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Il messaggio "inattuale" di Francesco

Redazione
Pubblicato il 30-11--0001



Fino a poco tempo fa parlare di attualità del messaggio di Francesco sembrava un modo puramente convenzionale per rendere omaggio ad uno dei personaggi più affascinanti della storia dell'umanità. Era difficile metterlo a confronto con il modello di vita che si è imposto per tutto il secolo XX e che, più 0 meno consapevolmente, era presentato dai mezzi di comunicazione di mass a come ineluttabile. Oggi, almeno a giudicare dagli eventi che stanno segnando l 'inizio del nuovo millennio, sembra che non sia più così: è accaduto qualcosa che ci impone di guardare con altra disposizione al messaggio di Francesco.
In verità non si può negare che la storia ha emesso un altro dei suoi inappellabili verdetti, sancendo in modo perentorio la fine del libero mercato. Si badi bene, non intendo riferirmi al mercato tout court, in quanta sarebbe impossibile data l'attitudine naturale dell' 'uomo allo scambio, a cedere e acquisire beni allo scopo di appropriarsi di ciò di cui ha bisogno. Faccio riferimento piuttosto al libero mercato, cioè a quello tipico del capitalismo sfrenato, privo di regale e finalizzato al conseguimento dell' utile e del vantaggio economico ad ogni costa.
Quanto detto e ampiamente confermato dal Paese che ne ha fatto una sorta di idolatria, al punto di celebrarlo come l'espressione più alta del diritto alla libertà e come la condizione imprescindibile per la stessa democrazia. Gli Stati Uniti d' America., infatti, avvertendo che l'estensione del libero mercato su base planetaria potesse produrre una crisi economica irreversibile e di dimensioni incalcolabili, non ha esitato a legittimare 1 'intervento dello Stato in difesa delle banche, a sostegno dell'industria privata, a garanzia del welfare. Inoltre, ha introdotto in tutto il sistema finanziario precisi correttivi rivolti ad evitare che si sviluppi su basi meramente virtuali, secondo logiche interne e indipendenti da qualsiasi limitazione etica e sociale.
Quanto e accaduto, in vero, era già nelle previsioni di molti, poiché fin dalla prima crisi del petrolio si è preso coscienza che le risorse a disposizione dell' uomo sono limitate e che perciò occorre farne un uso responsabile per sottrarsi a1 rischio che siano sfruttate a vantaggio di pochi e a danno di molti, aumentando così le differenze tra il nord e il sud del mondo ed emarginando ulteriormente i poveri e i reietti. Tuttavia neppure i più pessimisti avrebbero immaginato che quanto accaduto potesse avvenire con tanta rapidità e in misura tanto estesa da investire sia l'economia che la finanza dell'intero pianeta.

Non per questo, ovviamente, si può dire che tutti si avvedano della gravità del momento e che siano disposti a ripensare i modelli di vita ispirati al consumismo più sfrenato. Ma molti ormai, quanto meno i più responsabili o quelli maggiormente colpiti, sono consapevoli che nulla è più come prima e che è assolutamente indispensabile guardare alla realtà con disincanto. Ebbene, questa, se la consideriamo come si presenta di fatto e non già alla luce delle immagini patinate e false che ne offrono i media, si presenta così squilibrata da richiedere a ciascuno di noi un radicale mutamento di prospettiva e un profondo cambiamento nei comportamenti.
Sotto questo profilo, senza dubbio, il messaggio di Francesco ha molto da dire. E' indubbio che non contiene terapie per far fronte alla crisi econornico-finanziaria e ancor meno è in grado di suggerire soluzioni appropriate contro l'uso spregiudicato della virtualità. Tuttavia ha molto da insegnare per quel che concerne il modo secondo cui porsi di fronte alla vita, per scoprire come debba essere vissuta e per restituire piena dignità a tutti gli uomini. Nello Specchio della perfezione si racconta che, mentre alcuni fraticelli erano impegnati a spiegare al cardinale Raniero Capacci a quali principi si ispirava il loro movimento, Francesco sia intervenuto piuttosto risolutamente dicendo: "Voglio che non mi si parli di nessuna regola, né di San Benedetto, né di Agostino, né di San Bernardo, né di alcun altro ideale e maniera di vita diverso da quello che dal Signore mi è stato misericordiosamente rivelato e concesso. II Signore mi ha detto che lo dovevo essere come un novello pazzo in questo mondo e non ci ha voluto condurre per altra via da quella di questa scienza". In queste parole qualcuno potrebbe cogliere una certa presunzione da parte del poverello di Assisi e potrebbe accusarlo di arroganza nel rivendicare l 'indipendenza del suo progetto da qualsiasi modello precostituito. Vi potrebbe inoltre ravvisare l'esplicito rifiuto di una tradizione ben consolidata nella Chiesa, in particolare quella rappresentata dalle grandi esperienze monastiche. In realtà, non c'e né l' uno né l'altro, ma semplicemente la dichiarata convinzione e l'esplicita attestazione di essere stato chiamato a incarnare uno stile di vita che non prevede la fuga dal mondo, che non comporta l'isolamento proprio delle pratiche ascetiche e devozionali tipiche di certi ambienti del Medioevo cristiano, ma una presenza attiva e operosa nelle strade del mondo.
Anzi, nel rivendicare la provenienza da Dio della sua professione di fede, Francesco compie un atto di umiltà, dando prova di essere semplicemente lo strumento di un imperscrutabile disegno che oltrepassa le sue stesse capacità di comprensione. Confessa, infatti, di non essere stato lui, con una propria risoluzione, ad incamminarsi sulla via del Signore, anche perché forse, da parte sua, avrebbe volentieri continuato a condurre la vita dissipata e disordinata che aveva caratterizzato gli anni della prima giovinezza. E' il Signore che ha compiuto il primo passo, rivelandoglisi e invitandolo a seguirne l'esempio. Cosi, nel dichiarare che 1 'iniziativa proviene da Lui, in qualche modo Francesco lo ringrazia e ne ce1ebra la lode.
A riprova, poi, che il Signore e l'artefice della sua scelta, vale la considerazione che lo ha fatto "misericordiosamente", vale a dire con un atto di compassione nei confronti della debolezza umana. In tal modo, si è rivelato come l' Altissimo, ma al tempo stesso ha dato prova di non aver esitato a volgere lo sguardo verso l'uomo e a liberarlo dai vincoli che lo tenevano legato alle attrattive del mondo. Occorre peraltro dire che il Signore non ha imposto nulla a Francesco, non lo ha obbligato a sottostare alla sua volontà: gli ha semplicemente rivolto un appello, come avviene per ogni uomo, e lo ha invitato ad accoglierlo. Con questo dono - perché altro non è, in quanto il Signore glielo ha concesso gratuitamente - gli ha aperto il cuore e gli ha dischiuso 1a via della felicità.
Francesco, da parte sua, poteva anche restare indifferente all'invito oppure poteva rifiutarlo, come avviene per molti. Ma ha preferito accettarlo. Si è cosi impegnato a non lasciare inaridire il dono che gli è stato concesso e lo ha trasformato in una scelta di vita, dedicandosi a renderlo fecondo, col farne partecipi quanti lo avrebbero avvicinato. Di fronte alla chiamata rivoltagli dal Signore, Francesco non ha dubbi sul modo più appropriato di rispondere; sa infatti che deve comportarsi come un "novello pazzo" sulla scena del mondo. E sarà tale, agli occhi dei suoi contemporanei, non tanto perché rifiuterà le abitudini, i costumi e i comportamenti allora dominanti nella sua Assisi, oppure perché si spoglierà delle ricchezze familiari dandole ai poveri e abbracciando i lebbrosi, ma perché pretenderà di riproporre l'esempio di Cristo tra gli uomini. La sua è una scelta che non ammette compromessi, poiché è rivolta a dare l' assenzo all' appello del Signore nel modo che è a lui più conforme, cioè adeguandosi interamente all'insegnamento della Sacra Scrittura. Del resto, a un gesto d'amore si risponde appropriatamente solo ricambiandolo, perché l'amore autentico altro non è che il desiderio di fondersi con chi si ama, in modo da fare di due anime una soltanto.
Cristo stesso ne ha data l'esempio: nel donarsi all'umanità al fine di riscattarla dal peccato, si è incarnato e ha abitato tra il popolo di Palestina fino alla morte in croce. Francesco, che ha compreso la forza eversiva di questo "scandalo", lo vuole riproporre, appunto vivendo da "novello pazzo" in tutti gli angoli della terra. Così quasi per ammonire i suoi confratelli affinché ne seguano le orme, nel testamento ricorda loro: “Lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del Santo Vangelo".
Ma, una vita vissuta nel segno di Cristo equivale a un inno di riconoscenza e di ringraziamento rivolta a Dio. In qualche modo, cioè, è una vita che ha le risonanze di una preghiera, non già proferita con le parole ma cantata a viva voce e testimoniata con gesti concreti. Per questo in ogni evento della vita Francesco sente la presenza del Signore: anche quando si tratta di una malattia 0 di una sofferenza, ritiene che gli sia proposta a fine di bene. La interpreta cioè come un'attestazione della misericordia e della benevolenza di Dio per l'uomo; per questa ne gioisce e ne trae motivo per ringraziarlo.
A Francesco non sfugge che la modalità più adeguata per riproporre il Cristo in terra sia quella di far dono agli altri dell'amore che lui ha ricevuto. E su questa condivisione d' affetti, su questa esperienza di carità che si fonda la fraternitas che cementerà i rapporti all'interno della sua comunità. La regola verrà dopo, quando il piccolo cenacolo di confratelli S1 trasformerà in un vero e proprio ordine mendicante. Anche allora, però, essa non servirà ad altro se non a ravvivare il vincolo che unisce coloro che ne fanno parte, non già a crearlo. Per il "poverello di Assisi", infatti, non si e confratelli perché si hanno abitudini di vita in comune o perché si e impegnati a diffondere uno stesso messaggio, ma perché si è scelto di condividere la testimonianza del Vangelo. Si è confratelli cioè in virtù del rapporto instaurato con Dio e in proporzione all'intensità con cui si fa del suo amore la ragione stessa dello stare insieme.
