Le visite dei pontefici
Ancora una vita di san Francesco! si potrebbe esclamare aprendo questo libro». Così inizia la sua biografiastudio
Francesco D'Assisi (Einaudi), André Vauchez, lo storico medievista francese che ha profondamente
segnato e innovato negli anni Novanta gli studi sulla religiosità medievale con il suo saggio La santità nel
Medioevo (Il Mulino), tradotto in 17 lingue, nel quale ha ricostruito sapientemente la diffusione del culto
popolare dei santi e la risposta istituzionale che la Chiesa diede con la regolamentazione dei processi di
canonizzazione. Professore emerito di Storia medievale all'università di Parigi X - Nanterre, membro
dell'Institut de France e dell'Accademia nazionale dei Lincei, direttore della Revue Mabillon , André Vauchez
racconta a left la figura di Francesco.
Professore, Francesco si autodefiniva novellus pazzus , vale a dire non un giovane pazzo ma un "novello pazzo". Cosa intendeva?
Francesco usa questa parola riferendosi, in modo
più o meno consapevole, a san Paolo, alla follia della croce. A una pazzia che consiste nel voler vivere
secondo il Vangelo, prenderlo alla lettera e trasformarlo in vita. Lui non ha mai voluto creare un nuovo ordine
religioso ma una nuova forma di vita. Dice nel suo Testamento «haec est vita», questa è la vita. Questa è la
pazzia di Francesco, nel senso che il Vangelo era considerato bello, un ideale, ma non era vivibile nel senso
concreto del termine. E voler vivere così poteva sembrare ed era, in effetti, una forma di "pazzia", non di
dementia , ma di pazzia nel senso paolino. La pazzia della croce.
Lei scrive di un «mondo alla rovescia» di
Francesco. Un mondo senza denaro e senza proprietà, in cui prevalesse «una economia della povertà», una
società senza potere.
Sì, si ricollega alla pazzia di prima la cui "logica" è di andare contro la logica di questo
mondo che mira al potere e alla ricchezza. Francesco propone il contrario, l'opposto. Nell'abbandono di tutti
questi valori mondani si ritrova la vera libertà. In un mondo in cui tutti mirano alla ricchezza lui vuole diventare
povero, si "libera" dal peso del denaro e del potere. Questo è il suo mondo alla rovescia, una cellula
alternativa che fa tutto il contrario della società reale che corre dietro al denaro e al potere. Uomini
controsenso che provano a dimostrare che si può vivere senza tutto questo. Francesco poi va anche oltre.
Per esempio, dice che il povero costretto a mendicare è in una situazione migliore del ricco che dà perché lui
dà semplicemente dei soldi, quello che riceve invece chiede per amore di Dio. Ed è molto più importante
l'amore di Dio di quattro soldi. In questo senso c'è un rovesciamento delle posizioni anche a livello concreto,
in questo mondo, non nell'altro. Nel rapporto tra le persone. L'obiettivo del movimento francescano è di
dimostrare attraverso l'esperienza vissuta che questa vita "in senso contrario" è possibile, contrariamente a
quello che si dice e si pensa. È la proposta di una società alternativa rispetto a quella dominante.
Il potere per
Francesco è all'origine del male...
Sì, quando si parla di umiltà in Francesco c'è molta ambiguità.Si interpreta la
parola nel suo senso morale,
di essere gentili con tutti.
Si tratta invece di tutt'altra
cosa, di rifiutare il potere in
quanto questo diventa fonte di abuso, di strapotere e
di violenza. Uno che rifiuta
denaro e potere rifiuta la
violenza. Francesco diceva:
se uno riceve dei beni poi
deve difenderli ed entra in
quel processo di lotta violenta.
Quindi, il solo modo
di avere rapporti pacifici
con gli altri è di rifiutare il
denaro e il potere.
Per Francesco Dio è calore,
gioia, un fuoco che brucia ed
è ravvisabile soltanto attraverso
le sue manifestazioni
concrete, ha un approccio
molto carnale. Per parlare di
Dio, lei scrive, Francesco «si
serve degli stessi termini dei
trovatori quando si indirizzavano
alla dama dei loro pensieri,
attengono al registro
della gioia e della dolcezza».
Il suo discorso su Dio è
molto originale ed è legato
alla sua cultura che è laica,
proprio quella dei Trovatori.
