Le visite dei pontefici
Testimonianza evangelica
L'ideale che si apre davanti a Francesco non è tanto la “vita apostolica”, ma “seguire le orme di Cristo”, rivivere e attualizzare nella sua vita la esperienza di Cristo. Francesco segue Cristo e per questo, vuole andare dove Cristo andò e fare quello che Cristo fece. Cristo gli comunica il suo modo di amare, e lo spinge a servire gli altri in un cammino di spogliazione e di umiltà, lontano da qualsiasi calcolo interessato. Francesco incontra la missione nel cammino di sequela, come un momento, un aspetto di questo itinerario. L'annuncio esplicito sarà sempre per lui solo un momento della ricerca di identificazione con Cristo.
La opzione apostolica di Francesco ci conduce al nodo della sua esperienza spirituale: “seguire le orme di Gesù, desiderio ultimo della sua vita. E se Cristo è “l'uomo per tutti”, Francesco comprende che “lui non deve più pensare a se stesso, ma sentirsi obbligato a portare agli uomini il bene che aveva ricevuto” (L. Iriarte).
Lo scopo primario e fondamentale è sempre l'incontro con Cristo e il suo Vangelo, dal quale nascono e crescono tutte le altre scelte.
Siamo di fronte a un principio fondamentale della spiritualità della missione: quello che motiva la missione è un profondo amore, una profonda passione per Cristo che conduce a una profonda passione per tutti gli uomini.
Testimonianza del segno
La missione come espressione dell'essere prima del fare, da pienamente ragione della visione che Francesco aveva della missione. Quello che realmente preoccupava Francesco, non era tanto la “azione apostolica”, ma la vita secondo il Vangelo. Che i fratelli fossero testimoni viventi di quello che è una vita trasformata del vangelo: questo era il suo vero ideale. La azione apostolica poteva scaturire come conseguenza e doveva essere sempre espressione della vita evangelica.
L'esempio o la testimonianza, come si direbbe oggi, di una vita realmente evangelica è il primo aspetto della missione francescana, e deve evidenziarsi lí dove i frati vivono e lavorano. Per questo, l'esempio ha un valore superiore alla stessa predicazione. E S. Francesco ricorderá spesso ai suoi frati di essere testimoni del Vangelo con la vita, prima che con la predicazione. É la vita che parla: “Tutti i frati, predichino con le opere” (Rnb. 17).
E ancora, con una espressione che riassume lo spirito della missione, S. Francesco dirá che siamo “Madre de Gesù” se lo portiamo nel nostro cuore e nel nostro corpo con l'amore e la pura e sincera convinzione, generandolo con le sante opere che devono risplendere come esempio per tutti. La attività specifica, che all'inizio del movimento minoritico era in particolare la predicazione, veniva dopo.
Questo concetto emerge anche nella Regola non Bollata nel capitolo riguardante i frati che vanno tra saraceni e gli altri infedeli: “I frati poi che vanno fra gli infedeli, possono comportarsi spiritualmente in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani. L'altro modo è che, quando piaccia al Signore, annunzino la parola di Dio perché gli infedeli credano in Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo.” (Rnb. 16)
Dare testimonianza è qualche cosa di molto de più di un sempilice insegnamento dottrinale o morale: l'evangelizzazione è annuncio della parola che conduce alla esperienza di fede e introduce l'ascoltatore in un cammino di conversione, di incontro con Cristo. Questo annuncio può essere fatto solamente dopo la esperienza con Cristo e con la forza dello Spirito.
Da tutto questo scaturisce una conseguenza importante: nella vita consacrata l'essere segno precede il servizio specifico e pratico che come religiosi possiamo e dobbiamo offrire.
Testimonianza fraterna e creativa
L'importante è la fedeltà al carisma, alla nostra “forma di vita”, cioè, alla nostra particolare esperienza di Cristo, alla nostra vita evangelica fraterna e povera. Da qui un dato importante: la fraternità è soggetto della missione. Questo implica innanzitutto, che il servizio apostolico dei frati deve essere sempre comunitario e realizzato a nome della comunitá. Questo non significa che nella comunità tutti debbono svolgere lo stesso tipo di apostolato, ma che la fraternità conventuale viva unita il dono e l'impegno della missione.
Inoltre,é da tener presente che ogni attività dei frati minori è a favore del Regno di Dio, deve realizzarsi sotto il segno dell'amore fraterno, cioè nello spirito dell'amore di Cristo, fino a donare la vita. Nella attivitá apostolica ci sono dei valori fondamentali che devono caratterizzare il modo di relazionarsi e di trattare con le persone: la compassione, la misericordia, il rispetto; saper scoprire la bontà que c'è in tutte le persone, non escludere nessuno, favorire la misericordia sulla giustizia.
Un ultimo aspetto che deve caratterizzare la nostra attività è che, non solo dobbiamo vivere e agire come fratelli, ma anche trasformarci in promotori e costruttori di fraternità e di comunione a partire da un atteggiamento di rottura con quelle situazioni che, nella pratica, negano la universale paternità divina e la universale fratellanza.
Il frate deve testimoniare a tutti l'amore di Cristo, però deve privileggiare i piú piccoli, quelli che nessuno apprezza: gli emarginati, i diseredati, i disprezzati, gli indifesi, gli oppressi. Senza ricerca di ricompensa materiale o gratificazioni che soddisfino il prestigio personale. Sentirsi servi inutili: ricordare che siamo solo strumenti dei quali il Buon Pastore vuole servirsi.
In questa ottica é importante ricordare che lo spirito di minorità è sempre spirito di obbedienza: alla Chiesa, e ai superiori. “Nessun frate predichi contro la forma e le prescrizioni della santa Chiesa e senza il permesso del suo ministro”. (Rnb. 17.) (Segretariato generale per l'Animazione missionaria)
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