francescanesimo

Giovedì Santo, la Coena Domini di San Francesco

Antonio Tarallo Archivio Fotografico Sacro Convento Assisi
Pubblicato il 14-04-2022

Donarsi in Cristo e nel santo di Assisi

Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: “Prendete e mangiate; questo è il mio corpo”. Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati”. Matteo al capitolo ventisei così scrive. È la mensa ultima di Cristo con gli apostoli. Immaginare quel momento diviene sempre difficile, anche se ne facciamo memoria ogni giorno nella Santa Messa.

Giovedì Santo e la Coena Domini, rito antico e carico di riflessioni e sentimenti. Cristo si offre come pane, non solo ai dodici della mensa, ma a tutti noi. Da lì a poco, si offrirà sulla Croce all’intera umanità.

Il pane e Cristo: tema affascinante. Il pane nasce dal frumento, dalla farina che viene mischiata all’acqua, nulla di più semplice. Non è semplice, invece, donarsi agli altri. Ognuno di noi ha fatto esperienza di ciò, di questa difficoltà. “Spezza” il pane, si frantuma egli stesso. Si divide e si dona.

Che l’Eucarestia sia il fulcro della Messa si sa più che bene; che San Francesco avesse un amore indicibile per l’Eucarestia, anche questo non è - certo - nascosto. Basterebbe leggere con che dovizia di parole esprime tutto questo amore nella sua Lettera al Capitolo generale (risalente, molto probabilmente a dopo il 1221, in cui troviamo una vera e propria "lode" alla Mensa del Signore: "L'umanità trepidi, l'universo intero tremi, e il cielo esulti, quando sull'altare, nelle mani del sacerdote, è il Cristo figlio di Dio vivo".

Ma c’è, forse, qualcosa che lega ancor più profondamente il santo d’Assisi e la sua devozione all’Eucarestia e, per comprenderlo, dobbiamo partire proprio dal gesto di Cristo del donarsi. San Francesco si dona anche lui ai suoi discepoli e lo fa quotidianamente quando si prende cura di loro. Tante sono le testimonianze che ci aiutano in questo percorso. “E si ricordino i ministri e servi che il Signore dice: “Non sono venuto per essere servito, ma per servire” (Mt 20,2); e che a loro è stata affidata la cura delle anime dei frati; perciò, se qualcuno di essi si perdesse per loro colpa e cattivo esempio, nel giorno del giudizio dovranno rendere ragione davanti al Signore [nostro] Gesù Cristo”. Così è scritto nella Regola non bollata del 1221. In queste parole è presente tutta la cura - del prendersi cura - di frate Francesco per gli altri frati. È donazione di sé, è amore e servizio verso gli altri.

Anche Francesco si “spezza” per donarsi: si dona alla Chiesa; si dona all’Ordine; si dona a Dio, completamente. C’è un gesto su cui è importante focalizzare l’attenzione. È un verbo che il Vangelo ci dice: “diede loro”. Il dare implica - per forza - l’azione dello stendere la mano. In questa azione come non rivedere le tante volte che frate Francesco ha donato al passante, al povero, al bisognoso “qualcosa”?
Le mani di Francesco in dissolvenza si rispecchiano in quelle di Cristo e viceversa: il santo d’Assisi divine alter Christus.

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