Lirica e amorosa, ci sono
delle sensazioni concrete, il
fuoco, la luce… e questo non
solo è originale ma illustra
il suo rapporto con Dio che
è diretto e non ha bisogno delle solite mediazioni. Per
esempio, già la bellezza delle
cose basta a dargli la sensazione
di entrare in contatto
con Dio. Non si tratta di
panteismo ma di un contatto
con la natura creata da Dio
che consente un accesso privilegiato
a Dio. Attraverso la
contemplazione delle cose
traeva felicità, la realtà quindi
per Francesco non è un
ostacolo alla contemplazione,
come sostenevano molti
autori monastici dell'epoca.
Il rapporto si inverte: è attraverso
la mediazione delle
cose che si arriva a Dio.
Francesco abbandona la distinzione
tradizionale tra anima
e corpo che la spiritualità
monastica aveva ereditato
dalla filosofia antica e si situa
dalla parte del corpo delle cose.
È questa la grande novità?
Tutto il monachesimo medievale
è stato influenzato
dal neoplatonismo. Nella
tarda Antichità in effetti, la
tradizione cristiana aveva
subito l'influenza molto
forte del neoplatonismo
che, tramite Cassiodoro, Cassiano e altri autori, fu
tramandata all'Alto Medioevo.
Anche se si conosceva
Platone solo attraverso delle
traduzioni di seconda mano,
questi influssi neoplatonici
hanno molto segnato il monachesimo
non solo in epoca
carolingia ma ancora di più
a Cluny dove si sviluppò
un discorso sulle “gerachie
celesti” che deve molto allo
Pseudo Dionigi. E tutta questa
ideologia che equiparava
i monaci agli angeli sviluppava
una forte opposizione
tra carne e spirito, materia
e ragione, ecc. In Francesco,
invece, che era un laico e
non aveva alle spalle questa
cultura monastica, non si
trovano queste distinzioni
o contrapposizioni. Per lui
c'è frate corpo (così chiama
il corpo) e l'anima ma non
esiste una separazione tra le
due, nel senso che noi abbiamo
un'anima ma siamo un
corpo; quindi solo attraverso
il corpo possiamo avere
le sensazioni che abbiamo
e dunque il corpo è sempre
associato alla vita morale e spirituale. Questo non vuol
dire che non abbia trattato
duramente il suo corpo - alla
fine della sua vita si rimproverò
di aver trattato troppo
male “frate corpo” - ma egli
rifiuta addirittura la divisione
tra corpo e anima, contro
la spiritualità monastica che
invece vedeva nel corpo un
involucro nel quale l'anima
aspettava qua giù come in
un carcere di poter tornare
in cielo, la sua patria. Questa
non è assolutamente
l'idea di Francesco, per lui
anima e corpo stanno insieme
e la terra non è una prigione
ma solo l'anticamera
del paradiso.
Francesco semi analfabeta.
Uomo dell'oralità e del gesto,
cantava poemi in francese
ma scriveva in volgare
umbro e non voleva che lo
si correggesse. Che rapporto
aveva con la scrittura?
Questo è un discorso molto
lungo. È vero che Francesco
era un semianalfabeta, lui
stesso si definisce illiteratus
et idiota. Illiteratus nel senso
di colui che non sa il latino.
Francesco lo conosceva
poco (il suo latino era pieno
di barbarismi, come mostrano
i due biglietti autografi),
l'aveva studiato attraverso
la liturgia dopo la sua conversione
e quindi ne aveva
una conoscenza empirica e
parziale. Ma per lui la lingua
volgare era fondamentale.
Abbiamo poi il problema
del francese che all'inizio del
Duecento in Italia era un po'
l'equivalente dell'inglese per
i giovani di oggi, era la lingua
del canto, della poesia,
delle emozioni e Francesco
condivideva questa cultura
cavalleresca o di giullare che
era in gran parte in francese.
Il suo volgare era quello umbro.
Non era una lingua, solo
un dialetto, però era di tutti,
del popolo. La sua scelta di scrivere per esempio il Cantico
delle creature in volgare
è stata una scelta decisiva
perché era la prima volta
che uno si rivolgeva a Dio
per iscritto in volgare, non
diciamo in italiano ma in un
dialetto popolare che non
aveva ancora delle forme
fisse. All'epoca di Francesco
si scriveva solo in latino, che
scriva in dialetto è un atto
veramente significativo e lo
fa con l'idea di nobilitare e
di abilitare questo volgare e
farne un mezzo di espressione
per tutta la gente.
Elogiava la semplicità,
diffidava della tortuosità
delle parole degli intellettuali,
diffidava della “lingua
vacua”. Per lui si parla
di “parola nuova”.
