francescanesimo

Intervista a Mimmo Paladino: San Francesco, patrono degli artisti

Roberto Pacilio
Pubblicato il 02-10-2019

A colloquio con l'artista che ha realizzato la copertina del numero speciale di ottobre della rivista San Francesco

Maestro Paladino, ha realizzato la copertina del numero speciale di ottobre della rivista San Francesco. Da cosa è stato ispirato e cosa ha cercato di comunicare?

C’era un tema che era quello della tunica e la tonaca. Una prima idea è il timbro cromatico: questo rosso e questo color “sacco”, due materie abbastanza dissimili visivamente. Però poi non ho pensato a due simulacri, ma a due cose viventi: queste stoffe, questi stracci come a volte si usava dire, sono abitate da due entità estremamente importanti: San Francesco e la tunica di Cristo. Un pittore non si pone molti interrogativi di progetto, si agisce anche a volte in maniera istintiva. Questo è un disegno con le notizie che potevo ricordare, mettere assieme come idee storiche e spirituali, ma soprattutto poi c’è un messaggio che va veicolato attraverso, in questo caso, un’immagine stampata per una rivista che ha una sua valenza e deve comunicare.

Cosa la attrae di San Francesco?

L’arte è molto simile alla sua vita. L’arte tende all’essenzialità, ma è quasi sempre una mera illusione. Perché l’essenzialità è una cosa estremamente difficile. Il togliere fino ad arrivare a all’essenza, che nel caso della pittura è un’essenza totale, quella di arrivare al messaggio più radicale. San Francesco era probabilmente colui che ha insegnato ad arrivare a una essenzialità dello spirito. Credo che la Chiesa abbia bisogno di una base sicuramente che getta le sue radici lontane, ma le sue radici sono minimali, essenziali, molto concentrate sul vero valore dello spirituale.

Se dovesse realizzare San Francesco, come lo rappresenterebbe e con quali materiali?

Credo sia stato realizzato tante volte da un grande pittore della nostra storia, a parte Giotto ovviamente e altri grandi del passato. Ma Burri, che non solo è un grande pittore, ma umbro, e consapevolmente o inconsapevolmente la sua pittura era molto ispirata a un’idea francescana. Non solo perché usava i sacchi, materia molto simile al saio, ma molto povera, semplice, immediata. Facendola diventare qualcosa di altamente sublime e spirituale: i sacchi di Burri. L’altra cosa che mi giungeva nuova è il fatto che le toppe aggiunte al saio di San Francesco avevano un’origine anch’esse molto importante. E Burri aggiungeva delle toppe ai suoi sacchi e forse non lo poteva sapere. Ma probabilmente, come tutti gli artisti importanti e grandi, aveva delle antenne speciali per capire di più di coloro che poi studiano sui libri.

Anche lei lo farebbe con le toppe?

Sarei molto imbarazzato avendo questo precedente, consapevole o inconsapevole che sia stato, del grande Alberto Burri. Ma sicuramente mi vorrei cimentare, come qualunque artista vorrebbe cimentarsi, con un soggetto così difficile ma così vicino all’arte. Questa è la cosa strana: San Francesco è patrono d’Italia ma io l’avrei fatto patrono delle arti. E’ forse il santo più vicino all’arte.

Quindi lei farebbe più un dipinto più che una scultura?

Come forse Burri faceva i suoi sacchi che non nascevano con un’intenzione ma lo diventavano. La mia scultura non nasce con quell’intenzione ma una volta finita la mia sorpresa è che chiunque la vedesse mi diceva “Ma è San Francesco?”. Io dicevo: “Non l’ho fatta con quell’idea, però arriva chissà da dove”. Oggi sicuramente mi piacerebbe, come nell’antichità, pensare a un muro da affrescare. Più che a un muro, penserei a uno spazio dedicato a questa figura così importante. Importante sicuramente per la Chiesa, ma molto vicina, per quello che ha potuto trasmettere per la sua idea di vita, anche all’arte. L’arte non pensa e poi fa. L’arte si fa, poi qualcosa coincide con la verità che è nascosta nelle opere.

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