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Mafia/lo sfregio di cosa nostra all'albero di Falcone

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001



Uno sfregio alla memoria di uno degli eroi più amati. Una ferita inferta all'albero Falcone, la magnolia di via Notarbartolo 23 - indirizzo palermitano del magistrato ucciso da Cosa nostra - che da 18 anni si erge a custode del ricordo di Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e dei ragazzi della scorta morti con loro: Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. Qualcuno ha pensato di poter cancellare la forza di tanta storia spogliando la magnolia delle «reliquie» che migliaia di visitatori nel tempo hanno lasciato appese alle foglie della splendida pianta. Un gesto odioso, uno di quei gesti che di tanto in tanto vengono compiuti per cercare di minare la resistenza alla mafia di tanti siciliani onesti. Anche in questo modo Cosa nostra vorrebbe certificare la propria esistenza in vita e intimidire i cittadini che la contrastano. Conti sbagliati, perché da oggi altre centinaia di biglietti, messaggi, pensieri, ricordi e foto torneranno a ornare il maestoso ficus. «I ragazzi delle scuole - dice Maria Falcone, sorella del magistrato - sono già al lavoro e stamattina centinaia di giovani torneranno a stendere un cordone protettivo attorno all'albero che è il simbolo della legalità e dell'amore di questa città verso i propri martiri». Stando ad alcune testimonianze, il gesto vandalico sarebbe avvenuto sabato pomeriggio, quando il buio non era ancora arrivato. Sono state portate via la foto del magistrato e quella dell'agente Rocco Di Cillo che stavano proprio sul bordo del vaso. Rubato anche il lenzuolo bianco con la scritta: «Le vostre idee camminano sulle nostre gambe», uno dei primi manifesti realizzati dopo la strage di Capaci e lasciati sull'albero. La polizia sta cercando di capire se si tratta di una «operazione» organizzata oppure di una bravata di piccoli vandali. Sarebbe anche più sconfortante questa seconda ipotesi, perché testimonierebbe una pericolosa perdita di valori anche in ambienti non necessariamente condizionati dalla mafia.

E' un vero monumento, l'albero Falcone. Lo divenne spontaneamente in quel tragico mese di maggio del 1992, quando una folla di palermitani atterriti, indignati, addolorati si trovarono sotto l'abitazione di Giovanni Falcone senza essersi dati appuntamento. Da quel momento la magnolia ha ricevuto i ricordi, i pensieri, gli oggetti personali di migliaia di persone giunte da ogni parte del paese. Coppie di giovani spose hanno lasciato il bouquet matrimoniale, migliaia di studenti di tutte le regioni si sono fermati a scrivere, su biglietti improvvisati, soprattutto frasi di speranza: «Palermo accendi una luce», oppure con Pasolini: «Io so ma non ho le prove». L'albero, insomma, si è trasformato in un luogo della memoria condivisa e della non rassegnazione. Una specie di reliquario laico, qualcosa come - per i religiosi - l'altare di Santa Rosalia, nel Santuario di Montepellegrino, dove da sempre una umanità dolente ma speranzosa affida scritti e doni di ringraziamento. L'albero Falcone ha ospitato anche le frustrazioni dei senza voce: fossero cassintegrati alla fame o vittime della quotidiana ingiustizia. Ed è stato anche contenitore di proteste politiche, ogni qualvolta i governi hanno concluso la visita alla città con la sosta sotto la magnolia di via Notarbartolo. Ed è, l'albero, il luogo dove ogni 23 maggio, alle 17,58, data e ora della strage di Capaci, il trombettiere della polizia di Stato intona il silenzio per onorare le vittime della mafia. Anche per tutto questo, forse, su quel simbolo non si è registrato sempre il massimo della coesione. Certo, nel 1992 c'erano 150mila palermitani a piangere per Falcone, Francesca e per i ragazzi della scorta. Oggi non si registrano più quei numeri, ma l'albero resta un baluardo a difesa di chi non si arrende e anche un riparo per chi non riesce a dimenticare. Rosaria Schifani era la donna di uno dei poliziotti morti a Capaci e nel ‘92 era appena diventata madre di Manù. Ha voluto riportare la figlia a Palermo (era il quindicesimo anniversario),ma proprio davanti all'albero Falcone, alla domanda se tornerebbe a Palermo ha detto: «Manco morta, in questa città avverto forte l'odore della mafia».
(fonte La Stampa)

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