Sì, è un tema a cui ritorna
spesso, nelle sue Ammonizioni
e nella Regula non
bullata. Francesco rivendicava
una coerenza tra la
parola e la vita: la parola ha
senso se si appoggia su di
una vita perfetta. Questa è
una vecchia rivendicazione
dei movimenti popolari,
già i valdesi nel XII secolo
avevano detto la stessa cosa:
la testimonianza a livello
del comportamento deve
andare di pari passo con la
parola. Predicare diventa un
discorso vuoto se non c'è la
testimonianza della vita. In
Francesco c'è una gran diffidenza
di fronte ai predicatori
del suo tempo che erano
contenti dei loro discorsi e
non si preoccupavano della
loro autenticità personale.
L'uomo per Francesco deve
cercare di stabilire con la
natura e con tutte le creature
una relazione “non violenta”…
deve ristabilire l'armonia
rotta dal peccato e restaurare
tra sé e la natura un rapporto
che non sia rovinoso ma
fraterno. Per lui, l'esclusione
è all'origine della violenza.
Questo è un tema fondamentale
in Francesco, illustrato
dalla ben nota storia
del lupo di Gubbio, sia che
sia un lupo vero sia che sia
un brigante. In entrambi
i casi si tratta di un personaggio
che è stato escluso
dalla società e perciò è
diventato violento. Il suo è
un discorso di inclusione:
l'uomo non solo non deve
essere violento con la natura
che lo circonda ma deve
ricercare l'integrazione
degli emarginati. Francesco
non si sente estraneo alla
creazione, non ha l'idea
dell'uomo che si impadronisce
del creato e lo rende
schiavo; certo, l' uomo è al
centro della creazione, ne
costituisce l'apice ma ne
è parte integrante, non se
ne distacca. Anche questo
andava contro la tendenza
dominante della teologia
e della filosofia medievale
che, con la scolastica, poneva
l'accento su una rottura
tra uomini e animali sulla
base della ragione, sottolineando
che gli uomini sono
degli esseri a parte e tutti gli
altri sono esseri inferiori.
Francesco invece non stabilisce
barriere tra uomini
e animali… e persino con le
pietre. Il desiderio di sfruttare
la natura a ogni costo
per Francesco è una forma
di dominio e questo certo lo
attualizza legandolo a tutto
il discorso ecologico.
Professore, un'ultima
domanda: non c'è santo
meno contestato e più
amato al mondo. Come mai?
Ci sono tante ragioni, anche
sbagliate. Nell'800 si è
fatto di lui l'inventore
della poesia e della pittura
rinascimentale e anche
dell'Unità d'Italia, interpretazioni
tutte sbagliate. Ma al
di là di queste, io penso che
Francesco è un personaggio in cui tutti possono riconoscersi.
Nel senso che, pur essendo
stato un uomo molto
religioso, la sua religiosità
non è legata a un'istituzione
ecclesiastica. Anche se fu
obbediente alla Chiesa di
Roma, non ha mai cercato
di creare un ordine, fatto
che gli è stato imposto dal papato. Lui voleva solo riportare
l'umanità a un senso
di fraternità con se stessa
e questo è un ideale che
possono condividere anche
le persone che non hanno
la sua stessa sensibilità religiosa.
E poi i suoi rapporti
con l'islam: se si analizzano
le due Regule, quello francescano
è il primo ordine
religioso che abbia avuto un
articolo speciale sul fatto di
andare a predicare il Vangelo
presso i saraceni. Il primo
ad avere il desiderio di uscire
dalla cristianità per andare
verso gli altri: questo è un
aspetto nuovo. Francesco
stesso, e sappiamo cose
precise sul suo incontro con
il sultano d'Egitto, mostra
un grande rispetto di fronte alle credenze altrui. Non dice
male di Maometto, cerca
il dibattito. Si comporta in
un modo originale quando
dice nella Regula non bullata
che i Frati che vanno
nei paesi dell'islam possono
o predicare il vangelo, se
il contesto è favorevole, o
starci senza fare proselitismo,
testimoniando di
essere cristiani attraverso
il loro modo di vivere. Questa
è una vera rivoluzione
mentale e quel passo verrà
soppresso nella Regula
bullata del 1223. Per Francesco,
non si tratta più di
combattere contro le altre
religioni ma di portare una
testimonianza di fede e di
amore condividendo la vita
degli altri.(Left)
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