francescanesimo

Chi era il santo biografo di San Francesco?

Antonio Tarallo Web
Pubblicato il 22-07-2022

La storia della reliquia di San Bonaventura

Detto il dottore serafico, fu il più insigne rappresentante della corrente “mistica” dei francescani; scrisse numerose opere il cui pensiero è vicino a Sant'Agostino e Ugo di San Vittore, tra le quali l'Itinerarium mentis in Deum che Dante conosceva assai bene, nonché la famosa Legenda maior, tra le principali agiografie di San Francesco e che Dante seguì nel panegirico del santo del Canto XI del Paradiso. San Bonaventura, per Dante, è colui che aveva iniziato il proprio itinerarium come un povero nel deserto, e il Poeta racconta a partire dalla propria ‘selva oscura’ la ricerca della via diritta. Dante, dando la parola a fra Bonaventura lo farà esordire con le parole “L’amor che mi fa bella mi tragge a ragionar de l’alto duca per cui del mio sì ben ci si favella”.

Vita affascinante, quella di Bonaventura che aveva come nome, al battesimo, Giovanni Fidanza. Nel 1235 si reca a Parigi, dove frequenta le facoltà della Arti e di Teologia. Nel 1243 entra nei Frati Minori. Terminati gli studi teologici nel 1253, diventa magister di teologia e ottiene la licentia docendi. Nel 1257, eletto Ministro generale dell'Ordine francescano, rinuncia alla cattedra. Intraprende vari viaggi in Europa per conservare l'unità dell’Ordine, esposto da una parte alle suggestioni delle teorie pauperistiche di Gioacchino da Fiore, e dall’altra dalle tendenze secolaresche insorte in seno all'Ordine.

Favorevole a coinvolgere l'Ordine francescano nel ministero pastorale e nella struttura organizzativa della Chiesa, nel Capitolo generale di Narbona del 1260, contribuisce a definire le regole che dovevano guidare la vita dei membri dell'Ordine: le Costituzioni dette appunto Narbonensi. In questo frangente, proprio in questo Capitolo, gli viene dato l'incarico di redigere una nuova biografia di San Francesco d'Assisi che, intitolata “Legenda maior”, diventerà la biografia ufficiale nell'Ordine. Infatti, il Capitolo generale successivo, del 1263, approverà l'opera composta dal Ministro generale; mentre il Capitolo del 1266, riunito a Parigi, giunge a decretare la distruzione di tutte le biografie precedenti alla “Legenda Maior”, probabilmente per proporre all'Ordine una immagine univoca del proprio fondatore. Nel maggio del 1273, già vescovo di Albano, viene nominato cardinale; l'anno successivo partecipa al Concilio di Lione. Ed è proprio nel corso di questo Concilio che Bonaventura morirà. Fu canonizzato da Sisto IV nel 1482 e proclamato Dottore della Chiesa, assieme a San Tommaso d’Aquino, da Papa Sisto V nel 1588.

Quante pagine ha vergato di proprio pugno San Bonaventura? Innumerevoli. Immaginiamo, lui, chino sui libri, a scrivere parole su parole; concetti; visioni; spiegazioni filosofiche e tanto, tanto altro. Ebbene, quel braccio, è una reliquia: è denominata il “santo braccio”. Ma qual è la storia di questa importante reliquia? II 14 marzo 1490, a seguito della ricognizione e della traslazione del corpo del Santo a Lione, venne estratto il braccio destro che venne custodito in una preziosa teca d’argento a forma di braccio. L’osso del braccio destro fu destinato a Bagnoregio, dove - il primo maggio 1491 - fu portato dal Vescovo di Vienne, Angelo De Catonis assieme al Ministro Generale dei francescani Francesco Sansone. Nel 1494 Carlo VIII fece costruire un piccolo oratorio nella chiesa dei francescani e vi fece portare i resti di S. Bonaventura, collocate in casse di cedro e avvolte in drappi di seta con frange d’oro.

Trattenne una reliquia del santo (una mascella), conservata in Fontainebleau, poi donata nel 1662 al convento dei francescani di Parigi. Nel 1495 Pietro II di Borbone, reggente durante l’assenza di Carlo VIII, guarnì la cassa contenente le reliquie del santo con lamine di oro e di argento. La Regina, sua moglie, fece collocare la testa del santo in una lussuosa teca d’argento in forma di busto. Nel 1562, prima che gli ugonotti invadessero il convento nella notte del 30 aprile, i frati fecero in tempo a nascondere i resti di San Bonaventura interrandole in una buca dell’orto, assieme a oggetti e vesti sacre di valore. Gli eretici trovarono il nascondiglio degli oggetti preziosi e della cassa con le ossa del santo, che bruciarono in piazza e dispersero le ceneri nel Rodano. Il busto con la testa del santo, sfuggita agli ugonotti, scomparve durante e dopo la rivoluzione francese. Il “santo braccio” di Bagnoregio è rimasto l'unica reliquia al mondo di san Bonaventura.

Da questo braccio nel 1633 il Vescovo di Bagnoregio Carlo Bovio, su richiesta di Papa Urbano VIII, prelevò la reliquia che si conserva ancora nella chiesa dei Cappuccini di Roma Via Veneto. Francesco Petrangeli Papini in “Vicende dei resti mortali di san Bonaventura”, descrive con queste parole l’importante reliquia: “Urbano VIII ordinò al vescovo di Bagnoregio Carlo Bovi di estrarre una notevole particella del S. Braccio per donarla all’altare della chiesa dei Cappuccini vicino a Piazza Barberini. Alla volontà del Papa si uniformò il vescovo, rogando il relativo atto in data 16 maggio 1633”.

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