. Dopo aver completato la fase di sviluppo, gli scienziati affermano che la produzione di questo anticorpo su scala globale è “possibile”.

Questa emergenza, confida Bernard Sabella, “a livello personale non mi ha stravolto la vita perché la gran parte del mio lavoro viene trascorsa davanti a un computer. Adesso esco sempre munito di guanti e mascherine, soprattutto quando vado a far la spesa o in farmacia. Di certo questo tempo è stato prezioso per riflettere, per capire che troppo spesso abbiamo dato per scontato quanto di bello abbiamo. Per fare un esempio - conclude - la possibilità di ricevere la visita dei nipoti e dare loro un abbraccio, come è avvenuto ieri. Nulla è scontato ed è bene tenerlo a mente”.

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