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Scienze/Nuovi studi e nuove ipotesi sull'eruzione del Vesuvio

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001



I pompeiani non furono uccisi dalla cenere ma da una spaventosa ondata di calore. La morte a Pompei, nel 79 dopo Cristo, non arrivò per soffocamento dopo una lunga agonia: al contrario, fu istantanea, causata dall'esposizione ad altissima temperatura (fino a 600 gradi) dovuta al passaggio di una nube ardente a bassa concentrazione di cenere ma di grande spessore, in grado di trattenere il calore fino a distanza notevole dal vulcano.

Un'ondata d'aria assassina che fa pensare a quelle causate dalle esplosioni nucleari. Sono le conclusioni alle quali sono giunti gli autori di un nuovo studio interdisciplinare sull'eruzione del Vesuvio: i vulcanologi dell'Osservatorio Vesuviano-Ingv Giuseppe Mastrolorenzo e Lucia Pappalardo e i biologi Pierpaolo Petrone e Fabio Guarino dell'Università Federico II.

La ricerca, appena pubblicata sulla prestigiosa rivista Plos One, svela i meccanismi dell'eruzione sulla popolazione di Pompei e degli altri siti investiti dall'evento e inquadra in una nuova prospettiva l'entità del rischio, l'estensione dell'area potenzialmente esposta e le precauzioni da adottare.

«I nuovi risultati — spiegano i ricercatori — dimostrano come nel caso di futura eruzione, il rischio per la vita umana potrebbe estendersi anche a distanze superiori ai 15 chilometri dal vulcano fino a oggi ritenute sicure». E concludono: «Questi nuovi dati confermano l'inadeguatezza dell'attuale Piano di emergenza e la necessità di estendere la zona rossa ben oltre gli attuali limiti». E cioè fino a tutta Napoli da un lato e a Castellammare dall'altro.

Su che basi sono fondate le affermazioni dei ricercatori? Il gruppo ha analizzato composizione e consistenza delle stesse ceneri vulcaniche e simulato l'avanzamento delle nubi ardenti.

Il risultato è stato che sono arrivate ben oltre il limite di Pompei, appunto 15 chilometri circa dal Vesuvio, finora considerato «estremo». Se non ci fu una strage anche a Stabiae, dove arrivò una folata di fuoco successiva a temperatura addirittura più elevata, è probabilmente solo perché intanto c'era stato il tempo di evacuare l'antica città.

I ricercatori hanno poi valutato la postura delle vittime e studiato le modificazioni subite dalle ossa. È risultato evidente, per esempio dalla loro posizione, che erano morti in un attimo senza quasi rendersene conto: basta pensare alla donna con un bimbo in braccio o all'uomo rimasto ucciso mentre era nell'equivalente della nostra toilette.

I resti degli scheletri umani e animali, infatti, presentano caratteri di esposizione a temperature altissime, confermate dall'analisi delle modificazioni subite dal Dna e da esperimenti effettuati in laboratorio su altre ossa animali. «Il parametro della pericolosità è dunque l'alta temperatura— spiegano gli scienziati— e l'area da evacuare in caso d'allarme è molto più estesa di quella considerata finora attribuendo la causa delle morti a ceneri e gas». «Inoltre è paradossale— puntualizza Mastrolorenzo— che la Protezione civile prepari i propri piani ipotizzando un'eruzione subpliniana, cioè meno pericolosa, del Vesuvio.

In geologia il passato è la chiave di lettura del futuro: l'eruzione descritta da Plinio il Giovane, e per questo definita pliniana, non fu forse quella del 79 dopo Cristo che uccise i pompeiani?».
(Corriere)

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