fede

Sant’Antonio e le donne vittime di violenza

Antonio Tarallo Tiziano Vecellio
Pubblicato il 25-11-2022

Ciclo dei Miracoli

“Un cavaliere di questa regione (la Toscana), egregio per nobiltà e ricchezza, cedeva facilmente a esplosioni di collera. Tali scoppi di rabbia erano così violenti, che costui, simile a un pazzo furioso, non sapeva cosa dicesse o casa facesse. Aveva in moglie una degna gentildonna. Un giorno che questa ebbe a rispondergli una frase sconsiderata, sopraffatto da un’ira fulminea, come era il suo solito, la percosse con una tempesta di pugni e calci, la trascinò qua e là per tutta la casa, le strappò i capelli – meraviglioso ornamento muliebre – e la precipitò dal solaio giù nel cortile, lasciandola in fin di vita. Alla notizia del funesto eccesso, tutti quelli di casa accorrono; famiglie fantesche raccolgono la signora e la adagiano con ogni cura nel letto”.

Sembra una storia uscita dal nostro oggi. Parla di femminicidio. E, al centro di questa storia, vi sarà un personaggio che conosciamo molto bene: sant’Antonio di Padova che, miracolosamente, riuscirà a resuscitare la donna uccisa dal proprio marito. Ma come avvenne? Basta leggere il resto della vicenda tratta dalla “Vita di sant’Antonio” di Sicco Polentone:

“Frattanto il cavaliere, addolorato per la bestialità commessa, e pentito, pregò con insistenza sant’Antonio (...) perché intervenisse in soccorso della sventurata. Che dire? Si affretta il Santo, accompagnato dal cavaliere; lenisce con la mano le ferite della donna e vi traccia sopra il segno di croce. Poi, genuflesso, supplica Dio di ridonare salute e vita alla morente. La signora, che giaceva tutta rotta e pareva ormai deceduta, alla preghiera del Santo si rialzò completamente risanata”. Dell’episodio abbiamo anche un “fotogramma”; è un quadro - databile al 1511 - di Tiziano Vecellio, il pittore del “Ciclo dei Miracoli di sant'Antonio da Padova” della Scuola del Santo, luogo nelle immediate vicinanze della basilica di Padova. Grazie all’artista entrare in questo episodio della vita del santo, ci risulta più facile: in primo piano, il cavaliere, marito della donna, con un elegante abito a scacchi bianchi e rossi (sono i colori della città veneta); è furibondo, ha il viso contratto dalla rabbia; il braccio destro alzato mentre brandisce un pugnale che già ha squarciato il petto della moglie; una scena cruenta; mentre, in secondo piano, in lontananza, si vede il miracolo: il marito geloso inginocchiato innanzi al frate francescano; il nobile uomo è ormai pentito della propria violenza; la moglie resuscita per intercessione del santo francescano.

Questa storia così violenta - che in questo caso ha un felice epilogo - potrebbe essere una delle tante che si leggono oggi sui giornali, una di quelle storie che chiamiamo “di un amore malato”. All’epoca non era stata coniata la parola “femminicidio”, né tanto meno il tema della violenza sulle donne aveva eco come oggi: passava nell’opinione pubblica quasi come “normalità”, come un qualcosa che non provoca poi così tanto scandalo.

Antonio di Padova, il santo dei miracoli, così è ricordato. Antonio di Padova, il santo della carità, anche così è ricordato. Assieme a questi titoli, allora, non sarebbe poi così inopportuno aggiungerne un altro: il santo difensore delle donne vittime di violenza.

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