fede

Papa Francesco: non maltrattiamo il Creato, c’è la firma di Dio

IACOPO SCARAMUZZI Ansa - VATICAN MEDIA
Pubblicato il 20-05-2020

Così il Papa all’avvicinarsi del quinto anniversario dell’enciclica Laudato si’

Nel Creato, «che oggi non custodiamo», c’è «la firma di Dio»: all’avvicinarsi del quinto anniversario della Laudato si’ (24 maggio 2015), Papa Francesco, pur senza citare la sua enciclica, ha dedicato l’odierna udienza generale, al mistero della creazione, sottolineando, nel quadro di un ciclo di catechesi dedicato al tema della preghiera, che «la bellezza e il mistero della Creazione generano nel cuore dell’uomo il primo moto che suscita la preghiera».

«La vita, il semplice fatto che esistiamo, apre il cuore dell’uomo alla preghiera», ha detto il Papa. «La prima pagina della Bibbia assomiglia ad un grande inno di ringraziamento. Il racconto della Creazione è ritmato da ritornelli, dove viene continuamente ribadita la bontà e la bellezza di ogni cosa che esiste. Dio, con la sua parola, chiama alla vita, ed ogni cosa accede all’esistenza. Con la parola, separa la luce dalle tenebre, alterna il giorno e la notte, avvicenda le stagioni, apre una tavolozza di colori con la varietà delle piante e degli animali. In questa foresta straripante che rapidamente sconfigge il caos, per ultimo appare l’uomo.

E questa apparizione provoca un eccesso di esultanza che amplifica la soddisfazione e la gioia: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona”. Buona ma anche bella: si vede la bellezza di tutto il creato. La bellezza e il mistero della Creazione generano nel cuore dell’uomo il primo moto che suscita la preghiera».

«L’orante contempla il mistero dell’esistenza intorno a sé, vede il cielo stellato che lo sovrasta – e che l’astrofisica ci mostra oggi in tutta la sua immensità – e si domanda quale disegno d’amore dev’esserci dietro un’opera così poderosa!... E, in questa sconfinata vastità, che cosa è l’uomo?», si è domandato Jorge Mario Bergoglio. «“Quasi un nulla”, dice un altro Salmo: un essere che nasce, un essere che muore, una creatura fragilissima. Eppure, in tutto l’universo, l’essere umano è l’unica creatura consapevole di tanta profusione di bellezza».

Nella preghiera, ha detto ancora il Papa, «si afferma prepotente un sentimento di misericordia. Niente esiste per caso: il segreto dell’universo sta in uno sguardo benevolo che qualcuno incrocia nei nostri occhi. Il Salmo afferma che siamo fatti poco meno di un Dio, di gloria e di onore siamo coronati. La relazione con Dio è la grandezza dell’uomo: la sua intronizzazione. Per natura siamo quasi nulla, piccoli, oggi siamo domani no, ma per vocazione, per chiamata siamo i figli del grande Re! È un’esperienza che molti di noi hanno fatto. Se la vicenda della vita, con tutte le sue amarezze, rischia talvolta di soffocare in noi il dono della preghiera, basta la contemplazione di un cielo stellato, di un tramonto, di un fiore…, per riaccendere la scintilla del ringraziamento».

La preghiera, ancora, «è la prima forza della speranza: tu preghi e la speranza cresce, va avanti. Io direi che la preghiera apre la porta alla speranza: la speranza c’è ma con la mia preghiera apro la porta. Perché gli uomini di preghiera custodiscono le verità basilari; sono quelli che ripetono, anzitutto a sé stessi e poi a tutti gli altri, che questa vita, nonostante tutte le sue fatiche e le sue prove, nonostante i suoi giorni difficili, è colma di una grazia per cui meravigliarsi. E in quanto tale va sempre difesa e protetta. Gli uomini e le donne che pregano sanno che la speranza è più forte dello scoraggiamento».

Non solo: «Gli uomini e le donne di preghiera portano riflessi sul volto bagliori di luce: perché, anche nei giorni più bui, il sole non smette di illuminarli. La preghiera ti illumina l’anima, ti illumina il cuore e ti illumina il viso. Anche nei tempi più bui, nei tempi di più dolore. Tutti siamo portatori di gioia. Avete pensato questo?», ha aggiunto Francesco rivolgendosi ad un immaginario interlocutore: «Che tu sei un portatore di gioia, o tu preferisci portare notizie brutte, cose che attristano? Tutti siamo capaci di portare gioia. Questa vita è il dono che Dio ci ha fatto: ed è troppo breve per consumarla nella tristezza».

«Siamo i figli del grande Re, capaci di leggere la sua firma in tutto il creato, quel creato che oggi noi non custodiamo, ma in quel creato c’è la firma di Dio che lo ha fatto per amore», ha concluso il Papa. «Il signore ci faccia capire sempre più profondamente questo e ci porti a dire grazie, e quel grazie è una bella preghiera».

Salutando i fedeli polacchi collegati via streaming, il Papa ha ricordato che in questi giorni si celebra il 100esimo anniversario di Giovanni Paolo II (18 maggio 1920): «Pastore di grande fede, Egli amava affidare a Dio nella preghiera la Chiesa e tutta l’umanità. Scegliendo il motto episcopale “Totus Tuus”, ha anche mostrato che nei momenti difficili dobbiamo rivolgerci alla Madre di Dio, che può aiutarci e intercedere per noi. La sua vita, edificata sulla preghiera profonda, intensa e fiduciosa – ha detto il Papa – sia un esempio per i cristiani di oggi». (Vatican Insider)

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