Le visite dei pontefici
di Luca Bianchin, addetto stampa di Rocco Crimi, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo Sport
Edinson Cavani è un ragazzo uruguaiano con un tiro niente male, tanta voglia di correre e un'intrusa nel nome di battesimo. La famiglia per lui aveva scelto Edison – come Thomas Alva, quello della lampadina – ma a un impiegato dell'anagrafe scappò una enne e la firma di Edi cambiò per sempre. Edinson era ed Edinson è rimasto, come i giornalisti sportivi hanno imparato a tenere a mente quando è diventato uno dei giocatori più forti del Palermo. A giugno, ad esempio, sulla Gazzetta dello Sport si è parlato di lui un giorno sì e l'altro pure. Un po' perché l'Uruguay lo ha convocato per il primo Mondiale della carriera, un po' perché l'Inter e il Napoli hanno messo il suo nome nella lista dei desideri per il calciomercato 2010.
Edinson poi è diventato un giocatore del Napoli e i giornali hanno speso un paio di pagine per raccontare chi è Cavani. Semplice, Edinson è sposato con Maria Soledad e ha un carattere clamorosamente introverso. Sorride, sa stare in gruppo ma non è il tipo che organizza scherzi alla Cassano. La parte interessante arriva quando gli si chiede perché, dopo i gol, esulti mostrando magliette con scritte come “I belong to Jesus” (“Io appartengo a Gesù”) e “Gesù ti amo”.
La risposta rischia di durare dieci minuti, perché Cavani è uno dei pochi calciatori che, se possono decidere, parlano di Dio e non di gol. E, a occhio, in tutta la Serie A ci sono al massimo dieci persone che farebbero la stessa scelta. Il caso-Cavani però sostanzialmente resta unico, anche se per i tifosi il collegamento calciatore-religione fa pensare ad altri nomi.
Il più scontato è Legrottaglie, il più appropriato forse Lucio, il più popolare probabilmente Kakà. Sono tre calciatori molto diversi ma, per un giovane tifoso, sceglierli come modello di vita fuori dal campo è comunque difficile. Legrottaglie parla sempre più spesso delle sue scelte impopolari – niente eccessi, niente donne, molta preghiera – ed è ogni giorno più sicuro di sé. Lucio guida il gruppo degli Atleti di Cristo con la faccia da duro che ogni capitano del Brasile dovrebbe avere. Kakà è il più conosciuto ma non può essere un esempio per tutti, un po' perché ha lasciato l'Italia, un po' perché un ragazzo di sedici anni gli sente dire di essere arrivato vergine al matrimonio e pensa “io non ce la farò mai”. In totale, tre calciatori compiuti, tre visioni sicure della fede.
Seguire i ragionamenti di Cavani è un po' più semplice: lui riflette ad alta voce sulla religione e dà sempre la sensazione di essere, semplicemente, un ragazzo che cerca risposte su Dio. Nel calcio non succede spesso: nelle interviste nove risposte su dieci sono preconfezionate, poco originali ma comunque decise. Il calciatore dubbioso è una specie poco diffusa. A Cavani invece capita di raccontare che, lui, vergine al matrimonio non è arrivato: “E' perché sono cambiato. Non sono cresciuto in una famiglia molto cattolica e fino al 2006 la religione non mi colpiva. Poi un amico mi ha spiegato qualche cosa e mi sono avvicinato”. A Edinson, soprattutto, capita di piangere quando gli si chiede di Dio. Le immagini si trovano da google – cercare “Cavani dritto al cuore” - e mettono quasi in imbarazzo: chi ha mai visto un calciatore che piange in pubblico, senza aver sbagliato un rigore o perso una finale di Champions League?
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