fede

La solennità dell’Annunciazione, quando l’arte racconta

Antonio Tarallo Beato Angelico
Pubblicato il 25-03-2020

Simone Martini, Filippo Lippi, Botticelli, Tintoretto, El Greco, Guido Reni

Racchiudere il Mistero in linee, colori, ombre e luci: questo, potrebbe definirsi l’intento dei grandi maestri della pittura che si sono cimentati nel “raccontare” l’Annunciazione dell’angelo Gabriele a Maria. Negli innumerevoli quadri - di ogni epoca - che ritraggono questa scena, sembra - davvero - riecheggiare tra i pigmenti di colore della tela, quel saluto che noi tutti conosciamo: “Rallegrati Maria...concepirai un figlio, lo darai alla luce e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo”. E a noi, pubblico davanti a simili opere, non rimane altro che rimanere esterrefatti, stupiti, increduli. Rimaniamo colmi di stupore, un po’ come Maria, davanti all’angelo Gabriele.

C’è un particolare che accomuna tutte le opere di questi maestri del colore, un particolare che ci parla di Maria, soprattutto: lo stato d’animo della “protagonista” del quadro - assieme all’angelo - ci viene rivelato grazie alla posizione delle mani. Proprio attraverso il gesto delle sue mani di fronte all’angelo, grazie all'atteggiamento delle sue braccia, riusciamo a intravedere il sentimento provato dalla Vergine davanti a simile misterioso annuncio. E così troveremo in alcune opere le mani di Maria, rivolte col palmo verso l’esterno, che indicano l’iniziale turbamento; in altre, al contrario, le vediamo ripiegate sul petto: in questo caso, stanno ad esprimere il consenso, il famoso “fiat”.

Questo motivo delle braccia incrociate, sul petto, quasi in atto di preghiera e accettazione, è espresso in maniera sublime - ad esempio - in Giotto, per poi divenire - quasi abituale - nelle varie raffigurazioni mistiche del Beato Angelico. Ma anche la scenografia, il luogo, rappresenta per i pittori un “campo d’azione” non meno importante delle stesse figure coinvolte, l’angelo Gabriele e Maria. Infatti, con il susseguirsi dei secoli, la scenografia della scena ha subito cambiamenti, a seconda della sensibilità dell’artista pittorico: ad esempio, Jan van Eyck (prima metà del XV secolo) colloca l’episodio evangelico, all’interno di una chiesa gotica; mentre, Leonardo, in un meraviglioso giardino rinascimentale.

Simone Martini, Filippo Lippi, Botticelli, Tintoretto, El Greco, Guido Reni, hanno raccontato uno dei misteri della fede più affascinanti, attraverso pagine di Storia dell’Arte espresse in in linee, colori, ombre e luci.

La solennità dell’ “Annunciazione”
“Annunciazione del Signore”, solennità che, prima della riforma liturgica, aveva un carattere prettamente mariano, come enunciava il titolo stesso della festa: “Annunciazione di Maria”. Il titolo odierno, invece, sposta l’ “accento” sul Signore: “Annunciazione del Signore” sta a indicare l’inizio di un tempo nuovo sulla terra, l’incarnazione di Dio. Questo era già sottolineato del resto dalla data stessa, il 25 marzo, legata al giorno di Natale, al 25 dicembre: infatti, la solennità dell’ “Annunciazione del Signore” cade precisamente nove mesi prima della nascita di Gesù, con l’annuncio dell’Angelo a Maria.

Una “spiegazione” esaustiva del cambio di nome di questa solennità, possiamo trovarla nell’esortazione apostolica “Marialis cultus” di papa Paolo VI: “Per la solennità dell’Incarnazione del Verbo, nel Calendario Romano, con motivata risoluzione, è stata ripristinata l’antica denominazione di Annunciazione del Signore, ma la celebrazione era ed è festa congiunta di Cristo e della Vergine: del Verbo che si fa figlio di Maria (Mc 6, 3), e della Vergine che diviene Madre di Dio”.

La precedente denominazione mariana della festa - per esteso, “Annunciazione della Beata Vergine Maria” - e la sua origine, risalgono - in oriente - al V secolo. Mentre, in occidente, è stata introdotta nel VII sec., prima in Spagna, e, poi, a Roma, grazie a Papa Sergio I.

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