Le visite dei pontefici
Parla Balducchi, l'uomo che nell'84 firmò la «resa» dei terroristi Dall'utopia della lotta armata all'impegno per gli ex detenuti
«Quando esci dal carcere hai bisogno di vedere il cielo. Un bisogno fisico, dopo tante ore passate tra quattro mura. Cerchi la luce, respiri finalmente libertà, non vuoi avere ostacoli attorno. Così, quando nel 1985 ho finito di scontare la mia pena, ho cercato un lavoro che mi offrisse questa opportunità. E sono riuscito a farmi assumere in un'agenzia di pony express ». Ernesto Balducchi lavora ancora nel ramo, anche se adesso sta dietro la scrivania del suo minuscolo ufficio nel centro di Milano, «comprato – ci tiene a precisare – con un mutuo di quindici anni»: è titolare di Radio Service, un'agenzia di consegne rapide che dà lavoro a dieci persone, tra cui due ex detenuti. Anche lui è un «ex»: arrestato il 20 dicembre 1980 con l'accusa di partecipazione a banda armata, detenzione di armi da guerra, rapina e concorso morale nel ferimento di un dirigente della Breda, è uno dei leader storici dei CoCoRi, i Comitati Comunisti Rivoluzionari, una delle più combattive formazioni degli anni di piombo.
Dopo quattro anni di prigione, il 27 maggio di venticinque anni fa scrisse dal carcere di San Vittore una lettera al cardinale Martini, allora arcivescovo di Milano, preannunciando la consegna dell'arsenale militare che stava nelle mani dei CoCoRi. Pochi giorni dopo, la mattina del 13 giugno, un giovane bussa alla porta dell'Arcivescovado in piazza Fontana e consegna al segretario del cardinale tre borse piene di pistole, bombe a mano, kalashnikov e persino un razzo per bazooka. «Chiamai il prefetto, che ebbe paura che tutto quell'esplosivo potesse far saltare il palazzo – ricorderà dopo molti anni il cardinale –. Invece era un segno forte di resa». Un segno anticipato dalla lettera di Balducchi e condiviso da molti detenuti politici che volevano dissociarsi dall'utopia rivoluzionaria di stampo leninista pur restando distanti dai lidi del pentitismo.
I terroristi scelgono di rivolgersi al capo della Chiesa ambrosiana, considerato come un interlocutore attento dell'universo carcerario, in particolare di coloro che vogliono chiudere una stagione di sangue e aprire un nuovo rapporto con lo Stato. «Questo è il segnale – si legge nella lettera indirizzata a Martini – che affidiamo alle sue mani per la ripresa del dialogo, interrotto dalle nostre gesta nel clima di scontro degli anni scorsi, tra tanti giovani e le 'forze per la vita' di questa città. Siamo certi che sarà in buone mani». Balducchi conclude firmandosi «suo in Cristo attraverso l'uomo». «Non era una boutade: mai rinnegate le mie radici cattoliche – spiega oggi –. Mi sono fatto pure cinque anni al seminario minore del Pime di Milano, poi la vita mi ha portato per altri sentieri. Ma in quegli anni ero convinto di fare la cosa giusta. Una convinzione che si è arresa nell'impatto con la realtà che andava in una direzione diversa da quella che avevamo immaginato. Non c'è da dire altro: abbiamo sbagliato». E og¬gi cosa dice a quei giovani che ancora accarezzano l'idea della lotta armata? «Le democrazie moderne hanno reso anacronistico il leninismo come teoria e prassi del cambiamento, che oggi non può più essere credibile. Questa gente che ancora s'illude guardi a quanto è successo nell'Europa dell'Est, ascolti coloro che vivono nei Paesi dove il leninismo aveva vinto. Cosa rimane? Nulla». Non vuole sparare sentenze sulla tragica morte della brigatista Diana Blefari, ma osserva che «l'aumento dei suicidi in carcere è il frutto avvelenato di una condizione di invivibilità, a cui in certi casi si aggiunge il crollo di vecchi riferimenti ideologici che provoca un drammatico vuoto esistenziale».
Balducchi riconosce che la storia ha sconfitto l'utopia rivoluzionaria, ma lui non si sente un fallito. Tutt'altro. A suo modo, continua a lottare. Da quando ha lasciato San Vittore, la sua vita va in un'altra direzione, continuando però a fare i conti col passato. L'ex terrorista divenuto pony express, nel 1986 si è messo in proprio e ha aperto la Radio Service, agenzia di consegne rapide dove sono transitati decine di ex detenuti, tra cui anche alcuni compagni di militanza. «Nei primi tempi eravamo sotto stretta sorveglianza. Quando ho iniziato l'attività, fuori dall'ufficio stazionava la Digos: temevano che potessi usare i ponti radio dei pony (allora non si lavorava con i cellulari) per organizzare qualche altra 'impresa'. Poi hanno toccato con mano che non c'era niente di losco. Anzi, davo un'occasione di riscatto a tanta gente che usciva dal carcere e voleva rifarsi una vita».
Le storie dei reduci dalla galera passati dalla sua piccola società sono altrettante conferme di quanto sia decisivo il lavoro per evitare di ricadere nel buco nero del crimine. «Solo due sono tornati a delinquere: una rapina, ma l'hanno fatta di domenica, quando eravamo chiusi. Insomma, non ci hanno messo nei guai». I dati dimostrano che tra quanti hanno svolto attività lavorative durante la detenzione, il tasso di recidività è di gran lunga inferiore rispetto alla media. «E quando si esce, il lavoro è la migliore terapia. Il pony express, in particolare, è in un certo senso un mestiere ideale: non è richiesta una particolare professionalità, e permette a chi è stato per anni nel chiuso di una cella di andarsene in giro per le strade».
Il lavoro come strumento privilegiato per ricominciare dopo avere sbagliato, per dimostrare a se stessi e alla società che gli errori commessi non sono l'ultima parola, per ritrovare la dignità di essere uomini, per guardare la vita a testa alta, per tornare a sperare. Parlerà di questo, Ernesto Balducchi, in uno dei quattro appuntamenti in calendario nel corso promosso da Incontro e presenza, l'associazione che opera per favorire il reinserimento sociale dei detenuti (vedere box). Lui è uno dei soci fondatori. Non si sente un 'ex', si sente una persona che vuole continuare a essere protagonista della sua esistenza. Guardando avanti, ma senza dimenticare chi si è smarrito lungo la strada. Per dare a tutti una possibilità di ricominciare.
Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.
Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA