francescanesimo

San Francesco in Dante e Giotto, il 'doppio ritratto' di Massimo Cacciari

Redazione online Archivio Fotografico Sacro Convento - Panini
Pubblicato il 30-11--0001

“Doppio ritratto” di Massimo Cacciari, è un’opera che non deve trarci in inganno. All’apparenza semplice e leggera nell’affrontare la vita di Francesco attraverso lo sguardo di due delle figure più importanti della nostra storia, ma nella sua struttura si svela come un lavoro profondamente critico, con dei complessi rimandi culturali ed un linguaggio che si muove, alternandosi, tra il piano filosofico, logico e teo-logico. Dalla poetica di Dante alla pittura di Giotto, il filosofo Cacciari (docente di estetica all’università San Raffaele di Milano) presenta la figura di San Francesco, il suo aspetto umano e storico, la sua rivoluzione ideologica incentrata il quella figura Christi che sarà sempre il punto cardinale della vita e delle opere del Santo. Figura essenziale nel promuovere quel valore altissimo che è la Povertà (paupertas), non più come semplice spoliazione di tutti i beni terreni e superflui, ma come simbolo della nudità del Cristo e come complemento della laetitia.


Scrive Cacciari: “Non si odiano i beni terreni per la loro vanità, per la loro fugacità e inconsistenza. Questo sarebbe ancora l’atteggiamento del sapiente. Né si rinuncia loro per la pace della contemplazione. Farsi poveri significa liberarsi per poter perfettamente amare. Essere solo nella relazione all’altro, nell’esodo all’altro, da nulla trattenuti in sé. Povertà diviene,allora, la ricchezza di esperienza, curiositas anche […] la condizione indispensabile per poter accogliere in noi ogni volto, ogni incontro, ogni ente sub specie aeternitas”.



Laetitia
consiste nel godere di Dio (frui Deo) e dell’Opera da lui creata e rendersi “minori” fra gli uomini è l’unica strada che conduce alla vera ricchezza. Colui che segue con devozione le parole di Francesco deve avere la forza di essere felice anche nelle situazioni più difficili.  “Questo è l’imperativo più arduo da seguire – ci avverte l’autore – ma Francesco non ha dubbi: il minore deve essere lieto. Se il suo volto non esprime perfetta hilaritas, egli non è veramente povero: «omne frates…debent gaudere» e proprio quando si mescolano a «infirmo set leprosos»”.



Per Cacciari, la visione dantesca manca proprio di questo aspetto, di questa letizia e umiltà. Dante mette in risalto la forza, la tenacia con cui Francesco si è posto contro il Papa, al contrario di Giotto che ne traccia invece, nei suoi dipinti della Basilica, i contorni di quel Modello universale che Francesco rappresenta per Assisi, per la Chiesa e per il mondo intero.



Massimo Cacciari ha così, brillantemente, indicato la profonda spaccatura e divergenza che intercorre tra Dante e Giotto, tra i due “fabbri del parlar nostro”.
(M. Cacciari Doppio Ritratto, Adelphi, 2012, pp. 88)

Marco Martellini

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