francescanesimo

Il francescano Giovanni Scoto nella Basilica di San Francesco

Antonio Tarallo Archivio Fotografico Sacro Convento Assisi
Pubblicato il 08-11-2022

Nota la sua teologia mariana

Ancora beato, bisogna dirlo a malincuore; eppure con tutti crismi di un dottore della Chiesa: è il francescano Giovanni Duns Scoto, proclamato nella schiera dei beati da san Giovanni Paolo II nel marzo del 1993. Scoto rappresenta una delle più alte vette del sapere francescano; il Dottor Sottile, così sarà ricordato, entra al servizio dell’Ordine dei Frati Minori francescani; aveva soli quindici anni: una giovane brillante mente nell’ordine religioso di San Francesco. Era stato lo zio paterno, Elia Duns, vicario generale dei francescani, ad educarlo alla vita religiosa presso il convento di Dumfries.

Si tratta, dunque, di una vocazione giunta presto; e, la domanda nasce assai spontanea, immaginando questo volto giovane scozzese alle prese con lo zio, vicario francescano: chissà se lo zio Elia aveva già visto in questo in quel volto la luce della sapienza che lo segnerà per la sua missione-vocazione di teologo e filosofo? Quando si pensa a Scoto poche volte si ricorda la sua anima francescana: è un dato di fatto. Si ricorda il suo pensiero, la sua alta teologia, la sua instancabile difesa del concepimento verginale di Maria - sarà ricordato, infatti, come il il “Cantore del Verbo Incarnato e difensore dell’Immacolato Concepimento di Maria”, parole di san Giovanni Paolo II - ma quella sua radicale appartenenza all’ordine è come se fosse tralasciata, o comunque dimenticata.

Eppure Duns Scoto ha incarnato profondamente gli ideali francescani; basterebbe leggere ciò che san Paolo VI scrisse nella lettera indirizzata agli studiosi del II Congresso della Scolastica a Oxford e a Edimburgo, nel VII Centenario della nascita del Beato Giovanni Duns Scoto (14 luglio 1966): “Lo spirito e l'ideale di S. Francesco d'Assisi si celano e fervono nell'opera di Giovanni Duns Scoto, dove questi fa alitare lo spirito serafico del Patriarca Assisiate, subordinando il sapere al ben vivere. Asserendo egli l'eccellenza della carità sopra ogni scienza, l'universale primato di Cristo, capolavoro di Dio, Re dell'ordine naturale e soprannaturale, al cui lato splende di originale bellezza la Vergine Immacolata, Regina dell'universo, fa svettare le idee sovrane della Rivelazione evangelica, particolarmente ciò che san Giovanni Evangelista e san Paolo Apostolo videro nel piano divino della Salvezza sovrastare in grado eminente”.

E’ bella questa definizione che papa Montini ci offre: esalta del beato, soprattutto, la carità. Fa riferimento a quella stessa carità di San Francesco perché si sa bene che non esiste teologia - che nella sua radice etimologica vuol dire scienza di Dio - senza la carità. Carità è amore: e a insegnare ciò - o meglio a incarnare questo alto ideale - c’è soprattutto una figura, Lei, la Vergine Maria: la devozione di san Francesco per la Madonna è assai nota, e di Scoto è altrettanto nota la sua teologia mariana; ma cosa c’è dietro a questa teologia, questo studio per la Vergine? Per comprenderlo, ci viene in aiuto proprio la storia di san Francesco, tutta radicata nel seguire l’esempio di carità della Madonna.

E, Scoto, non fa diversamente. Come altro punto d’incontro - assai importante, ma meno “famoso” - con il Padre Serafico rimane quello del seguire la sequela di Cristo: necessario ricordare che altro grande tema di Duns Scoto, infatti, sarà quello del cosiddetto “primato di Cristo” che, per il frate teologo francescano, significa - in sintesi estrema - che Cristo, il Verbo Incarnato, occupa il primato assoluto nel disegno creativo di Dio. Scrive testualmente Duns Scoto: “Egli (Dio Padre, ndr.) vuole essere amato da qualcuno che lo possa amare al massimo grado possibile come un essere estrinseco a se stesso; finalmente, Egli prevede l’unione ipostatica di quella natura [la natura umana di Cristo, ndr.] che deve amarlo al massimo grado possibile, indipendentemente dal fatto che l’uomo sia caduto”.

In queste righe sembra davvero essere presente tutto l’insegnamento di san Francesco: “amarlo al massimo grado”, verbo caro al Poverello, quello di “amare Cristo” al massimo grado; e profondamente “francescano” il pensiero dell’ “indipendentemente dal fatto che l’uomo sia caduto”: è tutta la capacità e possibilità dell’uomo di rialzarsi per poi seguire Cristo.

Nel coro ligneo del presbiterio della chiesa superiore della Basilica di Assisi è raffigurato Duns Scoto; è opera - realizzata tra il 1491 e il 1501 - di Domenico Indivini da Sanseverino (1445 c.ca-1502) e dei suoi collaboratori; il coro è decorato in ogni seduta da intarsi; e, in questo splendido coro, in ogni riquadro, vi è l’immagine di un frate che ha dedicato la sua vita ad un particolare servizio nel Sacro Convento (il bibliotecario, il sacrestano, il musicista...) oppure vi sono raffigurate figure eminenti dell'Ordine francescano. Duns Scoto, la sua immagine, è lì, presente; sembra quasi metafora del suo instancabile “canto” francescano all’Immacolata, a Cristo, a Dio.

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA