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Esteri/Tunisia, ancora violenze: la moglie di Ben Alì è scappata con 1,5 tonnellate d'oro

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001



Mentre la tensione nel Paese resta alta (anche se secondo il sito web della Bbc, il primo ministro tunisino Mohammed Ghannouchi ha detto domenica che è stato raggiunto un accordo con le forze di opposizione per formare un governo di unità nazionale, che aprirà «una nuova pagina nella storia del paese»), si svelano i retroscena della fuga della famiglia dell'ex dittatore Ben Alì. La moglie del deposto presidente tunisino, Leila Trabelsi, venerdi scorso avrebbe lasciato il paese con 1,5 tonnellate d'oro per un valore di 45 milioni di euro, stando a quanto scrive nella sua edizione online il quotidiano francese Le Monde citando fonti dei servizi segreti francesi. Secondo informazioni raccolte a Tunisi, visto che la situazione stava precipitando la donna venerdi scorso si sarebbe recata alla Banca centrale a Tunisi per farsi consegnare dei lingotti d'oro. Al rifiuto del governatore, la first lady avrebbe allora chiamato il marito. Questi in un primo momento si sarebbe detto contrario ma poi avrebbe ceduto alla richiesta. «Sembra che la signora Ben Ali sia partita con l'oro, 1,5 tonnellate d'oro, e cioè circa 45 milioni di euro», hanno detto le fonti al quotidiano. Leila Trabelsi sarebbe poi partita per Dubai da dove con un altro aereo avrebbe raggiunto Gedda, in Arabia Saudita, dove nella notte è arrivato anche il marito dopo la sua precipitosa fuga dalla Tunisia.

ANCORA VIOLENZA - Intanto la Tunisia sta lottando con tutte le sue forze per non finire nel baratro del caos mentre a Tunisi domenica si è sparato per ore e l'esercito ha circondato il palazzo presidenziale di Cartagine dove si sono asserragliati uomini della Guardia presidenziale, fedeli a Ben Ali. Tenta di resistere la Tunisia dei civili che si sono organizzati per l'autodifesa dalle bande armate che imperversano nel Paese, sparando e organizzando rapine e saccheggi. Tenta di resistere la Tunisia delle istituzioni, che vuole salvare il Paese nel rispetto della Costituzione ma sa che gli è rimasto davvero poco tempo per frenare la deriva con un governo di unità nazionale, unica riposta possibile alla crisi in cui in è caduto il Paese. E vuole resistere soprattutto la Tunisia di quel movimento che in queste settimane si è formato dal basso, innescato sì dal gesto estremo del giovane Mohammed che si è dato fuoco a Sidi Bouzid, e alimentato sì dall'esasperazione di tanti giovani disoccupati come lui, ma che si è trasformato ben presto in movimento per la libertà, la dignità della nazione e la fine della dittatura.

NUOVO GOVERNO - Le forze sane delle istituzioni e quelle dell'opposizione stanno cercando una mediazione per definire la lista dei ministri del governo di unità nazionale, la cui composizione come detto verrà ufficializzata oggi. Si è saputo che tre leader dell'opposizione dovrebbero entrare nell'esecutivo: secondo alcune fonti, Najib Chebbi, fondatore del partito di opposizione Pdp, sarà ministro per lo sviluppo regionale, Ahmed Ibrahimi, leader del partito Ettajdid, avrà la responsabilità dell'istruzione superiore mentre a Mustafa Ben Jafaar, leader dell'Unione per la libertà e il lavoro, avrà il ministero della Salute. Ci saranno anche alcune conferme. Ahmed Friaa, nominato ministro dell'Interno al posto del destituito (e secondo Al Jazeera arrestato) Rafik Hadi Kacem resterà al suo posto così come Kamel Morjane, ministro degli esteri nel governo del deposto Ben Ali.
CAMPO DI BATTAGLIA - Mentre la battaglia attorno al palazzo presidenziale continuava a infuriare, si è avuta notizia di altre violenze. Kaies Bel Ali, fratello del deposto presidente sarebbe stato arrestato nel pomeriggio di domenica alla periferia di Tunisi assieme a quattro poliziotti che, cercando di coprire la sua fuga, avrebbero aperto il fuoco uccidendo quattro persone e ferendone altre 11. L'Avenue Bourghiba, nel centro della capitale, domenica si è trasformata nuovamente in un campo di battaglia tra presunti miliziani delle forze di sicurezza di Ben Ali da una parte ed esercito e polizia dall'altra. Con i blindati che percorrevano il viale, davanti a quel ministero dell'Interno dove probabilmente si trova ancora in arresto il capo della sicurezza di Ben Ali, il generale Ali Seriati, vero leader delle milizie fedeli al vecchio leader, che continuano ad alimentare la rivolta. Non vi sarà «alcuna tolleranza» nei confronti di chi semina il caos, ha detto domenica sera il primo ministro Mohammed Ghannouchi parlando in tv. «Abbiamo arrestato un gran numero di bande criminali che cercano di seminare il caos - ha aggiunto - Le forze dell'ordine, l'esercito, la polizia e la guardia nazionale stanno facendo un lavoro enorme per garantire la sicurezza della nazione e dei cittadini». Ma non ha voluto dire, Gannouchi, se i criminali di cui parlava siano proprio gli uomini di Seriati, che oggi comparirà davanti ai giudici. Insomma, è la legalità che deve vincere. Domenica è finito in manette Murad Trabelsi, cognato dell'ex presidente, all'indomani della morte di un nipote della ex first lady, Imed. La legalità deve vincere sul piano politico. Questa è la scommessa del Partito Democratico Progressista di Chebbi, il leader più in vista dell'opposizione, che nel 2009 tentò inutilmente di candidarsi alle presidenziali. Proprio mentre lui era impegnato nei colloqui per il governo, la polizia fermava un taxi carico di armi davanti alla sede del Pdp, sparando colpi in aria e compiendo arresti. Il problema della sicurezza è un incubo non solo per i tunisini, ma anche per gli stranieri che vivono in Tunisia o che stanno cercando di lasciare il Paese. Da domenica più voli e anche navi sono a disposizione degli italiani che preferiscono rientrare. Resta difficile la situazione del Circo Bellucci, che vede tra le sue file un centinaio di persone, bambini inclusi, bloccato a Sfax. Ma la Tunisia ancora domenica sera guardava soprattutto alla battaglia di Cartagine, che potrebbe segnare una svolta nei rapporti di forza fra i fedelissimi di Ben Ali e quell'esercito che si era rifiutato di sparare sulla folla.(Corriere)

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