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Le sofferenze di Padre Guglielmo Gattiani, il cappuccino morto in odore di santità

Gelsomino Del Guercio Facebook
Pubblicato il 15-12-2019

Vent'anni dopo, aleggia sempre più forte la fama di santità di Padre Guglielmo Gattiani, il cappuccino deceduto il 15 dicembre 1999 a Faenza dopo aver trascorso tanti anni a Cesena e avere lasciato una scia infinita di bene, come tanto ancora lo testimoniano. Per molti, padre Guglielmo è già santo, anche se è ancora in corso la causa di beatificazione (nel 2011 si è chiuso il processo diocesano).

IL BIGLIETTO

Padre Guglielmo giunse ai voti solenni, poi all’ordinazione sacerdotale il 22 maggio 1938. Avvezzo all’esame di se stesso fissò poco dopo - 15 settembre 1938 - in un foglietto un rigoroso programma di vita.

Sul medesimo foglietto, come riporta www.perfettaletizia.it, il 16 novembre 1938 tracciava altri importanti punti, in particolare si nota questa preghiera: “Ah, Signore! Io non posso sperare di attuare in me le sublimi ascensioni dei santi (come debbo ) se prima non ho: a) vinto la passione dominante; b) purificato la natura corrotta e riparato con la contrizione”.

Questo biglietto lo conservò sino al termine della sua vita.


I DUE INCONTRI CON PADRE PIO

Quanto al sonno se lo sottraeva abitualmente, e per giaciglio aveva due o tre assicelle per terra. Spesso portò il cilicio a punte di ferro, cosicché la cinta dei sui fianchi venne marcata da cicatrici.

Il 19 marzo 1952 andò, accodandosi a mons. Carlo Baronio di Cesena, a San Giovanni Rotondo da padre Pio. L’incontro con lo stimmatizzato del Gargano gli diede una viva percezione della santità.

Nell’estate avanzata del 1963 padre Guglielmo ebbe l’occasione di ritornare a San Giovanni Rotondo. Nel matroneo di destra della nuova chiesa padre Guglielmo incontrò padre Pio e gli manifestò il suo proposito di vivere l’altissima povertà così come la presentava la regola di Francesco. Padre Pio accolse quel desiderio benedicendolo. Per padre Gugliemo quella benedizione divenne un punto fermissimo del suo cammino.


Di lì a poco i confratelli e la gente lo videro con un abito tutto a toppe.

LE CRITICHE

Le critiche fraterne non mancarono, ma padre Guglielmo non ritornò indietro se non con una qualche moderazione delle toppe. Cercava non l’esibizione, ma il disprezzo, il comparire vile, padre Guglielmo; ma inaspettatamente per lui quelle toppe erano il meglio per il mondo giovanile.

 

Quando il 18 ottobre 1980 andò a Faenza, padre Guglielmo era lo stesso di prima, eppure era diverso, di una mitezza ancor più marcata di quella che già aveva conquistato lavorando su se stesso. Era bellissimo avvicinarlo: ci si sentiva inondati di pace.

 

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GLI INCONTRI CON PADRE GUGLIELMO

Il suo servizio lo sviluppò innanzitutto come accoglienza. Al santuario del SS. Crocifisso da tempo faceva capo tanta gente, che con la venuta di padre Guglielmo di colpo aumentò in modo impressionante. Era gente semplice o anche istruita, con qualifiche professionali; ma sempre gente con angustie, con problemi.

 

Da lui andavano esauriti, persone frustrate, casalinghe, gente economicamente con le spalle al muro, persone di precaria salute. Un’umanità dolorante, spesso, che accoglieva con grande dolcezza, dalla quale non pretendeva rapidi cambiamenti conciliari, ma che rispettava facendo fare loro il gradino di cui erano capaci, senza cedere a compromessi.

 

LE SOFFERENZE

Per ore e ore restava in piedi nella cappella del SS. Crocifisso. Mai ha usato di uno sgabello per alleviare la fatica.

Poi ore in ginocchio alla sera per accogliere al telefono le ansie, i dolori, le incertezze, gli smarrimenti della gente.

Obbediente sempre al superiore, vivo nella carità fraterna, padre Guglielmo mostrava alla gente il volto di un vero frate di Francesco.

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LA CASA DI LAGRIMONE

Fermo nel suo proposito di vita radicalmente povera, padre Guglielmo, non aveva nulla da dire sul denaro come mezzo di scambio. Fece la questua del denaro, oltre che di materiali edili, per la costruzione del Convento delle Cappuccine sia a Cesena che a Lagrimone, e sia per la costruzione della casa di accoglienza a Lagrimone chiamata “Casa del Padre”. Ma al di là di questo cercò sempre di esserne distante.

LE ULTIME PAROLE

I malanni non scalfirono la confessione, che restava il perno delle sue giornate.

 La mattina del 15 gennaio proprio dopo aver confessato tre persone si sentì male. Venne portato dai confratelli in una stanza al piano terreno. Venne chiamata l’ambulanza, mentre il superiore gli amministrava l’olio degli infermi. Sussurrò alcune parole: “E’ il Getsemani”; “Offro la mia vita per il Papa, per la Chiesa, per tutti”: (era questa un’offerta non del momento, ma fatta in tutta la sua vita); poi disse: “Perché il Papa possa arrivare al prossimo millennio”. Ai confratelli disse: “Vi benedico”.

Alle ore 7,15 del 15 dicembre 1999, steso sul pavimento, proprio come aveva trascorso le sue notti, emise il suo ultimo respiro e lasciò la terra.

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