Del resto, I'altro che si dà nella luce della carità non ha la struttura di una realtà da conoscere, ma quella di un volta da accogliere. Perciò, indipendentemente dalla condizione contingente in cui si trova, viene riscattato e restituito alla sua dignità di uomo e viene reintegrato nello statuto ontologico di creatura. E Francesco; infatti, si rivolge ai poveri, agli emarginati., ai derelitti, perché vede in loro degli uomini, dei fratelli in Cristo. D'altro canto, essendo la sua vita improntata a11'idea del dono., essa trova la sua realizzazione nell'intercettare i bisogni degli altri, nel farsi carico delle loro necessità, nell'alleviarne le sofferenze, nel tergerne le lacrime. Pertanto, anche la condizione del povero, dell'emarginato, del derelitto, poiché ha in Dio la sua ragion d'essere, non è inutile, ma ha in se un valore che merita di essere rispettato. Di questo Francesco è ben consapevole: la pietas che gli riserva ne è una chiara testimonianza.
Per se "il giullare di Dio" non vuole nulla, perché non ha bisogno di nulla: ha il Signore nel cuore e questo è sufficiente ad appagarlo. La spoliazione di fronte al padre Assisi non è un atto di superbia né un gesto di provocazione: è solo un modo per restituire quello che ha avuto senza a1cun merito, è una maniera per mettersi alla pari degli ultimi del mondo. Equivale cioè ad attuare concretamente quel mutamento di prospettiva, per cui non sana i valori materiali, ma quelli spirituali, a far sì. che l'altro debba essere rispettato.
In questo ordine di considerazioni non è solo l 'uomo ad essere riscattato, ma l'intera rea1tà. In ogni aspetto, dal più grande al più piccolo, dal più bello al più brutto, essa porta in sé l'impronta dell'amore con cui è stata creata. Chi la contempla disinteressatamente e con occhio puro vi coglie l'ordine e la perfezione, di cui non può non ringraziare Dio. Cosi avviene per Francesco che gli rende lode attraverso le sue creature, così come fa per mezzo della propria vita.
Neppure nella natura., al pari di quanta avviene tra gli uomini, esistono gerarchie: perfino il fiore più umile e 1 'insetto più spregevole, che pure sembrano da rifiutare, hanno un valore, perché creati da Dio e inseriti ne1 suo progetto. Nella IOTO apparente insignificanza si rivelano la grandezza e l'incommensurabilità del gesto con cui l' Altissimo ha generato i1 mondo. Per questa anche nei loro confronti Francesco ha un fremito di commozione e trova motivo per levare gli occhi al cielo.
Alla luce di quanta detto, non è difficile comprendere lo sconcerto di frate Masseo, che chiede con insistenza a Francesco: "[ ... ] perché a te tutto il mondo viene dietro, e ogni persona pare che desideri di vederti e d'udirti e d'ubbidirti? Tu non se' bello uomo del corpa, tu non se' di grande scienza, tu non se' nobile; dande dunque a te, che tutto il mondo ti venga dietro?". E infatti quello stesso sconcerto che noi proviamo di fronte alle sterminate folle che si riversano su Assisi e in tutte le chiese del mondo per rendergli omaggio.
Sono mosse da pura curiosità, dalla seduzione di una moda, oppure anche oggi, come in passato, credenti e non credenti. sana attratti dal suo esempio? Sono ammirati.
dai gesti che ha compiuto e ne celebrano l'eccezionalità, oppure ambiscono a seguirlo? Per quel che lo riguarda, Francesco non ha né i requisiti estetici né le risorse mediatiche per costituire motivo di interesse. Non ha neppure le qualità che abitualmente si attribuiscono a un leader. Nonostante ciò, la sua figura continua ad affascinare le coscienze: forse nella testimonianza d' amore di cui ha dato prova attraverso la fraternitas è riposta la forza sovversiva che l' attuale momento storico richiede.
Occorre ribadirlo: Francesco non ha la pretesa di fare una rivoluzione; infatti, rifugge da proclami, non innalza bandiere, non propone ideologie. Ha di mira la conversione del cuore, auspica il ripristino di una scala di valori, sollecita un rinnovamento che investa prima di tutto 1a Chiesa, poi l'intera società. Non pretende di fare tutto ciò con gesti clamorosi, ma in silenzio, abbracciando gli ultimi, bussando alle porte dei potenti, facendo visita al sultana.
Nel mettersi in ascolto del mondo, sottolinea la necessità che l'uomo sia riportato al centro dell' attenzione e costituisca il fulcro della convivenza civile e sociale. Rec1ama che non sia al servizio delle istituzioni, ma le istituzioni siano funzionali alle sue esigenze; rivendica il carattere strumentale dell' economia e sol1ecita a impiegare la finanza per rispondere alle esigenze reali dell' uomo. Pone così le basi per un autentico umanesimo, capace di restituire all'uomo il diritto di essere protagonista delle proprie scelte e responsabile del proprio destino.

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