Le visite dei pontefici
"Morte li guarda e in tema par d'aver fallito i colpi."
Ippolito Pindemonte-Sepolcri
I Musei del terrifico sono purtroppo difficilmente intesi quali luoghi romantici, e d'arte, seppur siano stati nella storia fortemente insigniti del ruolo di teatri di valide letterature grazie a quell'aura nera (si osservi, a mo' di esempio, il dipinto del catanese Calcedonio Reina "Amore e morte", 1881).
Si pensi anche al cominciamento del film "Nosferatu, il principe della notte" d'un regista raffinato quale Werner Herzog che inquadra subito le figure imbalsamate in una catacomba onde voler reclamare l'attenzione alla meraviglia delle cose finite.
Un affascinante cimitero sotterraneo, vive, di sotto la chiesa dei Cappuccini, a Palermo. Una volta penetrati nelle interiora del sottosuolo le gallerie scavate nel tufo ospitano i corpi eternati d'un'intera società, dal XVII al XIX secolo.
L'aria è umida, e s'avverte di colpo la sua consistenza non appena si supera il confine con l'esterno. Le schiere dei corpi sono vestiti degli abiti del loro periodo, la schiera più antica è quella dei frati i cui corpi venivano discesi, anticamente, da uno spazio cavo creato sotto l'altare maggiore.
Le figure sono appoggiate alle pareti, in un'impercettibile danza macabra, una sorta di archeologia umana, e paiono solo dormienti, immersi e talvolta dimessi presso le loro alte nicchie. Ognuna, tuttavia, con diverse espressioni.
Il corridoio delle donne risalta per le loro vesti, e per dove riposano: sono deposte in tavolieri, coi loro abiti di seta ricchi di merletti e cuffie.
Lo spettrale camminamento è incoronato da quattro fanciulle con vesti chiare, hanno rami di palma in mano; sono vergini, non maritate. Al centro una grande croce lignea le divide. La scritta arcuata lì lo indica: "Seguono l'Agnello dovunque vada, sono vergini".
Poi nella parte centrale il "corridoio dei sacerdoti", con una disposizione di prelati in abiti talari. Si è dentro un'universalità di corpi che sono però la storia e la non-storia che dice della loro morte osservabile.
Nonostante questo particolare viaggio, che è però sacrale, si illuminano gli occhi per l'urna in vetro della bambina: Rosalia. Essa è manifestazione del prodigio di vittoria dell'uomo (il dottor Salafia, della quale ricetta immortale non si ha traccia) verso il tempo giacché il corpo della bambina pare addormentato grazie al lucido e delicato volto tipico di una bambina in vita. (Orazio Labbate - Viaggi24).
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