fede

Mese di maggio, mese di Maria

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Mese di maggio, mese di Maria. Pensarlo viene spontaneo. Segno di quanto una pratica religiosa possa incidere sulle abitudini e, come in questo caso, sulla lingua di un popolo fino a essere d’uso comune. Ma è stato sempre così?

  In realtà, quella di dedicare il quinto mese dell’anno alla riflessione continuata sulla Madre di Dio e a particolari ossequi (i cosiddetti fioretti) in suo onore è una pia pratica relativamente recente. È vero che in una Cántigadel re castigliano Alfonso X il Saggio (morto nel 1294) si invita all’invocazione della Vergine nel mese di maggio per santificare le feste stagionali di maggio prima del raccolto. Ma non si va al di là dell’allusione. Bisognerà attendere il XVI secolo per una prima delineazione del maggio mariano. Il merito va a s. Filippo Neri, che in questo mese invitava i suoi giovani a compiere atti vari di devozione e mortificazione per amore di Maria.

  Alla fine del ‘600 si sa con certezza di inni in onore della Vergine cantati, ogni sera del mese, nella chiesa napoletana di S. Chiara o di pratiche devote col medesimo fine nel noviziato domenicano di Fiesole. E a un frate cappuccino, Martino da Schnuffis, si deve una raccolta di canti mariani per tale mese. Ma è nella Compagnia di Gesù che nasce e si sviluppa il “mese di maggio”come lo si conosce, cioè punti di meditazione, esempio, giaculatoria e fioretto per ogni giorno.

  Hanno così origine gli specifici libretti, di cui non si contano il numero e le edizioni fino ai nostri giorni. Il primo di essi, intitolato Il mese di Maria e scritto dal gesuita Annibale Dionisi, è pubblicato a Verona nel 1725. Nel 1758, a opera d’un altro gesuita, il siciliano Francesco Lalomia, compare invece a Palermo Il mese di maggio consagrato alle glorie della Gran Madre di Dio. Mentre in questo volumetto le considerazioni sono incentrate sulla vita e i privilegi di Maria, in quello di Dionisi l’accento è posto su temi morali ed escatologici.

È quest’ultimo indirizzo ad avere maggiore successo e a essere seguito dall’ex gesuita (la Compagnia era stata infatti soppressa nel 1773) Alfonso Muzzarelli nel ‘700 e da s. Giovanni Bosco nell’800. Ed è Muzzarelli, autore di un fortunato Mese di Maggio ancora oggi ristampato, ad assicurare alla pratica “un carattere ecclesiale”. Inviando infatti una copia del suo opuscolo a ogni vescovo italiano, contribuisce non solo alla diffusione capillare della pia pratica ma anche a una celebrazione comunitaria nelle chiese e nelle parrocchie.

  Nella prima metà del XIX secolo essa è gia diffusa da un capo all’altro dell’Europa e dell’America, grazie anche alle indulgenze che i Papi, a partire da Pio VII nel 1815, annettono al devoto esercizio. Da Leone XIII in poi il mese di maggio è vivamente raccomandato nelle encicliche e scelto anche come occasione per chiedere preghiere in momenti di particolare necessità. Appelli, che arrivano fino ai nostri giorni con il caso di un documento specifico qual è la lettera apostolica Mense Maio (29 maggio 1965)del beato Paolo VI. Dopo il Concilio è iniziata una saggia opera di armonizzazione della pia pratica con gli indirizzi scritturali e liturgici del tempo pasquale senza però sacrificare l’assetto tradizionale di quello che Papa Montini chiamò «commovente spettacolo di fede e di amore».

Non si può infine non ricordare l’apporto che alla promozione del mese mariano hanno dato i francescani, seguaci di chi «circondava di indicibile amore la Madre del Signore». Tra gli innumerevoli nomi si possono ricordare quelli di predicatori come i santi Ludovico da Casoria o Pio da Pietrelcina e quelli di scrittori come il teologo conventuale Antonio M. Di Monda, autore di vari volumetti specifici.

FRANCESCO LEPORE

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