francescanesimo

La famiglia Francescana in festa per le nuove professioni

Redazione
Pubblicato il 29-08-2020

L'Omelia del custode del Sacro Convento di Assisi, padre Mauro Gambetti, per la professione semplice di 11 nuovi frati

Oggi la nostra comunità del Sacro convento di Assisi è in festa per la professione di questi nostri fratelli:

Fra Erik matejak

Fra Mateo Vujčič

Fra Damiano Maria Castagna

Fra Federico Fioroni

Fra Fabio Dionigi Piola

Fra Roby Giuseppe Zanzi

Fra Massimiliano Cola

Fra Alessandro Maria D'Antoni

Fra Alberto Barbaro

Fra Carmelo Maria

Fra Raphaël Garbay

La professione è avvenuta oggi 29 Agosto 2020 alle ore 11:00 nella Basilica Papale di San Francesco in Assisi. Unitevi a noi spiritualmente nel giorno del loro "si" al Signore, accompagnandoli con la preghiera. Che Dio li benedica!

È la testimonianza che ci caratterizza come consacrati. Con l'orizzonte della vita che diventa esempio si è conclusa la riflessione omiletica del Custode del Sacro Convento padre Mauro Gambetti, che ha presieduto la celebrazione Eucaristica. Qui il testo integrale della sua riflessione:


"Cari fratelli, oggi è un giorno di letizia che ci fa dimenticare le fatiche di un anno molto intenso, di prova. In particolare, il travaglio dell’ultimo mese per noi è stato un vero e proprio preludio al parto che, come sappiamo, porta con sé il dono inestimabile di una vita nuova. Anche se in forma limitata (per ovvi motivi), con gioia insieme ai vostri familiari si stringono intorno a voi la fraternità del Sacro Convento e l’intero Ordine, qui rappresentato da diversi confratelli, in particolare dagli Assistenti generali – che vi fanno giungere anche la vicinanza e l’augurio del Ministro generale, fra Carlos – e dai Ministri che vi riceveranno all’obbedienza per le rispettive giurisdizioni.

Dimentichiamo le fatiche, ma non il debito di riconoscenza dell’amore vicendevole, verso di voi che avete vissuto con impegno e generosità la vita e il servizio nella fraternità del Sacro Convento, e verso quanti vi hanno accompagnato, in special modo il Maestro, fra Francesco, e fra Graziano, suo coadiutore.

Nella memoria liturgica del martirio di Giovanni Battista, la Parola che abbiamo ascoltato ci invita a riconsiderare attentamente la vocazione ricevuta e rinnova per ciascuno il mandato della testimonianza.

La prima lettura è tratta dal libro del profeta Geremia. Nato in un paese vicino a Gerusalemme intorno al 650 a.C., in un periodo di crisi sociale, politica e religiosa simile a quello attuale, Geremia riceve la missione di comunicare tutto quello che Dio gli ordinerà. Egli riceve l’assicurazione di un’assistenza divina e matura la consapevolezza di essere conosciuto fin dal grembo materno, così che può affrontare la vita con ottimismo, entusiasmo, abbandono fino all’ingenuità: se Dio è con me tutto mi andrà bene. Il brano letto poc’anzi ci offre uno spaccato di questo stadio della vita del profeta, che mi pare si possa accostare, in parte, anche all’esperienza vissuta da ogni fedele in alcuni momenti dell’esistenza e da voi, fratelli che vi accingete a professare la Regola. Ripercorro brevemente il testo.

Stringi la veste ai fianchi: al tempo di Geremia, la tunica veniva alzata e inserita nella cintura quando si doveva lavorare o correre, per non avere intralci. Metaforicamente, ci è chiesto di fare così in alcuni momenti della vita e, secondo me, oggi è richiesto a tutti per superare l’attuale crisi epocale. Certamente, durante l’anno il Maestro vi ha chiesto più volte di stringere la veste ai fianchi: mettere da parte gli orpelli, togliere il superfluo – dal punto di vista materiale, ma anche emotivamente, psichicamente e spiritualmente – e restare con l’essenziale, come ha fatto Francesco.

Alzati: non restare seduto, accomodato nel tuo piccolo mondo di fatto di schemi, ragioni e sicurezze inutili e sii pronto a muoverti, vigilante, portando il tuo sguardo lontano, oltre, in particolare oltre te stesso, per non restare imprigionato nelle pastoie delle gratificazioni dell’io. Alzati!

Dì loro tutto ciò che ti ordinerò: cioè pronuncia il tuo: eccomi, sono qui, sono testimone; e non dire quello che tu pensi o senti o credi, ma quello che Dio ti ha detto, cioè il dono di grazia ricevuto, la salvezza che ti ha raggiunto, l’amore che è da sempre e per sempre, per te… e per tutti. È il cuore dell’esperienza del noviziato, che ciascuno di voi ha fatto quando ha consegnato sé stesso a Dio Padre ed ha deciso di sé, come fu per Francesco. Dal Padre, scaturisce la Parola: non spaventarti. Credo che in virtù di questo atto di abbandono abbiate chiesto di fare la professione, pieni di zelo e di passione, come Geremia. Ciascuno si è fidato, affidato, e ha vinto la paura.

Geremia, però, conoscerà poi l’ostilità, il rifiuto dei connazionali, fino ad essere imprigionato, e si ribellerà. Non possiamo percorrere l’intera vicenda del profeta, ma questo snodo credo che debba essere menzionato, perché somiglia tanto al nostro vissuto condensato in quest’ultimo, bellissimo, mese di agosto e può essere illuminante anche per il futuro. Il profeta, emarginato, minacciato, accusato di tradimento prova paura, terrore. Sembra che la Parola di Dio degli inizi della sua vocazione: non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura, si sia poi realizzata. Sarò io a farti paura. Pensate a quanta paura ci ha fatto o ancora ci incute il Covid 19. Come mai? Chi ci fa veramente paura? Perché? Al capitolo 12, nella difficile situazione in cui si trova, Geremia sarà nuovamente invitato ad affidarsi, nel silenzio, alla dura risposta della fede: Se correndo con i pedoni ti stanchi, come potrai gareggiare con i cavalli? (12,5). Se fai fatica ad affrontare serenamente un virus, cosa accadrà quando dovrai affrontare la sofferenza, in specie quella inflitta dal tradimento, dalla cattiveria, dalla presunzione di qualche potente?

Con la professione religiosa, state per fare una compiuta professione di fede: il Signore è la mia salvezza! È la professione di fede di Francesco, che non a caso firma con un tau. Come non è un caso che il nostro signum magnum sia l’abito a forma di croce che indossiamo. Siamo rivestiti della croce di Cristo, che continua a ripeterci: io sono con te per salvarti. Non temere! Ricordatevelo. Per sempre.

Con la professione religiosa ricevete anche il mandato di offrire al mondo la vostra bella testimonianza, come è detto nel Salmo: La mia bocca Signore, racconterà la tua salvezza. È la testimonianza, somma, di Giovanni Battista. Il suo martirio appare di una crudezza e, a un tempo, di una leggerezza che sembrano banalizzare la vita e la morte. Ma, forse proprio per questo, lui ci aiuta a comprendere il mandato che Dio affida alla vita religiosa in modo singolare: testimoniare che l’amore di Dio è sopra ogni cosa e ricomprende ogni cosa. È anche la testimonianza di Francesco – al battesimo Giovanni –, che i biografi descrivono come un altro Giovanni Battista.

È la testimonianza richiesta anche a noi. La nostra vita di consacrati ha senso solo se è exemplum (etim. “tratto fuori”) di tale verità di fede: una manifestazione esemplare, cioè chiaramente esplicativa dell’amore di Dio. In noi, il popolo di Dio non vuol vedere degli uomini fenomenali, prestanti e con qualità eccelse. Attraverso di noi la gente si aspetta di vedere l’azione amorevole di Dio, la sua prossimità all’uomo, povero e umile, mai abbandonato, ma, anzi, salvato. Unificati nel cuore, nell’animo e nel corpo intorno a Gesù, ci è chiesto di essere vicini a ogni fratello e a ogni sorella. Vi è chiesta questa testimonianza. Il resto non ci interessa.

A qualunque costo e nonostante tutti quelli che intorno a voi si opporranno, siate per sempre autentici frati minori e anche noi, insieme a Francesco, ne gioiremo. Grazie"

Padre Mauro Gambetti

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