Le visite dei pontefici
La mole enorme di ghiaccio era li' davanti agli occhi, e c'era tutto il tempo di evitarla. La confusione, il panico, e forse anche la convinzione positivista che la tecnologia fosse invincibile non ressero al piu' semplice e imprevedibile degli errori: quello umano. L'equipaggio del Titanic vide in tempo l'iceberg che avrebbe affondato il transatlantico una notte della primavera del 1912, ma compi' un errore e il viaggio inaugurale da Southampton a New York si trasformo' in una tragedia per 1.517 passeggeri. La rivelazione, che a cento anni dal disastro getta nuova luce su quanto accadde nelle acque gelide dell'Atlantico, arriva da Lady Louise Patten, nipote dell'ufficiale in seconda Charles Lightoller, uno dei sopravvissuti, poi premiato come eroe di guerra per la battaglia di Dunkerque. Lady Patten, che e' anche figlia dell'ex ministro dell'Istruzione Lord John Patten, ha raccolto le memorie della propria nonna, con cui il marito si era confidato, e ha deciso di renderle pubbliche solo dopo anni di riserbo in un libro, "Good ad Gold".
Il viaggio del Titanic ebbe luogo in un periodo di transizione dalla navigazione a vela alla navigazione a vapore, e una parte dell'equipaggio proveniva dalla vecchia scuola. Se gli si chiedeva di dirigere la nave verso destra, ad esempio, loro erano obbligati a far ruotare il timone nella direzione opposta. La navigazione a vapore, invece, obbediva ad altre regole, le stesse che ci consentono di guidare l'auto: si muove lo sterzo nella direzione in cui si vuole andare. Questi due sistemi governo erano entrambi presenti nella nave, uno di fronte all'altro, e ad essi erano stati assegnati due diversi equipaggi. Ad avvistare per primo l'iceberg fu William Murdoch.
La notte del 14 aprile era limpida, anche se senza luna.
Ed e' rimasta sempre un mistero la ragione per cui nessuno vide quell'imponente montagna di ghiaccio. Un altro mistero ha avvolto quella notte stellata: il comandante Edward J. Smith aveva ricevuto un messaggio dal Baltic, in cui lo si avvertiva della proliferazione di iceberg nell'area in cui il Titanic stava navigando. A bordo della nave c'era, tra gli altri, Bruce Ismay, uno degli armatori e presidente della compagnia di navigazione "White Star". Smith passo' il messaggio a Ismay che, sembra, lo tenne in tasca per cinque ore. Nessuno dei due riferi' la cosa all'equipaggio.Quando l'iceberg apparve agli occhi dei marinai, a oltre tre chilometri di distanza, racconto' Charles alla moglie, panico e confusione si scatenarono nella cabina di comando. "Avebbero potuto evitarlo se non avessero compiuto un errore grossolano", ha detto Lady Patten. "La vera causa dell'impatto -ha spiegato- che il timone fu girato nel verso sbagliato". Ovvero, quando Murdoch, avvistato l'iceberg, diede l'ordine di virare a dritta, questo fu male interpretato dal timoniere Robert Hitchens che, ubbidendo al sistema della navigazione a vela, giro' verso destra invece che a sinistra. L'errore, anche se subito corretto, si rivelo' fatale, e la collisione non pote' essere evitata nonostante un'ultima virata a sinistra del Titanic.
La nave era ormai perduta, ma sarebbe stato possibile salvare molte vite umane. All'errore umano, in quel momento, si aggiunse una folle decisione presa lucidamente. Charles Lightoller racconto' alla moglie cosa accadde nella riunione tra gli ufficiali e Ismay sul ponte. Fu quest'ultimo a convincere il capitano a proseguire la navigazione, e per dieci minuti il Titanic continuo' a muoversi e, di conseguenza, a imbarcare acqua. "Ismay", ha spiegato Lady Patten, "temeva per i propri investimenti e per un danno di immagine alla compagnia. La nave piu' vicina era a quattro ore di distanza.
Se il Titanic fosse rimasto fermo, avrebbe potuto ricevere aiuto" prima di affondare.
Quanto a Charles Lightoller, l'ufficiale decise di ubbidire al proprio codice d'onore, e di non rivelare una verita' che avrebbe potuto distruggere la White Star, della quale era alle dipendenze, e i colleghi di lavoro. "L'unica persona a cui confido' la storia fu Sylvia, mia nonna", ha raccontato Lady Patten al Telegraph, "che mi descrisse con precisione come andarono le cose. Sebbene nessuno mi abbia intimato di dire nulla, mantenni per me cio' che sapevo. E mia madre voleva che il segreto restasse in famiglia: c'era in gioco la reputazione di un'eroe". (agi.it)
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